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Israele, guerra in continua espansione
Sono passati quasi due anni dall’attacco terroristico di Hamas contro Israele, in cui furono uccisi più di 1000 civili e più di 200 furono presi in ostaggio. L’iniziale risposta israeliana fu di invadere la Striscia di Gaza, territorio controllato da Hamas, per eliminare il gruppo e liberare gli ostaggi.
Secondo il ministero della salute di Gaza, più di 50.000 palestinesi sarebbero stati uccisi nel corso di questo conflitto. Questo esorbitante numero di morti sarebbe stato causato dalla distruzione di numerosi ospedali, dai bombardamenti israeliani contro aree residenziali e scuole e dalla chiusura dei confini della Striscia da parte di Israele per impedire l’arrivo di aiuti umanitari (soprattutto cibo).
Il governo israeliano ha finora difeso queste sue scelte con la necessità di costringere Hamas alla resa il più velocemente possibile. Secondo questa versione, il vero responsabile di queste morti sarebbero i leader di Hamas in quanto starebbero usando i civili e le loro residenze come scudi contro gli attacchi israeliani.
La disastrosa situazione umanitaria in Gaza avrebbero però spinto la Corte Penale internazionale (CPI) ad emettere un mandato di arresto internazionale per il primo ministro israeliano Netanyahu e per alcuni suoi ministri nel 2024. Secondo i giudici, Tel Aviv non starebbe facendo nulla per assistere i civili palestinesi, ma al contrario starebbe deliberatamente cercando di espellerli dalle loro terre per espandere i suoi confini.
Questa accusa avrebbe trovato ulteriore conferma nel nuovo piano presentato da Netanyahu per distribuire aiuti umanitari tra i palestinesi. I civili sarebbero costretti ad evacuare il nord della Striscia di Gaza in direzione di sei accampamenti nel sud, dove gli aiuti umanitari verrebbero distribuiti da varie organizzazioni internazionali.

Foto di Hosny Salah per Pixelbay
Nel frattempo, il resto della Striscia sta per essere occupato dalle forze armate israeliane per riportare l’ordine nella zona. Tuttavia, alcuni degli alleati politici di Netanyahu sostengono che l’occupazione dovrebbe diventare permanente in modo da permettere l’annessione della regione da parte di Tel Aviv.
In aggiunta a Gaza, la guerra di Israele contro Hamas e gli altri alleati dell’Iran si è oramai espansa anche al Libano e allo Yemen. Parte dei due Paesi sono controllati rispettivamente da Hezbollah e dagli Houthi, gruppi armati affiliati con Teheran.
Sin dall’inizio del conflitto nella Striscia di Gaza, questi due gruppi e l’Iran hanno minacciato Tel Aviv e tentato di assistere indirettamente Hamas. Questo ha portato da un lato ad un’invasione preventiva del Libano da parte di Tel Aviv nell’agosto del 2024, dall’altro lato ha spinto gli Stati Uniti e il Regno Unito a bombardare le basi di lancio dei missili degli Houthi in Yemen.
Più di un politico israeliano, incluso lo stesso Netanyahu, reputa che il paese è in guerra con l’Iran e tutti i suoi alleati piuttosto che contro solo Hamas. Per questo motivo, Tel Aviv avrebbe chiesto a Washington di assistere le sue forze armate durante i bombardamenti contro Teheran.
Il governo americano ha però rifiutato la proposta, in quanto l’Iran ha minacciato a sua volta di colpire le basi militari americane in Iraq se Washington accetterà le richieste israeliane. In quel caso, lo scoppio di una guerra tra Washington e Teheran diventerebbe inevitabile.
Cosa farà ora Israele?
Nonostante il mandato di arresto internazionale, Netanyahu gode ancora del supporto quasi incondizionato dell’Occidente, specialmente da parte degli Stati Uniti. Ungheria, Germania e altri membri dell’Unione Europea hanno già dichiarato che ignoreranno il mandato del Cpi.
Gli Stati Uniti hanno addirittura imposto sanzioni contro i giudici responsabili per il mandato di arresto e stanno facendo pressione sui loro alleati perché facciano lo stesso. Inoltre, la Casa Bianca ha criticato il Canada e l’Inghilterra per aver imposto sanzioni contro Ben Gvir e Bezalel Smotrich, politici israeliani di estrema destra alleati con Netanyahu, che sono stati accusati di aver incoraggiato le violenze contro i palestinesi da parte dei coloni in Cisgiordania.
Per ora, pochi governi occidentali hanno criticato apertamente l’operato di Israele, nonostante una parte crescente dell’opinione pubblica sia sempre più contraria alla continuazione della guerra. Solo nove stati membri dell’Unione Europea riconoscono l’indipendenza dei territori palestinesi (Spagna, Irlanda, Norvegia, Svezia, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Romania e Bulgaria) e non hanno alcun mezzo per fare maggiori pressioni su Tel Aviv.
La guerra in Gaza sta però diventando controversa anche dentro Israele. I familiari degli ostaggi ancora in mano ad Hamas continuano infatti a protestare contro il governo per ottenere un cessate il fuoco.
Secondo i manifestanti, Netanyahu è disposta a far morire gli ostaggi se significa far proseguire la guerra e non essere costretto a convocare nuove elezioni. Secondo gli ultimi sondaggi, la sua popolarità è infatti ai minimi storici e circa il 60% degli elettori pensa che dovrebbe dimettersi in quanto non ha fatto abbastanza per difendere Israele prima dell’attacco di Hamas.
Altri sondaggi indicano inoltre che la maggior parte degli Israeliani è a favore di un cessate il fuoco che permetta il ritorno degli ostaggi israeliani ancora in Gaza. Tuttavia, questa idea è estremamente impopolare tra gli israeliani più conservatori, legati agli ambienti dei coloni israeliani in Cisgiordania.
Questa fetta della popolazione, da sempre sostenitrice dell’aggressiva politica estera di Netanyahu, vede invece con favore la continuazione del conflitto e addirittura la possibile espulsione di massa dei palestinesi dai territori occupati.
A venti mesi dall’attacco terroristico di Hamas, gli israeliani stanno ancora combattendo la guerra più lunga della loro storia e le loro divisioni interne sembrano destinate ad aumentare.