“Addio, smartphone”: il Ministero fa il duro, ma chi lo crede più?

Scolari, zaini, merendine e… cellulare sequestrato.
È questo il nuovo quadretto che ci aspetta da settembre 2025, quando scatterà il divieto totale di uso del cellulare a scuola per tutti gli studenti, superiori incluse.
Lo ha deciso il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, con una circolare che sembra scritta col righello in una mano e la nostalgia dell’era pre-Wi-Fi nell’altra.
“Un intervento improcrastinabile”, dice il ministro.
Parola solenne, da messa cantata. Peccato che arrivi con almeno quindici anni di ritardo rispetto alla realtà: quella in cui gli studenti usano TikTok anche durante le verifiche, si passano le versioni di latino su WhatsApp e leggono le risposte su ChatGPT con una destrezza degna di un hacker russo.
Il grande bluff del “vietato”
Sia chiaro: che gli smartphone in classe siano diventati un problema, è un dato di fatto. Dipendenza, calo dell’attenzione, ansia, sonno disturbato.
L’OMS, l’OCSE e anche la zia Pina sotto casa lo sanno. Ma fingere che basti una circolare per disintossicare una generazione intera è come mettere un cerotto su una frattura scomposta.
Perché il nodo non è il divieto. È chi lo fa rispettare, come, con che strumenti, e soprattutto con quale coerenza.
Le scuole italiane sono già in affanno per mancanza di personale, fondi, spazi e regole chiare. Ora dovranno pure trasformarsi in checkpoint digitali?
E chi si prende la briga di litigare ogni mattina con una classe di 17enni armati di iPhone e sarcasmo?
Ipocrisie scolastiche 2.0
Ci sono eccezioni, ovvio: studenti con disabilità, DSA, “esigenze personali motivate” (che tradotto potrebbe diventare qualsiasi scusa ben recitata), e utilizzi didattici nei corsi specifici. Un menu à la carte perfetto per creare confusione, disparità e furbizie.
Perché se vieti ma lasci spiragli, il messaggio che passa è: “È vietato, ma se ti arrangi bene puoi farlo lo stesso”.
Nel frattempo, restano consentiti PC, tablet e lavagne elettroniche. Insomma: via lo smartphone, ma resta tutto il resto.
Tecnologia sì, ma solo se certificata e ingessata.
Una bella contraddizione da manuale.
Lo smartphone come capro espiatorio
Ma c’è una domanda che nessuno fa: perché i ragazzi stanno sempre attaccati al cellulare? No, non è solo colpa loro.
È che fuori e dentro la scuola non c’è quasi più nulla di altrettanto stimolante.
Programmi scolastici vetusti, lezioni frontali, pochissima educazione digitale e zero reale coinvolgimento.
Lo smartphone riempie un vuoto, non lo crea.
Allora la vera rivoluzione non sarebbe vietare, ma rendere la scuola più interessante del feed di Instagram.
Educare al digitale, insegnare a usarlo con criterio, farne uno strumento e non un rifugio.
Ma questo richiede investimenti, formazione e visione. Tre cose che nella scuola italiana sono sempre improcrastinabili… ma mai affrontate.
E tu, lettore, cosa ne pensi? È davvero il cellulare il nemico da abbattere… o è solo il parafulmine perfetto per coprire le falle di una scuola che ha paura del presente?