Italia atomica: Meloni dice “Oui” alla Francia e abbraccia il nucleare. Ma è davvero un ritorno al futuro?

Italia atomica: Meloni dice “Oui” alla Francia e abbraccia il nucleare. Ma è davvero un ritorno al futuro?

Dopo decenni passati a dire “no grazie” all’energia nucleare – con tanto di referendum e fobia radioattiva da TG anni ‘80 – l’Italia fa marcia indietro.
O meglio: fa la riverenza a Parigi e si accoda all’Alleanza europea per il nucleare, club esclusivo guidato dalla Francia e popolato da Stati membri che nel frattempo, mentre noi ci dibattevamo tra pale eoliche e pannelli solari fotogenici, si portavano avanti con la produzione energetica concreta.

Il ministro Gilberto Pichetto Fratin, al Consiglio Energia di Lussemburgo, ha sventolato il vessillo del ritorno tricolore all’atomo: “La transizione ecologica dev’essere sostenibile, sicura, resiliente”.
Parole piene come una piscina olimpionica. Di slogan.

Dietro il siparietto istituzionale, però, c’è ben altro.
Non stiamo parlando di rimettere in funzione i reattori spenti, né di piantare domani mattina una centrale nucleare a Latina o Montalto di Castro.
Stiamo entrando in un’alleanza dove contano visione, investimenti e, soprattutto, interessi geopolitici.
La Francia comanda – ça va sans dire – e l’Italia… applaude.

SMR: Super Mario Reattore?

Il governo scommette sui Small Modular Reactors, reattori modulari di nuova generazione che promettono miracoli: meno costosi, più sicuri, più flessibili.
Ma ad oggi sono più una promessa da start-up che una realtà concreta.

Intanto si parla di “Nuclitalia”, una creatura con dentro Enel, Ansaldo, Enea e Leonardo, che suona tanto come una compagnia teatrale pronta a inscenare il ritorno all’atomo con tanto di luci basse e colonna sonora epica.

La matematica del nucleare non è un’opinione

Secondo stime europee, servirebbero oltre 240 miliardi di euro per raggiungere gli obiettivi nucleari al 2050.
Nel frattempo, l’Italia fatica a mettere insieme i fondi per rifare le scuole.
Ma sì, dai, costruiamo centrali atomiche modulari. Magari in smart working.

Nel frattempo, il consenso popolare? Un’incognita.
I referendum del passato gridano ancora vendetta e i comitati del “no” si stanno già svegliando dal letargo.

Perché ok il nucleare francese in TV, ma quando si parlerà di localizzazioni reali, l’opinione pubblica tirerà fuori il solito NIMBY: “Not In My Back Yard”.

Dietro la scelta atomica: energia o propaganda?

Meloni gioca la carta del nucleare come segnale di modernità, di rottura col passato e – diciamolo – di affinità elettiva con l’asse franco-polacco delle destre energetiche.
Ma è anche una mossa per differenziarsi dal greenwashing facile: mentre altri si fanno belli con le comunità energetiche, qui si punta al colpo grosso.
O almeno si fa finta.

La vera domanda è: ce la faremo prima del prossimo referendum?

Perché una cosa è certa: costruire un consenso duraturo intorno al nucleare è più difficile che costruire una centrale.
E se non si fa educazione energetica, informazione trasparente e progettualità seria, l’unica cosa che esploderà non sarà un reattore… ma il dibattito pubblico.

Abbiamo appena detto “sì” al nucleare europeo. Ma è un “sì” consapevole o l’ennesimo “sì, purché se ne parli”?
E tu, lettore, sei pronto ad avere una centrale atomica a due passi da casa?
Oppure resteremo, come sempre, nucleari solo nelle intenzioni?

Vera Tagliente

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