“Strategia per la resilienza idrica”: l’acqua (finalmente) diventa politica. Ma l’Italia rischia di affogare… nella sua inefficienza

“Strategia per la resilienza idrica”: l’acqua (finalmente) diventa politica. Ma l’Italia rischia di affogare… nella sua inefficienza

L’Europa si è accorta che l’acqua non cade più dal cielo come una volta.
E no, non è una metafora poetica: è un’allerta rossa.
Fiumi in secca, rubinetti a singhiozzo, agricoltura alla canna del gas.
E allora cosa fa Bruxelles? Lancia la Water Resilience Strategy, un piano da oltre 20 miliardi per salvare la risorsa più scontata e più sottovalutata del secolo: l’acqua.

Peccato che, mentre l’UE cerca di tappare le falle, l’Italia… ci galleggia dentro da decenni.

20 miliardi per salvarci dalla sete (ma non dalle perdite)

L’obiettivo europeo è chiaro: proteggere qualità e quantità dell’acqua, rendendo i Paesi membri meno dipendenti dalla buona sorte meteorologica e più attrezzati a fronteggiare siccità, sprechi e inquinamento.
Il tutto sotto il nuovo mantra comunitario: Water Efficiency First. Tradotto: “usate il cervello, prima del tubo d’irrigazione”.

Peccato che nel Belpaese il cervello sia spesso chiuso per ferie: perdiamo il 42% dell’acqua potabile nella rete. Avete letto bene.
Quasi la metà evapora prima di arrivare al rubinetto. Altro che resilienza: qui servirebbe un miracolo idraulico.

L’Italia è assetata. Di gestione seria

Mentre in Nord Europa si progettano sistemi intelligenti di raccolta piovana e si recuperano reflui per irrigare i campi, da noi si litiga per chi deve tappare la prossima falla.
Le regioni del Sud affrontano ormai estati con razionamenti da film distopico, e il bacino del Po pare la caricatura triste di un fiume.

Eppure continuiamo a trattare l’acqua come un bene eterno, quasi magico.
Le bollette restano ridicolmente basse (circa 11 euro al mese a famiglia!), nessuno investe davvero in infrastrutture, e chi inquina… spesso se la cava con una pacca sulla spalla.

Agricoltura e industria: serve una rivoluzione liquida

Il settore agricolo è il primo consumatore d’acqua, e anche il primo a resistere al cambiamento.
Ma la nuova strategia UE offre incentivi concreti: colture resistenti alla siccità, irrigazione di precisione, recupero dei reflui.
È il momento di cambiare rotta, o resteremo a guardare i campi crepare sotto il sole.

E l’industria? Dovrà imparare a pagare il vero prezzo dell’acqua, senza sconti o deroghe, soprattutto quando i profitti si lavano nel fiume.

Ma la strategia, in Italia, chi la attua?

Ecco il problema vero. Abbiamo piani su piani, strategie, fondi europei, prestiti agevolati… e poi nessuno che si prenda la briga di coordinarli, metterli a terra, controllarne l’efficacia. Il solito scaricabarile, solo che stavolta non c’è più neanche il barile: è secco.

E ora?

L’Europa ci ha messo i soldi, gli strumenti e persino l’ultimatum (10% di taglio ai consumi idrici entro il 2030).
Tocca a noi decidere se vogliamo davvero diventare un Paese resiliente o continuare a fare finta di nulla… finché anche l’acqua per farci il caffè diventerà un lusso da élite.

E tu, sei disposto a pagare il vero prezzo dell’acqua o preferisci aspettare il razionamento con la tanica in mano?

Vera Tagliente

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