Il patriarcato in bermuda: urla a una modella per strada e si crede un eroe

Certe scene sembrano uscite da un vecchio cinegiornale in bianco e nero, e invece accadono nel cuore della Puglia, nel 2025.
A Locorotondo, uno dei borghi più belli d’Italia, noto per le case candide e le menti evidentemente meno illuminate, una donna viene aggredita verbalmente durante un servizio fotografico. La colpa? Essere vestita da donna libera.
Sì, perché a quanto pare, la libertà femminile disturba ancora. E molto.
Gemma Surgo, 34 anni, modella e imprenditrice, fondatrice di un brand di moda genderless – roba che fa venire l’orticaria a chi vive ancora nel Medioevo – si è trovata bersaglio di un uomo “paonazzo in viso” che, anziché farsi un giro o un bicchiere di vino, ha deciso di distribuire misoginia non richiesta nel centro storico. Le ha urlato in faccia frasi che sanno di muffa e polvere: “Ecco come andate vestite… poi vi lamentate se vi stuprano.”
Ora, la domanda è: quante donne devono ancora sentirsi dire che la colpa è della gonna e non del cretino? Che se indossano un abito corto, è provocazione. Che se sorridono, è consenso. Che se esistono, è “troppo”.
Gemma non si è fatta zittire. Anzi. Ha chiesto alla fotografa di filmare l’accaduto. Risultato? L’eroe da marciapiede ha girato i tacchi appena ha visto il telefono acceso. Perché il maschilismo, quello vero, è forte solo quando nessuno lo guarda. Ma basta una fotocamera per farlo scappare come un topo alla luce.
E ora viene il meglio: sui social, il video esplode. Solidarietà, certo, ma anche il solito rigurgito di frustrazione maschile. “Se bevete, ve lo meritate”, “Se vi vestite così, vi cercate i guai.” Sempre lo stesso disco rotto, suonato da chi non ha mai imparato il concetto di consenso, né quello di rispetto.
Gemma ha risposto colpo su colpo. Perché sì, anche questo è patriarcato. Non servono pugni o schiaffi per fare male. Bastano parole cariche d’odio, sguardi che giudicano, insulti vomitati per strada. È violenza. E la subiamo tutti i giorni.
Qualcuno dice che non serve reagire. Che bisogna essere educate. Ma a essere educate, finora, abbiamo ottenuto solo il diritto di essere giudicate in silenzio. E allora ben venga una risposta netta, chiara, anche ruvida. Perché il patriarcato non si smantella coi fiori, ma col fuoco della consapevolezza.
La domanda finale è: se al posto di Gemma ci fosse stata la figlia di quell’uomo? O sua moglie? Avrebbe urlato lo stesso? No, perché il maschilista medio protegge “le sue donne” e condanna tutte le altre. Il problema è proprio questo: pensa che le donne siano cose, non persone.
E tu, che leggi, che dici? Se fossi stato lì, saresti rimasto in silenzio o avresti avuto il coraggio di parlare?