Ponti, pace e parole sante (ma intanto il mondo va a fuoco)

Ponti, pace e parole sante (ma intanto il mondo va a fuoco)

«Aiutateci anche voi a costruire i ponti con il dialogo e con l’incontro, per essere un solo popolo, per essere in pace», ha detto Papa Leone XIV, con quella solennità che solo i papi sanno tirare fuori, anche quando tutto intorno a loro urla guerra.
Parole belle, nobili, persino commoventi.
Ma c’è un problema: mentre si parla di ponti, fuori volano i missili.
E la mappa del mondo sembra più un campo minato che un terreno di dialogo.

Già, perché mentre il Papa invita a essere “un solo popolo”, in Sudan la gente muore a grappoli nel silenzio generale, in Congo i bambini scavano coltan tra una bomba e l’altra, e in Myanmar i generali ballano sul sangue.
In Ucraina continua a suonare il metronomo dell’orrore e a Gaza si contano i morti a colazione.

Ma sui giornali? Sempre gli stessi conflitti.
Alcuni raccontati con dovizia di dettagli, altri spariti dalle mappe della coscienza collettiva.
Perché? Perché alcune guerre “valgono” più di altre.
Se un conflitto ha un impatto diretto sull’Europa, se tocca i fili scoperti dell’economia o se può essere inquadrato nel classico schema buoni contro cattivi, allora merita spazio.
Il resto? Archivio.

E mentre la geopolitica seleziona, la sofferenza non fa differenze.
Ogni guerra è un fallimento, ogni bomba un ponte distrutto.
E se proprio vogliamo parlare di ponti, allora cominciamo da quello dell’informazione: rotto, selettivo, cinico.
Un ponte che non collega ma esclude.

Papa Leone XIV chiede aiuto per costruire ponti.
Ma i mattoni non si fanno con le parole: servono verità, equità e soprattutto la voglia di guardare anche dove le telecamere non arrivano.
Altrimenti, la pace resta una poesia da omelia.
E il mondo, un inferno ben nascosto dietro il fumo dell’incenso.

E voi? Su quali guerre avete davvero aperto gli occhi? E quali avete ignorato solo perché nessuno ve le ha raccontate?

Vera Tagliente

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