Accoglienza migranti: no one left behind

Accoglienza migranti: no one left behind

Accoglienza Migranti: Nessuno deve essere Lasciato Indietro

Potrebbe interessarti anche:

Pachino tra accoglienza, geopolitica e teoria sociale

👉 Pachino tra accoglienza, geopolitica e teoria sociale
Uno sguardo critico sul centro migranti e le reazioni dei cittadini.

Il concetto legato alla sostenibilità al centro degli odierni discorsi racchiude una rosa di significati, buona parte dei quali sfuggono. E’ un termine spesso associato alla tutela ambientale, ma in realtà e’ molto di più. E’ un concetto capace di includere e interconnettere le esigenze ambientali, con quelle economiche e con quelle sociali. L’obiettivo? Garantire un futuro giusto ed equo per tutti.

L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile

Per capire come questi tre importanti aspetti della vita rappresentino in realtĂ  un solo punto, ci viene in aiuto l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Si tratta della stesura di una serie di obiettivi, redatta dalle Nazioni Unite nel 2015. Gli obiettivi sono 17, e riflettono il concetto di base dell’interconnesione tra ambiente, economia e societĂ .

Non si puo’ dire di aver veramente raggiunto un obiettivo, senza aver raggiunto anche gli altri. Il legante che interconnette questi obiettivi e’ dato dai principi di equità, diritti umani e inclusivita’, che convogliano nei principi base della sostenibilità.

Non e’ retorica

Questa premessa mi e’ servita per introdurre cio’ di cui vorrei parlare in questo articolo: uno dei principi base del concetto di sostenibilità  secondo il quale nessuno deve essere lasciato indietro. Sembra retorica ma non lo e’. Questo principio e’ alla base della struttura tecnica e operativa dei programmi di sviluppo, sia a livello internazionale che nazionale.

L’articolo pubblicato su Pachino il 12 aprile scorso su questa testata, ha sollevato alcuni interrogativi attraverso una serie di commenti fatti dai lettori. Questi interrogativi hanno messo in luce l’importanza di fare chiarezza su alcuni aspetti che ora provero’ a sviscerare.

Pachino

Nell’articolo, il primo di tre, ho descritto il funzionamento dei programmi del Sistema di Accoglienza Integrato (SAI), utilizzando l’esempio del centro SAI di Pachino, in Sicilia, gestito dall’associazione Stella Maris. L’egregio lavoro svolto da questa associazione copre pienamente il protocollo previsto, dando ottimi risultati finali. Per risultati si intende la piena integrazione del gruppi di immigrati di cui l’associazione si occupa e segue nel processo di alfabetizzazione della lingua italiana, nel controllo della documentazione, nella ricerca di un lavoro e nell’introduzione all’interno della comunita con diversi progetti.

Il Welfare Nazionale

Nei commenti i lettori si sono chiesti come sia possibile che i programmi per l’accoglienza dei migranti possano funzionare cosĂŹ bene, mentre quelli per i cittadini italiani non riescano a coprire le esigenze della popolazione. Ebbene, i servizi di welfare per i cittadini, differentemente dai programmi per immigrati, sono regolati da governi nazionali e locali. Questo significa che sono influenzati da fattori storici, politici ed economici specifici di ciascun Paese. Quando il sistema nazionale passa il testimone alle autoritĂ  regionali, il sistema si frammenta e manifesta le disparita’ esistenti tra le diverse aree regionali. Questo implica la difficoltĂ  nell’affrontare la povertĂ  e l’esclusione sociale in modo completo.

Facciamo un po’ di chiarezza

La seguente spiegazione non e’ affatto esaustiva, ma prova a fare un quadro iniziale per capire programmi e finanziamenti. L’accoglienza ai migranti in Italia fa capo al Ministero dell’Interno, il quale e’ responsabile sia delle politiche migratorie che dell’organizzazione della rete del sistema di accoglienza nazionale.

📜 Ministero dell’Interno

Con le risorse messe a disposizione dal ministero vengono finanziati molti progetti degli enti locali destinati all’accoglienza dei rifugiati, dei destinatari di protezione sussidiaria e dei minori stranieri non accompagnati.

Parallelamente alle politiche migratorie, si realizza nel nostro Paese un sistema di accoglienza articolato su due livelli.

Da un lato opera la prima accoglienza assicurata immediatamente dopo lo sbarco presso gli hotspot – e per il tempo strettamente necessario ad effettuare i primissimi interventi di assistenza materiale e sanitaria, unitamente alle procedure di identificazione e foto segnalamento – nonchĂŠ, successivamente, presso strutture attivate dalle Prefetture sull’intero territorio nazionale, dove vengono erogati tutti i servizi essenziali, in attesa della definizione della domanda di protezione internazionale.

Aprendo il sito del Ministero alla pagina Immigrazione e asilo, una introduzione chiarisce che l’inclusione degli stranieri e’ la sfida della moderna societĂ  multietnica.

Per l’accoglienza il Ministero utilizza il Fondo Nazionale per le Politiche e i Servizi di Asilo (FNPSA), in cui oltre ai fondi nazionali confluiscono anche i fondi UE. Utilizza inoltre il Fondo Asilo Migrazione e Integrazione (FAMI), in cui invece confluiscono solo fondi UE. 

 

Non e’ facile districarsi nei meandri dei bilanci e programmi per poterci capire qualcosa. In ogni caso, per chi fosse interessato ad approfondire puo’ navigare all’interno del sito del Ministero dell’Interno, cercando anche il Dipartimento per le liberta civili e l’immigrazione.

E’ importante sapere che non si tratta solo di fondi interni e che, quando i fondi UE vengono erogati, e’ necessario dimostrare che saranno utilizzati in programmi che operano secondo specifiche norme. 

I programmi di accoglienza

I programmi per l’inclusione dei rifugiati e richiedenti asilo sono  molto strutturati e all’avanguardia, e finanziati in gran parte da fondi Europei. Sono finanziati con fondi specifici, e progettati e gestiti da un pool di persone con competenze trasversali, e conoscenze interculturali in grado di progettare ad hoc pensando a formazione linguistica, inserimento lavorativo, supporto psicologico e legale, inserimento nella societĂ  e sensibilizzazione della stessa ecc. Le competenze interculturali sono quelle che permettono la comprensione delle diverse culture, delle barriere esistenti tra cui la lingua e’ una delle principali. Sono inoltre in grado di mediare tra le diverse culture per favorire la convivenza.

Monumento con adulti e bambini che si abbracciano
Angels Unware
Monumento ai migrantia S.Pietro (Roma) dello scultore canadese Timothy Schmalz
Foto Alessandra Lisarelli

I programmi interni

Invece i programmi di welfare nazionali non seguono gli stessi criteri. Sono focalizzati sull’assistenza sociale e sulla gestione del disagio socio-economico. Agli operatori che se ne occupano, non sono richieste competenze interculturali, piuttosto competenze per l’orientamento al lavoro o assistenza sociale. 

Le differenze

Possiamo parlare di una disomogeneitĂ  tra i due programmi, dipendente dal diverso contesto in cui gli stessi prendono vita. Tuttavia al momento non abbiamo analizzato dati che ci permettono di dire con assoluta certezza che un programma sia migliore dell’altro. Questo sara’ oggetto di una successiva ricerca. 

EquitĂ 

Potrebbe interessarti anche:

ParitĂ  di partecipazione

👉 PARITA’ DI PARTECIPAZIONE
Riflessione sui diritti umani universali e l’importanza della partecipazione equa nella societĂ .

Un secondo importante principio base del concetto di sostenibilitĂ  e’ l’equitĂ  sociale e la sua applicazione pratica. Se la sostenibilitĂ  richiede equitĂ , partecipazione e opportunitĂ  per tutti, allora dovremmo fare in modo di raggiungere lo stesso standard di vita dignitoso per tutti. La percezione di molti lettori e’ che cio’ non avvenga. Questo rischia di minare la coerenza dello sviluppo sostenibile stesso. Si rischia inoltre di creare l’idea che vi siano due standard differenti, e ciò finisce per alimentare la tensione sociale e indebolire la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.

E’ opportuno, pero’, affrontare questo problema andando oltre le narrazioni semplicistiche che mettono un gruppo contro l’altro. Probabilmente sarebbe opportuno convogliare l’immaginario collettivo nel riconoscimento che, sia l’integrazione dei migranti che la riduzione della povertĂ  interna, sono componenti essenziali della stessa strategia di sviluppo sostenibile.

Stella Maris

I programmi di integrazione di successo, come quello condotto dall’associazione Stella Maris, offrono preziose lezioni in termini di coordinamento, uso delle risorse e partecipazione comunitaria. Ma e’ necessario comprendere che un programma, per quanto all’avanguardia possa essere, per avere successo necessita delle persone e del loro impegno. Questo e’ ciò che accade a Pachino, dove l’impegno del team ha fatto la differenza. Sarebbe interessante capire come poter applicare programmi come questi anche ai cittadini con vulnerabilitĂ .

L’articolo di Pachino ha prodotto una serie di domande che ci hanno permesso di cogliere una sfida piu’ ampia. Quella di porre il focus sulla comunicazione, ricordando che e’ uno strumento capace di plasmare la percezione pubblica. Lo sviluppo sostenibile non riguarda solo politiche e finanziamenti. Riguarda un nuovo modo di narrare. Un modo che trasmetta fiducia nella possibilità di immaginare una società equa per tutti. Il giornalismo costruttivo gioca un ruolo chiave in questo contesto: non ignora i problemi, ma promuove anche soluzioni, incoraggiando approcci collaborativi.

 

Alessandra Gentili

6 pensieri su “Accoglienza migranti: no one left behind

  1. Articolo interessante sono volontaria in una comunità che svolge servizi sociali di vario tipo e ho spesso avuto modo di parlare con gli stranieri comunitari e non che vivono o sopravvivono nel nostro Paese e che chiedono aiuto di ogni tipo, dai beni di prima necessità al lavoro. Ho molti amici stranieri e posso dire che non è facile vivere nel nostro paese, soprattutto per via del lavoro. Senza un contratto di lavoro decente hai poche risorse a lungo termine ed è difficile ottenerlo, mentre è piÚ facile trovarne uno senza contratto che ti dà da mangiare ma non ti garantisce niente.

    1. Grazie Alessandra, sarebbe interessante se, in quanto operatrice nel settore, tu ci potessi aiutare a fare un po’ di chiarezza all’interno di questi programmi.

    2. L’articolo di Alessandra Gentili è una lettura preziosa: con parole semplici e cuore aperto ci aiuta a capire che la sostenibilità non è solo ambiente, ma anche giustizia sociale e inclusione. È bello vedere come venga dato valore al principio che nessuno deve essere lasciato indietro, ricordandoci che non è solo teoria, ma un obiettivo concreto. Il racconto del progetto di Pachino e dell’associazione Stella Maris scalda il cuore e mostra cosa può nascere dall’impegno vero. Alessandra spiega con chiarezza le differenze tra i programmi per migranti e quelli per cittadini italiani, senza creare divisioni. Invita al dialogo e alla collaborazione, con uno sguardo umano e costruttivo. Un articolo che fa riflettere e dà speranza.

      1. Grazie Barbara per questo commento, mi fa piacere che l’obiettivo dell’articolo, cioe’ quello di invitare a un dialogo volto a colmare i limiti di un sistema, sia stato colto.

  2. L’argomento è estremamente complesso, e ammetto di non avere tutti gli elementi necessari per formarmi un’opinione definitiva. Tuttavia, ritengo che, sebbene l’Agenda 2030 presenti una serie di obiettivi lodevoli, risulti ancora troppo vaga nella definizione di un quadro operativo e di un ecosistema in cui questi obiettivi possano realmente integrarsi in modo sinergico.

    A distanza di anni, questo ecosistema non si è ancora concretizzato; anzi, la situazione appare sempre piÚ frammentata. Molti Stati stanno di fatto venendo meno agli impegni presi, spesso a causa di un cambiamento del clima politico, influenzato in larga parte da una crisi economica persistente che tende verso una forma di recessione profonda e pervasiva.

    Proprio in ambito economico emergono, a mio parere, le contraddizioni più evidenti dell’Agenda 2030. Uno dei suoi obiettivi principali è la crescita economica, che però non può essere disgiunta da una crescita demografica sostenibile e da una gestione efficace dei flussi migratori, aspetti che, negli ultimi anni, sono stati trattati in modo inadeguato. È vero che un aumento della popolazione può inizialmente favorire la crescita del PIL, e questa è una delle giustificazioni adottate dall’Agenda per sostenere l’immigrazione. Tuttavia, se non gestita con attenzione, una crescita demografica rapida può ostacolare nel lungo periodo l’aumento del PIL pro capite, mettendo sotto pressione le risorse e le infrastrutture e rallentando così la produttività complessiva. Ed è esattamente ciò che è accaduto.

    In aggiunta, abbiamo assistito a un vero e proprio terremoto geopolitico, che ha rimesso in discussione molti dei principi fondanti dell’Agenda 2030: equità, uguaglianza, sostenibilità ambientale, immigrazione responsabile. Le priorità sono cambiate, e gran parte degli sforzi si sono spostati verso il contenimento di un’economia in crisi e di equilibri di potere ormai instabili.

    Se in origine l’Agenda 2030 poteva apparire come un’utopia degna di essere perseguita, oggi viene percepita da molti Paesi come un peso, se non addirittura un ostacolo. Mancano solo cinque anni alla scadenza fissata, eppure non è stato ancora creato un terreno fertile per far crescere davvero i suoi principi, se non in rare iniziative isolate che hanno avuto successo. In Italia, ad esempio, il progetto Stella Maris ha prodotto ottimi risultati, ma resta un caso isolato, una goccia nel deserto.

    A livello istituzionale, la situazione appare caotica, e la disparità tra le tutele offerte ai cittadini italiani e quelle riservate agli immigrati ha generato un’inversione netta nell’opinione pubblica, da cui non sembra esserci ritorno.

    In conclusione, credo che non sia mai stato compiuto un serio sforzo per spiegare in modo chiaro e comprensibile all’opinione pubblica cosa sia davvero l’Agenda 2030. La comunicazione è stata confusa, generica e, ancora oggi, continua ad esserlo. E questo porta a chiedersi: si trattava davvero di un progetto concreto da realizzare, oppure era solo una narrazione retorica destinata a mascherare altri interessi e altre agende? Il fatto che nessuno degli obiettivi sembri minimamente vicino alla realizzazione alimenta fortemente questo dubbio.

    1. Gentile Alessandro,

      intanto ti ringrazio per questo intervento. Condivido in buona parte cio’ che dici riguardo all’Agenda 2030. Confermo che i goals relativi agli aspetti economici hanno delle criticitĂ  condivise dagli operatori del settore, e sollevano non pochi dubbi.

      Tuttavia, da qualche parte e’ necessario iniziare. Ogni goal e’ completo di targets e principi di attuazione che chiariscono piuttosto bene come si può raggiungere quell’obiettivo.

      Personalmente ho lavorato su diversi goals attraverso dei progetti di analisi dei dati, e alla fine sono giunta alla conclusione che la realizzazione di un programma fosse necessaria.

      In particolare, durante un progetto di analisi dati sul Gender Pay Gap (GPG) e’emerso chiaramente come le nazioni (in questo caso quelle Europee) siano completamente prive di schemi atti al conseguimento di una societa’sostenibile. Ogni governo attua un programma partendo probabilmente dall’obiettivo piĂš praticabile per la nazione che guida. Questo, di per se’ non e’ sbagliato. D’altra parte, però, vuol dire un caos totale. E’ necessario giungere alla comprensione del motivo per cui tutti i goals sono legati tra loro.

      Nel progetto di analisi su cui ho lavorato vi erano nazioni che nell’immaginario collettivo vengono riconosciute come Green perchĂŠ usano una elevata percentuale di energie rinnovabili. Tuttavia, queste stesse nazioni, hanno un elevato GPG e non risultano avere in atto politiche per la sua riduzione. Questo e’ sufficiente per poter dire che non sono affatto Green!

      Cio’ non dipende dall’Agenda 2030 la quale, seppur con le sue criticitĂ  che sollevano dubbi nel lettore, ha tentato di dare uno schema comportamentale che deve confluire in un solo concetto. Credo invece dipenda da cio’ che noi consideriamo prioritĂ . Sono infatti le prioritĂ  che fanno prendere decisioni. Cosi, se tra le prioritĂ  c’e’ il denaro o il potere, il concetto di sostenibilita’ viene automaticamente annullato.

      L’Agenda potrebbe essere considerata come un punto di partenza, sul quale lavorare, condividendo comunque dubbi e difficoltĂ  di realizzazione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarĂ  pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.