Un papa italiano

Un papa italiano
di Canio Trione
Al mondialismo competitivo e bellicoso va sostituito l’universalismo collaborativo cattolico 
Abbiamo visto che i Papi non italiani hanno avuto uno sguardo attento ai Paesi di provenienza producendovi progressi preziosi. Nel frattempo la cristianità italiana si è svuotata come anche le chiese e i conventi. Questo però non è fenomeno solo italiano ma planetario. Al di là delle Chiese cosiddette emergenti la religiosità rimane vittima del positivismo dominante. Il danaro e la “concretezza” (meglio detta venalità ed interesse) ha sostituito ogni valore e regola e religiosità anche nella vita di tutti i giorni. Qualcuno asserisce che questo sia il futuro!
L’Italia senza Papa italiano si è trovata pure senza Democrazia Cristiana. Cioè non si avverte più la necessità per i cristiani di avere una rappresentanza politica. Cosa difficile da prevedere.
Certo, non attendiamo di veder dissotterrare la vecchia DC che specie nell’ultimo periodo è stata vittima di interessi e faide interne. Al contrario serve una idealità laica ispirata ai valori cristiani che qualcuno dovrà pure dire quali sono e sostenerli nelle aule parlamentari. Un nuovo pensiero democristiano o, meglio, una rilettura dell’identità cattolica che -a modello per tutti i cristiani del globo- sostenga:
-Il valore della pace condensata in una dichiarazione inequivocabile di neutralità perpetua dell’Italia come modello per l’intero Pianeta; modello che ci tenga fuori dai giochi imperiali dell’uno o dell’altro agglomerato politico sovranazionale e sovrastatuale. Un punto altamente “moderno”, qualificante e una rivoluzione culturale epocale!!!
-Il valore e le intangibilità della vita e identità umana di fronte agli interessi delle mega organizzazioni economiche e come strumento tangibile di contrasto alla denatalità; denatalità ormai simbolo di sfiducia in se stessi e nel proprio futuro; quindi vera bestemmia sociale anticristiana.
-Il modello nei rapporti tra Stati improntato alla collaborazione (pur nel rispetto dei rispettivi interessi) e mai al conflitto anche solo economico; cosa possibile e necessarie all’interno o fuori da organizzazioni sovranazionali solo liberando le strutture pubbliche dai condizionamenti delle potenze economiche private innaturali e destabilizzanti nella loro dimensione.
-La politica intesa come proposta (e non come spartizione o mediazione tra interessi contrapposti o -ancor peggio- legittimazione del più forte), di una società futura più giusta e costruttiva; per far questo serve una riedizione della legislazione che sia interprete delle istanze della base e non degli interessi dei più forti contrapposti a quelli della gente.
-Un ruolo dello stato che non mortifichi i giovani al punto da inibirne la procreazione; e questo sia nell’accesso al lavoro (che deve essere totalmente libero come libero è in natura), sia nello svolgimento del lavoro stesso che non deve più essere condizionato e limitato inutilmente.
-Riconoscere le aree interne e periferiche non più come luogo residuale ove indirizzare le nuove “solidarietà” o carità istituzionali ma come nuova frontiera dello sviluppo collettivo. Modello di vita a misura d’uomo praticabile, sostenibile e con una sua dignità in grado di reggere il confronto con le aree ricche.
-La finanza e la grande corporation (cominciando con quelle dell’energia e dell’acqua) che non abbia più la invasività innaturale odierna; la differenza di potere contrattuale tra cittadino e grande società produce asservimento; questo come si concilia con i valori della cristianità?
-La ricerca tecnologica ormai invasiva va fermata e rallentata per non distruggere il ruolo creativo dell’uomo.
-La immigrazione come sintomo delle potenzialità inespresse delle aree di provenienza le cui peculiarità e risorse possono essere poste al servizio sia dei paesi di arrivo che quelli di partenza all’interno di un modello collaborativo di mutuo vantaggio.
-La caduta delle vocazioni come tema fondante del rapporto tra la Chiesa e la società civile che va ripensato come va ripensato il ruolo del singolo religioso al servizio della gente.
-Il ruolo delle piccole imprese e dell’autoimpiego come unico e vero motore dello sviluppo umano, sociale ed economico delle comunità di ogni luogo ed identità culturale.  
E gli altri temi gravissimi che non possono essere fronteggiati dai singoli -ancorchè riuniti in associazioni- e neanche dagli Stati -ormai ostaggio dei potenti occulti- ma che attendono una dottrina umanistica universale che -dopo la fine delle vecchie ideologie- manca; e quindi manca una guida per una società ed economia che sembrano aver perso una loro idealità e sono governate dalla competizione mondialista e quindi dalla disumanizzazione.
I dettami universali della rerum novarum che sono: la sacralità della proprietà privata, l’associazionismo dei cristiani e la collaborazione come modalità fondante le società e le economie, vanno ribadite, chiarite, rafforzate, attualizzate in un modello più calzante per la attuale fase e portate alle moltitudini non solo italiane perché vi si ritrovino e ritrovino una meglio intesa cristianità; cristianità da vivere non più come fatto individuale e ascetico -come qualcuno ha voluto far credere- ma come modello di vita concreto che ponga al centro l’uomo e non le esigenze collettive spesso pretestuose se non pelose.
La stessa solidarietà non può più essere fine a se stessa come spesso è intesa, né scusante per giustificare indegni arricchimenti di laici privi di scrupoli, ma universale ed eterno veicolo di socialità e collaborazione tra le componenti dell’economia.
Quindi un sistema di valori e modelli che sono da sempre nella nostra identità ma che periodicamente vanno reinterpretati. Dopo il dramma del secolo breve che noi vorremmo chiamare stolto e sanguinoso dobbiamo ritrovare la nostra identità cristiana quanto meno per fermare -a vantaggio anche di ogni altra confessione e forma identitaria- il mondialismo disumano, livellante e spersonalizzante.
Canio Trione

Redazione

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