Ancor prima di essere il massimo esponente di un’istituzione così compromessa qual è stata ed è la Chiesa cattolica, Bergoglio-Francesco è stato ed è un essere umano.
Un essere umano è la sua storia.
Quello che riceve dal suo contesto, dai suoi familiari, dalla sua comunità, dal contesto sociale in cui si viene a trovarsi, dalle sue esperienze, dallo spirito del suo tempo.
La Teologia della Liberazione ha sempre sostenuto che il prete, oltre a evangelizzare, oltre a dare testimonianza del messaggio evangelico, è evangelizzato a sua volta. Se ti attardi a vivere nei privilegi, invece di servire, invece di essere al servizio, vieni servito, allora vieni cooptato dalle infinite sfumature del Potere. Al contrario. I poveri, gli oppressi, gli ultimi convertono i preti suscettibili di essere convertiti, lo evangelizzano.
Jorge Bergoglio nasce nel contesto argentino, in un ambiente sociale al confine tra dominanti e dominati. Discendente da immigrati italiani. Diviene gesuita. È gesuita. Poi le periferie, le favelas di Buenos Aires, i diseredati di quel mondo così iniquo lo costringono a fare la scelta definitiva.
Al momento giusto, quando viene scelto, diviene Francesco.
Essere gesuita significa ricevere la lezione di Padre Arrupe e poi in seguito di Carlo Maria Martini. Essere uomo, essere Francesco come simbolo della semplicità, dell’umiltà e della povertà, aggiunge molto.
La scelta radicale per la pace, contro la guerra e contro i fabbricanti di armi, per i migranti, per gli omosessuali, per i carcerati, per il dialogo interreligioso, per la giustizia sociale e per la giustizia ambientale, per le periferie del mondo ecc. gli hanno procurato tanto consenso, tanta simpatia da credenti e da non credenti, da uomini e da donne di buona volontà. Basta solo citare la profetica enciclica “Laudato si’” del 2015.
Francesco è stato “divisivo”. Parola e sostanza così avversate dagli ipocriti del politically correct, dai contemporanei scribi e farisei. Ha separato. Tutti i residui, oltremodo attivi entro il cattolicesimo, del clerico-fascismo, tutti i benpensanti liberali lo hanno avversato. I guerrafondai lo hanno deriso, lo hanno anche odiato. Tanti cardinali e tanti vescovi statunitensi, ambienti della curia romana, il Potere per eccellenza, sionisti e massacratori israeliani, con la solita accusa di antisemitismo, atlantisti che non gli perdonano le sue parole, soprattutto all’inizio della guerra, la sua equidistanza nella stessa guerra in Ucraina ecc.
Certo, anche i profeti hanno i loro limiti di tempo e di spazio.
Chiedere a Bergoglio di respingere tutte le sirene dei “falsi difensori della vita”, di pronunciarsi su aborto, su eutanasia e su fine vita, sul sacerdozio delle donne, sulle finanze, aperte e occulte, del Vaticano, sui dossier di Emmanuela Orlandi, l’andare fino in fondo sugli abusi sessuali di esponenti della Chiesa ecc. è chiedere un po’ troppo. L’inerzia storica della Chiesa-istituzione è un blocco, un macigno troppo grande. Bergoglio, rivoluzionario quanto basta.
Adesso si para davanti il campo di battaglia per il successore. Da una parte, tutti quelli a cui ha arrecato danno, in prima fila cardinali statunitensi e cardinali conservatori e reazionari, dall’altra, tutti quelli che ha promosso, a cui ha dato spazio, i cardinali del Sud Globale, i cardinali del vento purificatore ancora attivo del Concilio Vaticano II, i cardinali influenzati dai residui, anche tenui, della Teologia della Liberazione.
Poi a decidere, in ultima istanza, è cosa avviene nella osmosi intra muros ed extra muros, dentro e fuori della Chiesa, tra credenti e non credenti, tra istituzione-apparati-gerarchie e comuni cristiani, tra il mondo religioso e il mondo circostante. Nel capitalismo contemporaneo, nelle sfide geopolitiche in atto.
Così come va il mondo.