Albano Sorbelli – Carducci e Oberdan

Albano Sorbelli – Carducci e Oberdan

Il libro di oggi è un tributo da parte del grande poeta italiano al giovane patriota Guglielmo Oberdan ucciso selvaggiamente dagli austriaci a Trieste.

Un pezzo di storia risorgimentale degli eroi che hanno fatto l’Italia. Anche se il poeta, punto sul cuore dalla triste vicende di Oberdan, scriveva:”che l’Italia era fiacca, che si appagava ormai solo di parole vane, di alti gridi; e occorreva invece por mano alle opere; e sopratutto occorreva una nuova educazione sapientemente democratica; un senso della realtà, un solido piano di ricostruzione del paese, un coordinamento al nobilissimo fine di fare l’Italia, ora che gli Italiani erano tutti uniti in Roma”.

L’autore di oggi. Albano Sorbelli (1875-1944) è stato uno storico, bibliografo e bibliotecario italiano, direttore della Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio di Bologna dal 1904 al 1943. Allievo di Giosuè Carducci, si laureò in Lettere e Filosofia all’Università di Bologna, dove insegnò Biblioteconomia e Bibliografia.

Figura chiave della biblioteconomia italiana, fondò nel 1909 la Biblioteca Popolare e riorganizzò Casa Carducci. Nel 1906 avviò la rivista L’Archiginnasio e la collana Biblioteca dell’Archiginnasio, promuovendo convegni e mostre. È sepolto nella Certosa di Bologna.

Tornando al libro alquante toccante è la descrizione che Carducci fa, affidandosi a racconti di testimoni dell’uccisione di Oberdan. Sulla condanna ci fu in Francia l’accorato appello di Victor Hugo «l’imperatore, egli scriveva, faccia la grazia e farà cosa grande!» Il Carducci, proprio spinto dal grande scrittore francese, scrisse sul Don Chisciotte di Bologna «No l’imperatore non grazierà, osservava giustamente il Carducci. No – perdoni il grande poeta – l’imperatore d’Austria, non che fare cosa grande, non farà mai cosa giusta. La giovine vita di Guglielmo Oberdan sarà rotta
su la forca: e allora, anche una volta,… sia maledetto l’imperatore!»

Sugli ultimi momenti del giovine martire ci ha lasciato dei commoventi particolari quell’anima purissima di patriota e antiaustriaco di Matteo Renato Imbriani, che li ricevette da Trieste stessa, da chi aveva potuto ottenerli interrogando prigionieri, carcerieri, soldati”

Dopo che Oberdan ebbe rifiutato il conforto del sacerdote, il quale aveva perfino ricorso al ricordo della madre adorata, si passò ai preparativi della esecuzione.
Ma lasciamo la parola all’Imbriani.

È entrato Willenbacher, il carnefice, con i suoi aiutanti, bestemmiando oscenamente. Gli hanno legato le mani ed i piedi, gli hanno buttato sul dosso la casacca del 22.° Fanteria, reggimento Weber: è stata l’ultima ironia degli assassini; – ha lasciato fare, dicendo: Ecce homo, e poi subito: È proprio un abito fatto per la forca: in questa occasione posso vestirlo.
Allora il carnefice infame gli ha lanciato un colpo sul volto, urlando: Maledetto italiano, adesso a me! Oberdan, legato, con altera dignità ha risposto
semplicemente: Sei un vile come il tuo padrone! Allora quel vile, ubbriaco, si è posto pazzamente a gridare: Viva l’imperatore!, poscia stringendo le funi e tempestando pugni e parolacce, ha dato termine alla toeletta. Oberdan non ha aggiunto parola, né fatto cenno.
Lo han tratto alla forca. Assistevano uno stuolo di ufficiali di Stato Maggiore ed il capo ispettore Zempirek. Venne riletta la sentenza; poscia il carnefice lo ha spogliato dell’odiata assisa ed il condannato di repente l’ha calpestata, esclamando: Muoio esultante perchè spero che la mia morte gioverà in breve a riunire la mia cara Trieste alla madre patria. Il rullo dei tamburi coprì la sua voce. Dritto lungo la tavola fatale, col laccio al collo, un raggio del sole nascente ha indorato le bianche vette delle Giulie… Egli ha guardato, esclamando: Muoio in Trieste! Viva l’Italia. Viva
Trieste!Il boia ha tirato la corda… Qui, orribile a dirsi, l’infame tirava, rilasciava, acconciava, mentre la vittima rantolava ed uno dei suoi aiutanti con una pezza gli ripuliva la bava che usciva dalla bocca! Parecchi dei soldati presenti piangevano. Un capitano ungherese, non potendo frenare la commozione, irruppe: «Così muoiono gli eroi!».
Le contrazioni, i sussulti, i rantoli han continuato dieci lunghi minuti!… poscia quel capo gentile e gagliardo si è reclinato ed abbandonato sul petto…; aveva cessato di soffrire!…

Il libro racconta tutto il lavoro fatto da Carducci dopo la morte di Oberdan, appelli, comitati, associazioni democratiche, incontri, assemblee, tutto un corollario di impegno per manifestare lo sdegno degli italiani per questo vile atto criminale degli austriaci in quel 20 dicembre 1882.

Scarica il libro – 

Roberto De Giorgi

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