Le scarpette rosse di Alessandro Varaldo

Le scarpette rosse di Alessandro Varaldo

Secondo romanzo giallo con il commissario Ascanio Bonichi, Le scarpette rosse (1932) vede un maggiore protagonismo dell’investigatore privato Gino Arrighi.

Il caso ruota attorno al furto di una valigetta contenente gioielli di grande valore, avvenuto in un hotel di Milano. L’indagine porta Bonichi e Arrighi a Roma, dove il principale sospettato si è rifugiato, per poi concludersi nuovamente a Milano.

Nel romanzo emergono elementi innovativi per il genere giallo italiano dell’epoca: Arrighi utilizza teorie freudiane su ipnosi e sonnambulismo per risolvere il mistero, mentre la narrazione si colora di dettagli insoliti e ironie sulle istituzioni, come la polizia e la magistratura, mostrando una certa libertà critica ancora possibile nel 1931.

Il titolo si riferisce a un paio di eleganti scarpette rosse, simbolo ricorrente nel romanzo: una finisce incastrata in un ascensore, l’altra viene usata per nascondere un prezioso smeraldo.

La trama intreccia elementi investigativi con storie d’amore, rendendo la narrazione avventurosa ma con sfumature romantiche, in linea con lo stile di Varaldo

L’autore

Alessandro Varaldo (1876-1953) fu un prolifico scrittore, drammaturgo e giornalista italiano. Nato a Ventimiglia, studiò tra Savona, Ventimiglia e Sanremo, mostrando fin da giovane un grande interesse per la letteratura. Esordì con poesie e collaborazioni a riviste, per poi dedicarsi al romanzo, al teatro e al giornalismo.

Nel corso della sua carriera, scrisse sessanta romanzi, trenta opere teatrali e oltre mille novelle, spaziando tra generi diversi. Fu il primo autore italiano pubblicato nella collana dei “Gialli” Mondadori con Il sette bello (1931), creando il commissario Ascanio Bonichi e contribuendo allo sviluppo del genere poliziesco in Italia.

Attivo anche nel giornalismo, diresse numerose testate e fu figura chiave nella Società Italiana Autori e Editori (SIAE). Negli anni ‘20-‘30 ebbe legami con il regime fascista, ma col tempo se ne distanziò, criticandolo apertamente dopo la guerra.

Dopo il 1945 continuò a scrivere, pubblicando romanzi e raccolte di novelle. Morì a Roma nel 1953, lasciando un’eredità letteraria vastissima.

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Roberto De Giorgi

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