Il ritiro dell’America

di Raffaele Gaggioli
Da quasi ottant’anni, l’Europa fa affidamento sull’Alleanza Atlantica (NATO) per assicurare la difesa dei suoi confini contro qualsiasi potenziale invasione. Fino a poche settimane fa, la presenza di soldati americani in molte nazioni europee era considerata una fondamentale garanzia per la sicurezza del continente europeo specialmente dopo che Putin aveva dato inizio alla sua ingiustificata invasione dell’Ucraina nel 2022.
Era stata proprio questa invasione a rinvigorire l’Alleanza Atlantica, spingendo la Svezia e la Finlandia ad abbandonare decenni di neutralità in favore dell’alleanza con gli Stati Uniti.
Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca ha però gettato la NATO nel caos. Nell’ultimo mese, il presidente americano ha infatti minacciato direttamente molti alleati americani di lunga data e allo stesso tempo adottato una politica estera molto più conciliante verso la Russia.
Per cominciare, Trump e i suoi alleati politici sostengono apertamente che il Canada e la Groenlandia (territorio d’oltremare della Danimarca), entrambi membri della NATO, dovrebbero fare parte degli Stati Uniti.
All’inizio si era ipotizzato che questo fosse un semplice stratagemma da parte della Casa Bianca per ottenere migliori condizioni negli scambi commerciali con il Canada e l’Europa. Tuttavia, alcuni funzionari pubblici danesi e canadesi, tra cui il primo ministro canadese Tradeau, sono ora convinti che Trump faccia sul serio, dato che ha ripetuto queste minacce anche durante incontri privati con i leader di questi Paesi.
Per questo motivo, Ottawa e Copenaghen sembrano pronti ad adottare nuove politiche estere ed economiche per difendere i loro territori. Il Canada ha annunciato di voler creare nuovi rapporti militari ed economici con l’Unione Europea, anche per fronteggiare la guerra commerciale iniziata da Washington, mentre la Danimarca ha annunciato che aumenterà i fondi destinati alle sue forze armate.
Se da un lato Trump sta dimostrando un’improvvisa aggressività contro due alleati americani di lunga data, dall’altro lato si sta dimostrando molto più conciliante verso la Russia nonostante i decenni di tensione e aperti contrasti tra Washington e Mosca.
Una delle prime azioni del suo governo è stato infatti organizzare un incontro diplomatico con il ministro degli esteri russo Lavrov in Arabia Saudita per discutere su come porre fine alla guerra in Ucraina. Secondo le prime indiscrezioni, Trump sarebbe disposto a concedere a Putin tutto ciò che desidera: la Russia potrà tenersi le regioni ucraine attualmente occupate (corrispondenti a circa il 20% dell’intero territorio ucraino), non verrà permesso a Kiev di entrare nella NATO, non verranno dislocati soldati americani sul territorio ucraino e le sanzioni occidentali contro Mosca avranno fine.
Tutto questo sarebbe peraltro stato concordato tra Washington e Mosca senza consultare alcun rappresentante del governo dell’Ucraina, vittima dell’invasione ingiustificata da parte di Mosca nel 2022. Sembra in effetti che Trump preferisca trattare l’Ucraina più come una potenziale colonia che come un vero alleato.
Negli ultimi giorni, il tycoon ha infatti accusato il presidente ucraino Zelensky di essere il vero responsabile della guerra (un’accusa già usata in passato dalla propaganda russa), di essere un dittatore con un indice di gradimento attorno al 4% (in realtà si aggirerebbe attorno al 63%) e di aver rubato oltre 500 miliardi di dollari in aiuti militari (secondo i calcoli del Pentagono, gli USA avrebbero però inviato a Kiev aiuti militari solo per un valore totale di 160 miliardi di dollari).
Per questo motivo, Trump ha proposto a Kiev di ripagare il debito attraverso la cessione agli Stati Uniti di metà dei suoi introiti derivanti dalle risorse naturali, dalla concessione di licenze per lo sfruttamento di queste risorse naturali a Paesi terzi e dei guadagni provenienti dai porti e da altre infrastrutture. Inoltre, le aziende americane in Ucraina dovranno godere dell’immunità sovrana, ossia dovrà essere impossibile citarle in giudizio o punirle qualora violino le leggi ucraine.
Il diniego ucraino, dovuto anche al fatto che Trump rifiuta di fornire a Kiev qualsiasi garanzia di sicurezza contro altre eventuali invasioni russe, ha danneggiato ulteriormente i rapporti diplomatici tra Kiev e Washington. Trump è forse pronto a sospendere tutti i rifornimenti militari a Kiev (incluso l’accesso ai satelliti Starlink, fondamentale per le sue comunicazioni militari) se Zelensnky non accetta le sue condizioni.
Tutto questo sta accadendo mentre l’Ucraina ha urgente bisogno di nuovi aiuti militari. Le truppe russe continuano ad avanzare in Dombass, mentre i droni del Cremlino sono tornati a colpire numerose città ucraine. In particolare, Kiev è stata bombardata per la quarta volta quest’anno.
L’Ucraina non è comunque l’unico Paese europeo che Trump sarebbe disposto ad abbandonare al suo destino. Secondo alcune indiscrezioni, la sua amministrazione starebbe progettando di ritirare le truppe americane da buona parte dell’Est Europa o almeno dai Paesi Baltici. Alcune fonti parlano addirittura di un ritiro completo, al punto che solo le basi militari in Germania e in Inghilterra rimarrebbero attive.
Di fronte a questi sviluppi, l’Europa appare divisa e indecisa su cosa fare. La maggior parte delle nazioni europee, eccetto la Francia e l’Inghilterra, non è dotato di un proprio arsenale nucleare e le loro forze armate usano armi e pezzi di ricambio prodotti quasi esclusivamente negli Stati Uniti.
Anche se diversi leader politici (tra cui lo stesso Zelensky e il primo ministro polacco Donald Tusk) sostengono ora che l’Unione Europea dovrebbe dotarsi di un esercito indipendente, molti si domandano se l’UE ha le capacità, le risorse e soprattutto il tempo necessario per crearlo.
Raffaele Gaggioli