Lucarelli, Cristicchi e Alzheimer che caos

Lucarelli, Cristicchi e Alzheimer che caos

La blogger Selvaggia Lucarelli, opinionista ingaggiata al Dopo Festival, tra le giuste critiche su questa kermesse canora in “restaurazione” attacca Cristicchi e la sua canzone.

Il suo giudizio è tagliato col machete: “Trovo che ci sia un eccesso di romanticizzazione della malattia, che è molto feroce, abbrutisce e toglie dignità. Racconta un pezzo di verità e ne tralascia un altro. C’è anche l’abbrutimento che viene dalla fatica nella gestione di quella malattia.

Avrei voluto meno retorica e più verità. La canzone è un po’ ampollosa e barocca”. In sostanza, dice Selvaggia, l’operazione di Cristicchi è stata fin troppo furba e facilotta. Perché si è soffermato solo sugli aspetti poetici, tralasciando la parte più cruda della malattia.

Cristicchi non le manda a dire e risponde, intervenendo nella trasmissione La Volta Buona: “La mia è una canzone più spirituale”, ha tagliato corto l’autore, “non vuole essere una cartella clinica o raccontare di una patologia, ma è un flusso, il ciclo della vita che si trasforma e noi davanti a questa trasformazione non possiamo che assistere e accettare o meno questa cosa. Diciamo che con la poesia, con questo piccolo racconto di quotidianità, ho voluto raccontare una cosa più universale”.

Eh, non ci siamo, cara Lucarelli, chi non conosce la malattia ha un rapporto che oscilla tra indifferenza e superficialità, non sa quanta fatica fanno gli operatori volontari del settore a far capire ai familiari innanzitutto e alla società in genere che non bisogna aver paura, che non è abbrutimento e di fronte alla ferocità della malattia si oppone l’amore. Di tutti!

La canzone di Cristicchi è un atto di amore del figlio verso la madre.  Del resto, in questo morbo come l’Alzheimer soprattutto, dove il malato non avverte nulla, il vero malato da curare è il caregiver e lo si cura proprio così, anche con il romanticismo se volete, con la musica e non serve cinicamente ricordargli la fatica quotidiana della gestione.

Lavorare su quegli scampoli di vita vissuta, che non è solo un ‘pezzo di verità’ è in realtà la sostanza vera della ‘malattia dei ricordi’  ed è quello che facciamo ogni giorno.

Altrimenti che senso avrebbero tutte le iniziative di dementia friendly che si fanno in Italia? E tutte le iniziative delle associazioni come Alzheimer più alla quale appartiene lo scrivente?

Insomma proprio in questo caso va detto: “meditate gente!” (rdg)

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Redazione Radici

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