Approvata in Toscana la legge ‘Liberi subito’ per il Suicidio medicalmente assistito

In Toscana dall’ 11 febbraio 2025 è diventato legge un ossimoro. Partendo da assunti puramente etimologici, l’ossimoro dello stare vicino ad un essere umano che vuol deliberatamente porre fine alla propria vita mediante l’arte della cura per eccellenza, la medicina.
Andiamo per gradi, cominciamo col descriverla. Grazie alla legge ‘liberi subito’ i malati che vorranno accedere al suicidio medicalmente assistito potranno farlo con tempi e modalità certe. La procedura per la verifica dei requisiti del malato richiedente da parte della commissione multidisciplinare permanente dovrà concludersi entro 20 giorni dal ricevimento dell’istanza dopodiché si procederà all’approvazione o alla definizione delle modalità di attuazione del suicidio medicalmente assistito entro 10 giorni, ed entro altri 7 l’azienda sanitaria assicurerà il supporto tecnico, farmacologico e sanitario per l’assunzione del farmaco. Il tutto gratuitamente con lo stanziamento di 10mila euro all’anno per tre anni.
Questo in ‘legalese’ e ‘burocratichese’ non fa una piega. Chi prova dolore ha un modulo da compilare e una modalità stabilita per poterlo mettere a tacere e trovare pace. Il mio intento non è dare risposte o giudizi quanto, piuttosto, far nascere delle domande ad oggi poco pop. La prima è: E se tutto questo portasse ancor di più al rifiuto del dolore? Non è da biasimare chi si trova nella situazione di sofferenza per cui la vita non ha più senso e sente solo di essere un peso per chi gli è intorno. Bisogna piuttosto riflettere sul fatto in sé del porre fine ad un qualcosa che non è da noi gestibile fino in fondo dal principio: la vita. Come in un teorema partiamo da un assunto e cerchiamo di giungere a piccoli passi a ciò che è all’origine e quindi anche alla fine di tutto.
Possiamo crescere rallegrarci e soffrire perché siamo vivi e, cioè, perché un determinato giorno di un determinato mese ad una determinata ora, in un luogo preciso, da una donna che chiamiamo mamma, siamo stati messi al mondo e prima ancora siamo stati concepiti. Ora, mettere al mondo una creatura è davvero una missione ardua. Tutto deve essere allineato, ogni cosa deve combaciare affinché venga al mondo il bambino, quel bambino, tu, proprio tu. Chi ci ha desiderati sa benissimo che il proprio contributo affinché tu, proprio tu sia nato, noi proprio noi siamo nati, è stato un contributo minimo, fondamentale sicuramente, ma infinitesimo rispetto al miracolo che poi è accaduto. Partendo da qui, da un semplice desiderio e dalle sue difficoltà, davanti alle quali, a volte, ci si sente impotenti, sviluppiamo il nostro teorema.
Se chi è prima di te, quindi i tuoi genitori, non possono decidere che tu, proprio tu venga al mondo; se le circostanze in cui ciò debba accadere sono peculiari e standardizzate; se, nonostante tutto, dalla notte dei tempi questo accade con una forza e una irruenza disarmanti; se tutto ciò è vero per l’inizio della vita, perché non deve esserlo per la fine? Se essere concepiti e nascere è quanto di più difficile possa accadere perché morire dovrebbe essere così facile? Più che parlare di morte qui urge parlare di vita e più precisamente domandarsi: qual è una vita degna di essere vissuta e chi ha gli strumenti per decidere i parametri di questa valutazione? Come si può giudicare il dolore che porta un ragazzo in preda alla depressione a cercare di farla finita, meno grande del dolore di un malato di SLA o di un malato terminale? Il primo tutti sentiamo il dovere morale di salvarlo i secondi invece li supportiamo nel senso opposto pensando: “la vita è loro come loro è la decisione di porre fine alla stessa”.
Se tutti siamo ‘liberi’ di porre fine alla nostra sofferenza ‘subito’, come recita il titolo del testo di legge in questione, non siamo, allora, tutti schiavi delle leggi generali dell’uomo?
Giuliana Donnarumma