Una nobile “missione”: essere “influenzatori culturali” attraverso le parole e la scrittura

Una nobile “missione”: essere “influenzatori culturali” attraverso le parole e la scrittura
Vera Gheno, sociolinguista e autrice del libro Potere alle parole. Perché usarle meglio – Gheno, Vera – Ebook – EPUB3 con Adobe DRM | Feltrinelli, spiega come le parole dovrebbero sempre avere potere e quanto sia necessario imparare a conoscerle meglio:” Ognuno di noi è le parole che sceglie: conoscere il significato e saperle usare nel modo giusto e al momento giusto ci dà un potere enorme, forse il più grande di tutti”.
Le parole necessitano di uno studio approfondito, altresì del dubbio, di mettere in discussione ciò che si pensa di sapere, l’utilizzo di parole richiede una ricerca raffinata e dedicata per non smettere mai di imparare, perché attraverso la scoperta e la conquista si ampliano le conoscenze; scegliendo con cura i termini idonei, si comunica meglio ciò che si vuol dire, sia oralmente che nella scrittura, altro importante mezzo di comunicazione.
Scegliere un determinato lessico vuol dire sapere cosa si vuol esprimere e trasmettere, condividere e far conoscere, escludendo parole alla rinfusa e prive di senso. A tal proposito, scrive Vera Gheno:” Se siamo intelligenti, possiamo evitare che siano gli altri a imporci le loro parole, e le loro conseguenti visioni del mondo. Questo non solo ci fa evitare di parlare a vanvera, ma ci dà anche la possibilità di diventare dei veri e propri influenzatori culturali”. L’autrice invita poi alla riflessione, per selezionare meglio le parole; utile prendersi lunghi momenti per pensare, ritagliarsi del tempo privo di frenesia e velocità asfissiante, ingredienti fondamentali soprattutto se si vuole e si preferisce scrivere, anziché parlare. Scrivendo, infatti, si ha più tempo per meditare sulla parola giusta da aggiungere o prediligere in un testo, su come far combaciare ed amalgamare tra loro, nel senso e nella sintassi, più termini. Parlare richiede inevitabilmente una velocità maggiore per elaborare concetti, una comunicazione più istantanea e caratterizzata da ritmi che non coincidono con quelli di chi è più propenso alla calma e alla concentrazione.
Decisamente amante dello scrivere, proprio per la sua caratteristica riflessiva, era Italo Calvino. Nella sua opera Lezioni americane, del 1985, in cui elogia i valori della letteratura e si domanda quale sarà il destino del libro nell’era postindustriale, ovvero moderna e tecnologica, descrive così la sua “arte” e passione per la scrittura: “[…] e se preferisco scrivere, è perché scrivendo posso correggere ogni frase tante volte quanto è necessario per arrivare non dico a essere soddisfatto delle mie parole, ma almeno a eliminare le ragioni d’insoddisfazione di cui posso rendermi conto”. Calvino era, inoltre, un difensore del linguaggio e della sua “Esattezza” (come il titolo di una delle sue lezioni): “Un linguaggio il più preciso possibile come lessico e come resa delle sfumature del pensiero e dell’immaginazione”. Dunque, una contrarietà all’uso di parole “vuote” e approssimative, di una lingua superficiale ed inesatta; contro gli automatismi, le espressioni insignificanti e la casualità delle parole.
“IN ALTRE PAROLE” …
Altro estimatore delle parole, della scrittura, più contemporaneo e uno dei protagonisti del giornalismo culturale odierno, è Massimo Gramellini; come si evince anche dal titolo del suo programma su La7, In altre parole, fin da piccolo, ha sempre vissuto e messo al centro dei suoi interessi le parole e il loro magnetismo. In un suo libro, raccolta e selezione dei suoi Buongiorno sul quotidiano di Torino, La Stampa, descrive, con alcune frasi toccanti, i sentimenti che la scrittura suscitano in lui:” […] le parole possano ancora creare dei piccoli miracoli nella vita di chi le incontra. Ma per me che ogni giorno le rimesto dentro il calderone, tentando di dare loro una forma che mi assomigli, le parole restano un mistero. Le protagoniste di un rito.” […] la scrittura è l’unico gesto quotidiano che riesca a trasmettermi serenità”. […]Altro che mago. Sono un manovale che ogni giorno si monta la testa e pensa di poter fabbricare un mondo migliore con le sue parole. Un’illusione, certo. Ma se non la credessi vera, mi passerebbe la voglia di provarci”.
La scrittura è amore e rispetto per le parole, senza dimenticare quello per la lettura, perché lo scrivere bene passa anche e soprattutto per una intima connessione con i libri e con tutto ciò che li contiene, come le biblioteche, librerie e mercatini dell’usato, luoghi di incanto puro; un bellissimo estratto dal libro Il gioco dell’angelo – Carlos Ruiz Zafón | Libri Mondadori ,di Carlos Louis Zafon, chiarisce molto bene cosa significa essere “catturati”, ammaliati, dal mondo dell’editoria: ”Entrai nella libreria e aspirai quel profumo di carta e magia che inspiegabilmente a nessuno era ancora venuto in mente di imbottigliare”.
Roberta Favorito