Jack London in “L’avventura”

Jack London in “L’avventura”

Jack London intreccia due concezioni opposte della vita: da un lato, la lotta per la sopravvivenza del più forte; dall’altro, un profondo amore per l’umanità.

Spesso considerato uno scrittore per ragazzi, London subì l’influenza di Kipling e Nietzsche, ma a differenza loro visse l’avventura in prima persona.

“Adventure”, romanzo del 1911, si svolge nelle isole Salomon, mettendo in scena il conflitto tra pochi dominatori bianchi e i lavoratori locali trattati come schiavi. Tuttavia, più che un’esaltazione coloniale, il romanzo celebra il coraggio, la lealtà e l’energia, incarnate stavolta da una protagonista femminile: Joan Lackland, donna indipendente e abile, che sfida le convenzioni del suo tempo.

La storia, intrecciando amore e avventura, si arricchisce con l’arrivo di cercatori d’oro, tra cui il temerario Tudor, suscitando tensioni tra Joan e Sheldon, il proprietario della piantagione. London riesce a raccontare l’amore senza sentimentalismi, come si evince dalla confessione finale di Joan.

L’edizione proposta è la traduzione del 1929 di Rosalia Gwis-Adami, il cui impegno per l’emancipazione femminile rispecchia lo spirito della protagonista.

Jack London (1876-1916) è stato uno scrittore, giornalista e drammaturgo statunitense, noto per romanzi come Martin Eden e Zanna Bianca. La sua vita fu segnata da molteplici esperienze lavorative, tra cui pescatore di ostriche, cercatore d’oro e corrispondente di guerra, oltre a un forte impegno politico ispirato al socialismo.

Dopo un’infanzia difficile e un’adolescenza trascorsa tra lavori precari e vagabondaggi, London aderì al socialismo e si iscrisse alla Berkeley University, che abbandonò per problemi economici. Nel 1897 partecipò alla corsa all’oro nel Klondike, esperienza che influenzò profondamente la sua narrativa.

Il suo successo letterario arrivò con Il richiamo della foresta (1903), che lo rese uno degli scrittori più pagati dell’epoca. Tra i suoi temi ricorrenti ci sono la lotta per la sopravvivenza, l’ingiustizia sociale e la critica al capitalismo. Fu anche corrispondente nella guerra russo-giapponese del 1904.

Negli ultimi anni, London affrontò difficoltà economiche e problemi di salute, aggravati dall’alcolismo. Morì nel 1916, probabilmente per un’overdose di antidolorifici, lasciando un’eredità letteraria di oltre 50 volumi, tra romanzi, racconti e saggi.

Dall’incipit del libro:

Egli era molto ammalato. Stava sul dorso di un negro dalla testa lanuta e dal corpo pieno di scorticature. I lobi degli orecchi di costui erano stati forati e strappati al punto che uno era completamente lacerato; nel foro dell’altro c’era un pezzo di legno ricurvo di tre pollici di diametro. Quello ch’era strappato, era poi stato forato una seconda volta, non così energicamente, ma tanto da poter sostenere una pipa d’argilla. Quel destriero umano era sporco, unto e nudo; portava solo un panno stretto e sudicio sulle reni. L’ammalato, ch’era un bianco, lo teneva ben stretto aggrappandosi disperatamente a lui.
Di quando in quando, per debolezza, la sua testa cadeva e si fermava sulla zucca lanuta. Poi la rialzava e fissava gli occhi lacrimosi sulle palme del cocco che tremavano e dondolavano nel calore scintillante. Era vestito di una maglia leggera e di una striscia di cotone che dalla cintura, circa, gli scendeva fino alle ginocchia. In testa aveva uno stetson sciupato, uno di quei cappelli conosciuti in commercio col nome di Baden-Powel. Portava una cintura nella quale c’era un revolver automatico di grande calibro pronto per qualsiasi evenienza e alcune cartucce di ricambio.

Scarica il libro da qui

Roberto De Giorgi

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