La cosca corleonese

La cosca corleonese è stata sicuramente la famiglia mafiosa più potente esistita sia in Italia sia nel mondo.
Questa “onorata società” mise le sue fondamenta verso la fine degli anni ’50, quando l’allora capo della cosca di Corleone, Michele Navarra, venne fatto fuori da Luciano Leggio, Liggio, e la sua piccola banda tra cui facevano parte Totò Riina e Bernardo Provenzano…
Questo diede inizio alla cosiddetta guerra di mafia di Corleone.
Navarra e il suo giovane medico Giovanni Russo vennero fatti fuori da nientemeno di più di 90 colpì di mitragliatrice dalla cosca corleonese fronteggiata da Liggio, seguì un aperto massacro che porto all’avanzamento della famiglia di Corleone capeggiata oramai da Liggio per mezzo dell’uccisione di tutti i membri della famiglia di Navarra.(Di chisti autri ca’ un arristare unu vivu, di questi uomini non ne deve restare nessuno in vita, Lucianeddu rivolgendosi ai suoi ragazzi).
A questo punto la cosca corleonese espanse il suo potere cercando di entrare nei traffici più grandi di Palermo. Tramite l’aiuto di Vito Ciancimino, Liggio e i suoi vennero messi in contatto con un pezzo grosso di Palermo, Salvatore la Barbera, per entrare nel flusso ormai crescente e dinamico di contrabbando e sigarette, carne e altre materie prime che nel territorio stavano cominciando a fiorire come necessità.
Riina, Provenzano e Bagarella iniziarono a creare un loro piccolo giro al di fuori degli occhi dei capi.
Gli affari stavano andando alla grande per tutti, comunque da un malcontento generato dalla divisione degli appalti tra le cosche, Michele Cavataio, un boss locale, istillò tra tutte le famiglie uno dei primi massacri sequestrando e uccidendo la Barbera.
Seguì una strage e la cosca corleonese, insieme alle famiglie con più “testa” si dileguarono dalla circolazione per far calmare le acque.
Successivamente a questo venne istituita la commissione
ove tutti gli affari, omicidi, traffici, insomma le attività illecite venivano discusse, avanzate e approvate o no dai membri più importanti, quali Bontade, Inzerillo, Badalamenti, Greco e altre figure importanti del palermitano… tra qui presiedeva anche Liggio, con braccio destro Riina.
Liggio aveva allentato la presa sugli affari diretti di Palermo, e stando a Milano, lasciò tutto in mano a Riina, non intenzionalmente ma con le abilità e l’ingegno del Riina.
Uno ad uno riuscì a sovvertire le regole e a convincere tutti i palermitani che non era la cosca corleonese che non rispettava le regole, ma c’era dello scontento generale in tutta la Sicilia e che bisognava essere più furbi, ma allo stesso tempo si mise in una posizione servile che, agli occhi dei palermitani li scagionava dalle accuse dei sequestri che stavano avvenendo nella zona, uno dei più importanti quello di Antonino Caruso, figlio dell’industriale Giacomo Caruso e figlioccio dell’onorevole Bernardo Mattarella, quando invece furono proprio loro a escogitarli.
Questo fu il principio dell’ascesa del Riina e la famiglia corleonese che da lì a poco, tramite le abili mosse del boss, divenne una delle più potenti, anzi la più potente mai esistita sulla faccia della terra per crudeltà.
Una delle caratteristiche principali di questa famiglia era quella di non seguire le regole o le forme di rispetto che vigevano tra uomini d’onore , infatti, come per Corleone ci fu un’altra guerra di mafia che Tommaso Buscetta, al famoso interrogatorio con Giovanni Falcone, definì come massacro.
“Non è stata una guerra dottore, è stato un massacro,. Una caccia all’uomo scatenata dai Corleonesi”
L’impero di Riina cresceva indisturbato tramite accordi illeciti, tradimenti, e cose davvero indicibili, nemmeno donne e bambini venivano risparmiati dalla sete di potere del Riina, che utilizzò qualsiasi mezzo per raggiungere e mantenere il potere, anche grazie a molti favoritismi e alle sue “buone maniere”.
La famiglia di San Giuseppe Iato veniva chiamata oramai che diventò la più potente di tutte, la più rispettata, nessuna osava opporvisi, era come dare guerra ad un leone in un arena da gladiatore senza nessun arma o protezione.
L’acido era la sua firma, migliaia di persone vennero sciolte nell’acido, anche solo per sospetto.
Totò Riina puntava a diventare il capo di stato ovviamente non in modo lecito, e grazie a questo perse l’appoggio di molti dei suoi uomini perché era un passo troppo rischioso, e alla fine, dato proprio da questi metodi che è meglio lasciare nel passato, Balduccio di Maggio, uno dei suoi più fidati uomini, forse per rimorso, decise di smascherarlo e alla metà del Gennaio del ’93, l’operazione Belva, catturarono finalmente il capo dei capi .
Salvatore Corallo
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