Il mio amore col fiore in bocca

E’ un libro particolare, uno short book, quei piccoli libri (70 pag) che una volta si chiamavano tascabili. Un viaggio della speranza per un evento sanitario accaduto oltre dieci anni fa.
Scrive una lettrice danese su Amazon: ” È ovviamente un libro diverso da quelli che leggo di solito e mi è piaciuto. L’ho trovato molto onesto, aperto e informativo. Un viaggio che solo chi vive la malattia può comprendere appieno ma sono contento di averlo letto, ho potuto vedere le cose con gli occhi delle persone care.”
Il Libro è un diario personale che racconta il viaggio di una coppia attraverso la malattia, utilizzando la metafora del fiore in bocca di Pirandello. L’autore descrive lo shock iniziale della diagnosi della compagna, un tumore alla gola, e la difficile ricerca di cure adeguate tra Taranto e Roma. Il racconto si intreccia con una critica alla sanità del Sud Italia, evidenziando carenze strutturali e disorientamento nei percorsi di cura.
Il diario raccoglie pensieri scritti nei momenti di attesa, riflessioni sul dolore, la speranza e la resilienza, tra visite mediche e incontri con altri pazienti. La città di Taranto, con la sua realtà inquinata, emerge come possibile causa della malattia, rafforzando il senso di ingiustizia. L’ospedale Regina Elena di Roma diventa il simbolo di un “viaggio della speranza”, dove la coppia affronta la battaglia contro il male, tra ansia, solidarietà e la ricerca di risposte.
Il mio libro ha un taglio da cronista, un compagno che ha osservato quel frammento di vita che gli è passato davanti, talvolta indiscreto, ma con tanto rispetto verso quest’umanità che è colpita dal male del terzo millennio. Un libro dedicato a tutti gli operatori, agli angeli che sono impegnati nel settore socio-sanitario, che sono un terreno fertile dove nascono fiori autentici e non falsi, come quello che era nato in bocca all’amore mio.
Un frammento:
“Entrò in modo furtivo, quasi volando e con voce sottile disse: «volete un caffè?». Un modo per approcciarsi; portava il camice bianco, come altri, solo la targhetta “volontario” alla fine la qualificava in modo differente. Ci presentò un mondo diverso: questi volontari sono dappertutto, hanno il bancone in ogni reparto e curano il primo ingresso, la comunicazione esterna, quella più vicina agli ammalati, sottratti al primo impatto di frettolosi infermieri.
Lei ci raccontò la sua esperienza: “che pensa? Anche io sono passata da qui, ero una mamma felice e mi capitò il male del secolo; quando mi operarono al seno, la prima cosa che vidi vicino a me, al risveglio fu un camice bianco con la scritta “Amso”, da quel momento pensai di offrire lo stesso impegno»

L’AMSO presente nel Regina Elena, ha 160 volontari. Camici e capelli talvolta anch’essi bianchi, stanno dappertutto, una presenza che tranquillizza. Se si pensa alla curva in basso della spesa sanitaria, in Italia, questa risorsa gratuita è davvero preziosa. L’AMSO gestisce una casa vicino alla stazione Termini, dove chi vuole può prenotarsi gratuitamente per le visite all’Istituto Nazionale Tumori dedicato ad una Regina.
Ecco perché ho dedicato un capitolo intero a questi angeli e a quell’angelo biondo che entrò durante la prima chemioterapia, per pareggiare il conto, mentre il killer delle cellule cattive entrava in vena e il mio amore sfioriva e appassiva sotto la guerra chimica che devastava tutt’intorno. Orecchie comprese.
per scaricare il libro da ogni store online gratis