La ‘Tregua” di Primo Levi

Scritto nel 1963, quindici anni dopo “Se questo è un uomo” che è del ’47, è un romanzo più maturo che parla in modo drammatico, ma senza il clamore nelle orecchie del primo dopoguerra ad appena un anno dal ritorno a casa.
Sulla “Tregua” già la Rai aveva trasmesso anni addietro su Rai2 il film del 1997 con l’ultima regia di Francesco Rosi, mentre ieri sera La7 nello spazio di Corrado Augias (il giornalista che recentemente sui social sta avendo diverse centinaia di migliaia di auguri per il suo 90esimo compleanno) ha riproposto il film sulla sciagurata conclusione della guerra attraverso la penna del maggiore narratore della Shoa.
E’ un libro che fa riflettere. Tutti noi celebriamo il giorno della liberazione, non pensiamo al dramma del rientro, senza scarpe, per migliaia di chilometri. Ecco perchè il nome “tregua” e non fine.
Il 27 gennaio 1945 segna la liberazione del campo di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa. La Germania nazista, ormai in ritirata, ordina l’abbandono e la distruzione dei campi di concentramento per cancellare le tracce dei crimini. I prigionieri sopravvissuti, lasciati al loro destino, tentano di tornare a casa.
Tra di loro c’è Primo Levi, deportato come partigiano ed ebreo, che racconta il suo lungo e travagliato viaggio di ritorno a Torino. Sei mila miglia per tornare a casa.
Nel viaggio, Levi è accompagnato da un gruppo di italiani: Cesare, un romano estroverso; Daniele, un veneto senza famiglia; Ferrari, un ladro; un violinista; e D’Agata, siciliano. Importante è anche l’incontro con Mordo Nahum, un ebreo greco astuto e pragmatico, che influenza Levi con la sua capacità di sopravvivere.
Il viaggio è ricco di difficoltà: lunghi tratti a piedi, treni di fortuna e situazioni impreviste. A Monaco, Levi mostra la sua uniforme da deportato a un soldato tedesco prigioniero, che si inchina in segno di pentimento. Infine, Levi torna a Torino, dove può riabbracciare la madre e la sorella.
Da segnalare gli interpreti John Turturro: Primo Levi; Massimo Ghini: Cesare; Rade Šerbedžija: il Greco; Roberto Citran: violinista; Claudio Bisio: Ferrari Andy Luotto: D’Agata
Dobbiamo parlarne, anche dopo il Giorno della Memoria. Segnalando anche fatti della cronaca politica.
In molte iniziativa di ieri sera è balzato negli interventi, anche di esponenti di sinistra, l’apprezzamento del discorso della Meloni che ha affermato: : ‘La Shoah abominio nazista, fascismo complice”
Il fatto di parlarne è anche legato alla lettera di Giuliana Segre al comune di Milano
La senatrice a vita Liliana Segre ha inviato una lettera al consiglio comunale di Milano in occasione della creazione di una “Commissione Speciale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio”, ispirata alla commissione che presiede in Senato. Segre sottolinea come i discorsi d’odio, alimentati dalla pervasività dei social media, siano in crescita e rappresentino un grave rischio per la convivenza civile. Tra le cause principali evidenzia le guerre, le disuguaglianze sociali, le migrazioni globali e lo squilibrio tra Nord e Sud.
La senatrice esprime apprezzamento per l’iniziativa milanese, ritenendo la commissione uno strumento necessario per combattere razzismo, antisemitismo, omofobia e violenza contro le donne. Tuttavia, denuncia la scelta di alcune Big Tech, come Facebook, Apple e “X”, di abolire strumenti di fact-checking e limitare le tutele contro l’hate speech online. Segre evidenzia l’importanza delle normative europee, come la Legge sui servizi digitali (DSA) e quella sui mercati digitali (DMA), nel tutelare i diritti e garantire un equilibrio tra libertà di espressione e lotta alla discriminazione.
Tornando al film di Rosi e al giovane il 27enne che corre a Torino verso casa, gustando nella sua riconquistata libertà il senso di una vittoria della nazione, valga questo come monito verso chiunque voglia qui o altrove ripercorrrere il periodo più buio della Storia contemporanea.