Lavoro migrante: Gloria Gravina

Di Francesca Dallatana Parma, 26 gennaio 2025 –
Un affresco della Romania contemporanea. Quasi una rappresentazione teatrale. La scenografia è l’analisi di sfondo. Sul palcoscenico si muovono e vivono le storie di vita e di lavoro di donne e uomini e ragazzi romeni. Non è fiction. E’ passato prossimo fino all’attualità.
Romania, sul confine d’Europa. Oggi, membro dell’Unione europea anche se non ancora nell’Eurozona.
Il soffio creatore dell’ideale rappresentazione è di Gloria Gravina, professore associato presso Universitatea de Vest di Timisoara, città romena ricca di storia, arena della prima rivolta sociale che relega Nicolae Ceausescu e il suo regime all’oblio della Storia.
Artisticamente versatile, intellettualmente agile, si muove tra le sollecitazioni dell’intervista come uno scrittore in fase di costruzione e di preparazione del canovaccio di un romanzo.
Racconta la Romania, non parla di se stessa.
La narrazione di Gloria Gravina esonda dal tracciato e spinge la curiosità verso una puntuale analisi delle cause sociali e storiche che compongono l’affresco rumeno di oggi. Le ha vissute da dentro le dinamiche del mutamento sociale rumeno, come osservatrice partecipante.
La Gazzetta dell’Emilia l’ha incontrata e l’ha conosciuta grazie alla presentazione della sua personale di pittura dal titolo “Donne, volti, sguardi, ris-volti”. E’ suo il pennello che ha dato tratteggio e colore sulla tela a esistenze femminili colte nell’attimo fuggente di un pensiero, un lampo negli occhi, un moto di tristezza ricacciato indietro e trasformato in espressione ieratica.
Promossa dall’amministrazione comunale di Fornovo di Taro, la personale di pittura si è tenuta presso la sala consiliare del municipio, ed è terminata a metà gennaio.
Un progetto artistico di alta valenza sociale a coronamento di un percorso di ricerca e di studi dedicati alla Romania, alla condizione femminile e sociale in Romania e all’indotto emotivo e relazionale della migrazione femminile romena in Italia e in Europa.
Arte pittorica e musica sono tasselli fondanti del patrimonio culturale di Gloria Gravina. Il viaggio della ricerca sociale si innesta nella cornice eclettica della sua osservazione dedicata al mondo, alla Romania, al fenomeno delle migrazioni dalla Romania per l’Europa.
Sine ira et studio, senza parzialità e con obiettività: è così che la studiosa ha affrontato la ricerca. La versatilità le ha permesso di avvicinarsi alle testimoni significative della ricerca in modo diretto. E inaspettato.
Timisoara, 2009.
Timisoara è una delle più belle città del Paese. Capitale della cultura nel 2023. La provincia eponima di riferimento è Timis. La regione è Banato. L’incarico accademico di Gloria Gravina a Timisoara è durato per oltre quindici anni. Una convivenza partecipata. A Timisoara arriva grazie a un incarico del Ministero degli Esteri, dopo avere vinto un concorso. E’ lettore di italiano presso la facoltà di Lettere al dipartimento di lingue moderne presso l’Università dell’ovest. E contestualmente è addetto culturale del Consolato generale d’Italia a Timisoara, che era la seconda sede di rappresentanza diplomatica nel Paese. In una regione dove la presenza italiana era significativa per la delocalizzazione di molte aziende.
L’insegnamento è solo uno strumento, che le permette di arrivare al cuore profondo del Paese. Non si limita a frequentare funzionari del Ministero degli Esteri e del consolato italiano. Incontra gruppi sempre più ampi di studenti e studentesse, ogni giorno. Le lezioni diventano luoghi di incontro e di narrazioni.
E’ la vita della Romania. Fuori dalle righe della relazione formale tra docente e allievi. Uno sconfinamento catartico. Tanto vivace e ricco da spostare il fuoco della curiosità intellettuale della studiosa verso la sociologia. Incontra studentesse e studenti di diverse generazioni. Vede in diretta gli effetti sociali della migrazione delle donne rumene verso l’Italia, i Paesi europei. E non sono solo quelli che in gergo bancario si chiamano rimesse. E’ un riverbero di onde che spingono le ragazze verso una maggiore consapevolezza e autonomia.
“In Romania – afferma – ci si iscrive all’Università a diciannove anni. L’istruzione universitaria è gratuita. Hanno frequentato le mie lezioni di italiano ragazze e ragazzi provenienti dalla Romania profonda, dai villaggi. Il sat è il villaggio. Sat è la derivazione finale di una contrazione della parola latina fossatum. Il sat è il luogo delle relazioni familiari e di comunità e delle tradizioni. I rumeni sono legatissimi alle tradizioni. Con gli studenti e le studentesse parlavo della loro vita di comunità, della loro vita nel sat.”
La lingua italiana è il veicolo di un avvicinamento empatico alla cultura locale. A partire dalle descrizioni della vita nel sat, nel villaggio. “Le lezioni erano un continuo dibattito di gruppo sulle tradizioni, la vita di comunità, le relazioni tra i generi. E il racconto delle danze popolari in cerchio in una spirale di musica in un girotondo di suoni balcanici. Tutti i ragazzi conoscono le danze popolari. Dagli studenti un colorato racconto della quotidianità delle famiglie allargate composte da nonni, genitori e figli e spesso bisnonni. Famiglie composite che tengono insieme diverse generazioni. In Romania ci si sposa presto, anzi ci si sposava presto.”
Il 2009 è il primo anno rumeno per Gloria Gravina. “Molte delle ragazze in corso al secondo e al terzo anno si sposavano. Erano molto giovani. Molte di loro finivano l’Università in gravidanza oppure già mamme.”
Nel corso della docenza alla facoltà di lingue straniere la società romena cambia. Tra il 2005 e il 2009 dalla Romania emigra un alto numero di donne, le professioniste del lavoro di cura, così dette badanti. Donne che hanno fatto fatica. Che hanno avuto paura. Ma che hanno tenuto la barra al centro della motivazione. Un fenomeno complesso con parecchie umane e sociali sfumature difficili da cogliere. Seppure a distanza di anni non è facile raccontare. A dieci anni di distanza, nel 2019, le studentesse che frequentano i corsi di lingua italiana sono le loro figlie. “Negli ultimi anni quasi nessuno si sposava in corso. Dal 2009, molto era cambiato. L’età del matrimonio e della maternità si era alzata.”
Romania in mutamento.
Sotto la lente della docente, la differenza di genere, i rapporti tra i generi maschile e femminile e il mutamento sociale. Al centro dell’attenzione le aspirazioni delle ragazze, le abitudini relazionali dei ragazzi e quelle comunitarie. Non le sfuggono le osservazioni, i commenti, le aspirazioni delle ragazze. Ma parte da una immagine eloquente: “In occasione di una intervista José Miguel Viñals Ariño, console spagnolo, mi ha raccontato il suo primo impatto. Arrivato in Romania ha preso parte a una cena di benvenuto. A tavola sedevano solo gli uomini. Le donne avevano preparato e poi si erano ritirate per la cena, rigorosamente separata tra uomini e donne. Parliamo di persone della classe media, gente che può invitare un console a cena.” Donne e uomini: due mondi separati e lontani, un rapporto sbilanciato con forte dominanza di uno dei generi sull’altro. “Le ragazze esprimevano desiderio di sposare un italiano. Perché? Chiedevo. Perché gli uomini italiani sono gentili. Rispondevano così. Le donne rumene sono bellissime, sono pratiche ed efficienti. A loro è affidata la gestione delle famiglie. Marco Paladini, un artista italiano che ha vissuto e operato per oltre un decennio come artista in Romania le chiama Silfidi (figura della mitologia germanica di corporatura agile e snella, ndr). Gli uomini invece hanno un atteggiamento diverso. E’ un retaggio culturale, conseguenza di un assetto sociale che vede come nucleo centrale la famiglia patriarcale.”
Contenuti sociali e storie di comunità animano le lezioni. Il focus dell’interesse culturale della docente si sposta verso la sociologia, verso l’indagine sociologica. In primo piano, le giovani generazioni. In sottofondo le migranti, quelle che sono andate via mantenendo un legame con il gruppo familiare di appartenenza.
La lingua, un veicolo della narrazione. “I progetti per il futuro, le aspettative e le paure, gli obiettivi da raggiungere. La volontà di migliorare la propria vita. Uno spontaneo e corale flusso di coscienza che ha trasformato le lezioni in incontri ricchi di informazioni precise sulle comunità e sulla società romena in evoluzione.”
Dieci anni di docenza e di osservazione partecipante hanno permesso alla studiosa di alimentare la propria curiosità intellettuale e conoscere con sempre maggiore attenzione le dinamiche della società rumena. Una relazione biunivoca che ha condizionato anche gli studenti e le studentesse. “Nei primi anni a Timisoara, ho seguito circa diciotto, venti studenti. Negli ultimi anni i corsi contavano diverse centinaia di studenti.” Lezioni ad alta partecipazione, come quelle di sociologia della musica e delle discipline complementari alle quali si dedica negli ultimi anni Gloria Gravina. “Gli insegnamenti erano in lingua italiana. Attraverso di me studentesse e studenti hanno incontrato mondi diversi rispetto al loro. Molti di loro, studentesse e studenti, se ne sono andati all’estero dove hanno intrapreso brillanti carriere professionali di successo e di grande soddisfazione.”
Ai confini tra le discipline, i fuochi di sviluppo delle indagini sociali di forte attualità.
Sguardi e ris-volti.
Osservando le figlie, la studiosa vede in filigrana le madri. Donne che partono con una valigia essenziale e un bagaglio esistenziale emotivamente impegnativo. Hanno dimostrato e dimostrano flessibilità e intraprendenza. La loro è una vita a scavalco tra la Romania e l’Italia, tra la Romania che lasciano e quella nuova che contribuiscono a costruire.
Gloria Gravina vede l’altra Romania. Tra le pieghe di quella affaticata c’è anche quella che orgogliosamente accompagna le donne verso un’autonomia, fino ad ora poco nota.
La docente è a scavalco anche lei, tra la Romania e l’Italia. Dove intervista un significativo campione di assistenti alla persona, le badanti romene dedite al sollievo delle famiglie italiane. A valanga, le intervistate segnalano alla ricercatrice le colleghe badanti, mentre lei intervista e scrive e compone l’affresco dell’indagine sociale della ricerca originale sul campo seguita dal coordinatore scientifico Ciprian Panzaru. “La sindrome Italia: l’altra faccia della medaglia. Storie di badanti romene in Italia.”: questo è il titolo della ricerca della tesi dottorale, che le ha permesso di approfondire in modo scientifico il tema di interesse sbocciato durante la docenza. La preparazione emotiva e culturale è avvenuta in Romania, nelle aule dell’Università di Timisoara, dove ha osservato gli effetti della migrazione femminile romena sulle studentesse e sugli studenti e sulla società.
La sindrome Italia è il nome della catena di sintomi riscontrati in alcune pazienti con vissuti di migrazione e di permanenza in Italia come badanti: tristezza, insonnia, depressione. Gloria Gravina cita i medici psichiatri ucraini dell’Istituto psichiatrico Socola a Iasi che hanno dato un nome al disagio espresso dalle badanti. E osservano il fenomeno attraverso le lenti della psichiatria dei Paesi dell’est. Molto diverse rispetto all’approccio occidentale.
Ricercatrice e docente migrante fra le migranti, Gloria Gravina toglie il velo al Paese profondo. Ha conosciuto le figlie e i figli, prima. Ora incontra le madri e si ritrova a intervistare donne consapevoli che hanno scelto di lasciare tutto e che hanno camminato e camminano verso l’autodeterminazione. E’ l’altra faccia della Romania. Quella che orgogliosamente imbraccia un inizio nuovo, una modalità diversa. Si va e si torna. Il bagaglio al seguito è la cultura, gli elementi che definiscono appartenenza ma anche autonomia e capacità di adattamento.
Diversi i contributi scientifici della docente dopo la ricerca sul campo, condotta nell’Italia centrale e del mezzogiorno. Pubblicati sulle colonne di prestigiose riviste scientifiche. Solo alcuni titoli: con Ciprian Panzaru “Care Drain. From East to West. The narrative of Romanian Women Migrant Working in Italian Domestic Care Sector.”
E ancora, scritto con Carlotta Costanzo “Romanian migration. The Italy Sindrome and the other side of the coin.”, European Review of Applied Sociology, Volume 15, 2022. Un altro articolo, in italiano e in romeno sulla rivista Orizzonti culturali Italo-Romeni: “Badanti romene in Italia: una scelta consapevole verso l’autodeterminazione.”
A corollario dell’indagine, la ricercatrice ha realizzato un documentario, presto presentato in prima nazionale a Foggia presso il Palazzo della Cultura. Protagoniste, le intervistate. I loro volti, ripresi dalla telecamera. E i ris-volti personali e sociali della migrazione. Le donne di Romania hanno affidato la loro testimonianza alla studiosa.
Una nuova migrazione, un nuovo impegno professionale ha portato oggi Gloria Gravina ad Algeri dove attualmente dirige la scuola italiana “Roma”.
Un suggerimento per i lettori della Gazzetta dell’Emilia per conoscere da vicino la Romania e il mutamento sociale in corso? “Il libro di Andrea Bajani: “Se consideri le colpe. Un ritorno in Romania dall’Italia. Il libro è ambientato negli anni dieci del terzo millennio. E un film: 4 mesi, 3 settimane e due giorni. E’ la fotografia di un evento traumatico. Protagoniste sono due ragazze che vivono in uno studentato. L’epoca è quella di Ceausescu.”
Romania, Italia, ora Algeria. Il suo racconto, per ora, si ferma alla Romania, il Paese che fa vibrare nel profondo le corde di Gloria Gravina. Le arti sono un mezzo per rappresentare l’intero ventaglio di colore di una società in movimento.
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(Link rubrica: La Biblioteca del lavoro e lavoro migrante ” https://gazzettadellemilia.it/component/search/?searchword=francesca%20dallatana&searchphrase=all&Itemid=374