Il caso Serbia-Slovacchia

di Raffaele Gaggioli
A prima vista, la Slovacchia e la Serbia non hanno nulla in comune al di là dell’essere entrambe in Europa. La prima si trova nell’Europa centrorientale e fa parte sia della Nato, sia dell’Unione Europea. La seconda è in Europa sudorientale, ma è politicamente più vicina a Mosca e a Pechino che a Bruxelles e a Washington.
Mentre la politica serba è controllata da più di dieci anni dal Partito Progressista, movimento politico nazional-conservatore fortemente anti-occidentale, quella slovacca è stata per lo più dominata da Direzione – Socialdemocrazia, partito di centro-sinistra fortemente europeista.
Nonostante queste apparenti differenze, entrambi i Paesi sono stati però recentemente sconvolti da una serie di proteste anti-governative e i rispettivi capi di stato stanno reagendo quasi allo stesso modo di fronte al rischio di perdere il loro potere.
In Serbia, la protesta contro Aleksandar Vučić è dovuta alla dilagante corruzione che attanaglia il Paese balcanico oramai da decenni. Il crollo di una tettoia della stazione ferroviaria di Novi Sad lo scorso 1° novembre, dove sono morte 15 persone, è stata quindi la proverbiale scintilla che ha fatto scoppiare il malcontento popolare. Nel corso degli ultimi 3 mesi si sono quindi moltiplicati in Serbia scioperi e altre proteste soprattutto da parte di studenti universitari.
Sebbene il governo di Belgrado abbia già rilasciato centinaia di documenti sulla ristrutturazione della linea ferroviaria, la maggior parte dei quali esonerano Vučić da qualsiasi responsabilità, le proteste non sembrano accennare a diminuire. Molti degli studenti coinvolti pretendono ora le dimissioni dei ministri responsabili per l’incidente e maggiori sforzi contro la corruzione.
Di fronte alla continuazione delle proteste e scioperi, il governo serbo ha reagito con il pugno di ferro. Molti studenti hanno denunciato di aver ricevuto minacce o di essere stati arrestati senza alcun motivo. Si sono inoltre moltiplicati i casi di automobili guidate contro i gruppi di scioperanti, i cui guidatori vengono poi graziati dal governo.
In maniera simile alla Serbia, le proteste in Slovacchia sono dovute alla corruzione dilagante ma anche alla politica estera filorussa del primo ministro Robert Fico. Fico è oramai al suo terzo mandato come primo ministro ed è stato accusato più volte di stare diventando sempre più autoritario ed antioccidentale.
Il suo terzo mandato è stato infatti caratterizzato dalla sua alleanza politica con il partito nazionalista slovacco e dal sostegno diplomatico per la Russia nel corso del conflitto in Ucraina. Lo scorso dicembre, non solo Fico si è recato a Mosca per offrirsi come mediatore diplomatico per il conflitto, ma ha anche accusato Kiev di essere responsabile della crisi energetica, causata dall’interruzione dei rifornimenti di gas russo che attanaglia la Slovacchia.
Il tentativo di Fico di incolpare Kiev per i problemi energetici ed economici della Slovacchia non sembra però aver ottenuto i risultati sperati. Solo nell’ultima settimana, migliaia di manifestanti sono scesi in piazza in 28 città slovacche per chiedere le dimissioni del primo ministro, accusandolo di voler condurre il Paese al di fuori dell’Unione Europea.
Sia il governo serbo, sia quello slovacco hanno reagito allo stesso modo di fronte a questi sviluppi, accusando l’Occidente di essere responsabile delle proteste. Secondo Vučić e Fico, i loro oppositori politici starebbero lavorando con agenti stranieri per compiere un colpo di stato ed installare nuovi governi fantoccio.
Simili accuse erano già state usate dalla Russia nel 2014 quando le proteste di piazza Maidan avevano portato alle dimissioni del governo filo-russo in Ucraina. A differenza del 2014, la Russia non può però intervenire direttamente in Serbia o in Slovacchia, dato che non confina con nessuno dei due Paesi.
Anche l’Unione Europea sembra però incapace di intervenire in alcun modo, a causa del sostegno ungherese per Belgrado e Bratislava. Bruxelles appare anche riluttante a condannare l’operato di Fico e Vučić per il timore di complicare ancora di più i rapporti politici e commerciali tra le varie nazioni europee.
A questo punto, non rimane che attendere e vedere l’evolversi della situazione. Il governo serbo ha autorizzato l’arresto dell’ex ministro dei Lavori pubblici Goran Vesić, mentre quello slovacco ha offerto di indire elezioni anticipate.
In entrambi i casi, tuttavia, il compromesso offerto dal governo sembra solo aver energizzato l’opposizione. Oramai le proteste serbe pretendono anche un rilassamento della censura, la liberazione degli studenti arrestati e maggiore trasparenza da parte degli organi governativi.
Nel frattempo, sembra che Fico abbia perso la maggioranza nel parlamento slovacco. Quattro deputati della sua coalizione governativa hanno infatti dichiarato che per ora non voteranno in aula, bloccando indefinitamente l’operato del suo governo.
Raffaele Gaggioli
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