Passato e Presente di Antonio Gramsci

Passato e Presente di Antonio Gramsci è anch’esso scritto dal carcere, come quelli comunemente descritti ‘quaderni’.
Nato in Sardegna, nella provincia di Oristano a Sales nella storica regione della Marmilla, ora paese famoso per aver dato i natali al fondatore del Partito Comunista Italiano.
Evento pubblico che realizzò nel 1921 quando aveva 29 anni. Solo per tre anni, fino al 1926 fu segretario nazionale del PCI.
A 35 anni entra in carcere a vita dopo l’arresto da parte del regime fascista l’8 novembre 1926. Mussolini aveva infatti disposto l’arresto dei deputati comunisti, in modo da impedire loro di partecipare alla seduta di Montecitorio del giorno seguente.
Per dieci lunghi anni, novello Conte di Montecristo, scrive un’ opera monumentale, non per quantità di pagine ma per aforismi densi di contenuto che entrano di diritto nel lessico politico anche oggi.
Uscirà nel 1934 per problemi di salute e passò dal carcere alla clinica dove spirò nel 1937. Aveva 46 anni.
Il libro è recuperabile online tra quelli usati o formato digitale, ma noi lo abbiamo preso dal sito Liber e lo proponiamo dopo aver letto qualcosa.
Innanzitutto, pensieri che scorrono da un tema all’altro, come per esempio «Perché gli uomini sono irrequieti?»
Segue una spiegazione che occupa tre quarti di pagina, poi passa a «Del sognare ad occhi aperti e del fantasticare», che occupa sei righe, per poi andare a «La tendenza a diminuire l’avversario.»
Mi soffermo su quest’ultimo che offre una chiave interpretativa dell’operato politico attualissimo. Gramsci scrive a proposito di questa tendenza:
“è di per se stessa un documento della inferiorità di chi ne è posseduto. Si tende infatti a diminuire rabbiosamente l’avversario per poter credere di esserne sicuramente vittoriosi. In questa tendenza è perciò insito oscuramente un giudizio sulla propria in[1]capacità e debolezza (che si vuol far coraggio), e si potrebbe anche riconoscervi un inizio di autocritica (che si vergogna di se stessa, che ha paura di manifestarsi esplicitamente e con coerenza sistematica)”
Poi continua su questo tema per mezza pagina fino a citare, in conclusione, uno spunto letterario:
nel capitolo XIV della seconda parte del Don Chisciotte il cavaliere degli Specchi sostiene di aver vinto Don Chisciotte: «Y héchole confesar que es más hermosa mi Casildea que su Dulcinea; y en solo este vencimiento hago cuenta que he vencido todos los caballeros del mundo, porque el tal Don Quijote que digo los ha vencido á todos; y habiéndole yo vencido á él, su gloria, su fama y su honra, se ha transferido y pasado á mi persona, Y tanto el vencedor es más honrado, Cuanto más el vencido es reputado; así, que ya corren por mi cuenta y son mías las innumerables hazañas del ya referido Don Quijote». traduzione:
E gli feci confessare che la mia Casildea è più bella della sua Dulcinea; e solo in questa vittoria mi rendo conto di aver vinto tutti i cavalieri del mondo, perché il Don Chisciotte di cui ho parlato li ha vinti tutti; ed avendolo sconfitto, la sua gloria, la sua fama ed il suo onore sono stati trasferiti e passati a me, e tanto più è onorato il vincitore quanto più è reputato lo sconfitto; Pertanto, le innumerevoli imprese del già citato Don Chisciotte spettano ora a me e sono mie
Passato e presente contiene circa duecento aforismi da gustare. Tra questi segnalo
«Critica del passato» (breve che riporto integralmente)
“Come e perché il presente sia una critica del passato, oltre che un suo «superamento». Ma il passato è perciò da gettar via? È da gettar via ciò che il presente ha criticato «intrinsecamente» e quella parte di noi stessi che a ciò corrisponde. Cosa significa ciò? Che noi dobbiamo aver coscienza esatta di questa critica reale e darle un’espressione non solo teorica, ma politica. Cioè dobbiamo essere più aderenti al presente, che noi stessi abbiamo contribuito a creare, avendo coscienza del passato e del suo continuarsi (e rivivere).
«Ottimismo e pessimismo» (breve che riporto integralmente)
“È da osservare che l’ottimismo non è altro, molto spesso, che un modo di difendere la propria pigrizia, le proprie irresponsabilità, la volontà di non far nulla. È anche una forma di fatalismo e di meccanicismo. Si conta sui fattori estranei alla propria volontà ed operosità, li si esalta, pare che si bruci di un sacro entusiasmo. E l’entusiasmo non è che esteriore adorazione di feticci. Reazione necessaria, che deve avere per punto di partenza l’intelligenza. Il solo entusiasmo giustificabile è quello che accompagna la volontà intelligente, l’operosità intelligente, la ricchezza inventiva in iniziative concrete che modificano la realtà esistente.”
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E poi su
«Apoliticismo», «Sovversivo», «Etica e politica» «I morti di fame e la malavita professionale» «Parlamento italiano», «Il mondo va verso…» e tanti altri in 165 pagine