Grumo. Un Centenario che forse odora di immortalità

La storia evidentemente non deve aver insegnato molto agli attuali grandi potenti della Terra, se pensiamo a un oggi che somiglia paurosamente a un passato nemmeno tanto lontano.
Ma se siamo qui a raccontarlo è solo perché, nel 1961 e veramente a un passo da una 3^ Guerra Mondiale tra USA e Russia, chi la fermò fu un Papa, Giovanni XXIII, riuscendo a far parlare direttamente tra loro i due nemici, John Fitzgerald Kennedy e Nikita Sergeevič Chruščëv (Krusciov) che finì per trasformarli addirittura in complici contro le loro stesse lobby interne, nella lucida consapevolezza di entrambi che il destino dell’Umanità e del Pianeta dipendevano solo dalle decisioni che avrebbero preso (v. Corriere PL. It “La Guerra: il futuro cominciato ieri”).
Dopo quel “Papa buono”, Roncalli, che aveva evitato un’Apocalisse annunciata, ancora altri due italiani sul “soglio di Pietro” (Paolo VI e Giovanni Paolo I) fino alla nomina, allora praticamente incomprensibile, di Giovanni Paolo II nel 1978: il “Papa Polacco” che poi, con la creazione della sua «Europa che respira a due polmoni, uno a Oriente e uno a Occidente» ha finito col renderla così forte e strategicamente importante per gli equilibri internazionali, da divenire l’ago della bilancia fra tutte le maggiori potenze mondiali in competizione tra loro. Un vero e proprio capolavoro geopolitico, questo che, alla prova dei fatti, ha funzionato benissimo per il Vecchio Continente per ben oltre 30 anni e con grandi vantaggi per tutti e per la stessa pace nel mondo. E cioè fino alla credibilmente provocata invasione della Russia ai danni dell’Ucraina del febbraio 2022: quel famoso «Abbaiare della Nato alle porte di Mosca» che è finito poi col divenire «la guerra mondiale a pezzi» che preoccupa Papa Francesco perché, dimenticando Dio, il mondo si sta già dividendo in due e, ancora oggi più di ieri, la fine dell’Umanità o, nella migliore delle ipotesi, la fine della nostra attuale Civiltà sono inquietanti prospettive concrete.
Nessuna esagerazione, perciò, nel definire un capolavoro quell’ordine mondiale a impronta e firma finale di Karol Wojtyla che però, senza nulla togliere a Lui , era anche il frutto di un lungo lavoro di tessitura della inarrivabile Diplomazia Vaticana che, dopo lo scampato pericolo di una guerra nucleare nel ’61, si è subito impegnata con tutte le sue forze, e attraverso ben 3 Papi prima di Lui (volendo pure conteggiare il brevissimo pontificato di Luciani) a costruire, insieme alla Politica, quella Pace rivelatasi effettivamente stabile e solida, anche perché improntata a quei millenari valori civili e cristiani che, se vogliamo, sono il fondamento e la vera identità della nostra Nazione e dell’Europa.
Una lunga premessa, la nostra, ma necessaria per capire il perché dell’assoluta importanza dell’evento di cui abbiamo voluto dare un annuncio degno della sua portata (v. Corriere PL.it “Grumo ricorda il suo Gigante dimenticato”) anche perché – non certo un titolo a caso – si trattava del Centenario della nascita del Cardinale Francesco Colasuonno: l’acuto diplomatico della Santa Sede formatosi alla scuola del Cardinale e Segretario di Stato Domenico Tardini, che da «“007” del Papa» ha avuto la possibilità di veder nascere sotto i suoi occhi, nel 1961, il Muro di Berlino, prima di venir mandato per oltre 5 anni a Washington nel 1962: e cioè giusto il tempo per poter conoscere quel J.F.K. (John Kennedy) che però, appena l’anno dopo, fu assassinato a Dallas.
Questo, prima di iniziare le sue delicate e perfino molto pericolose missioni per tutto il mondo, ma sempre con profili ufficiali volutamente bassi, al fine di preparare senza troppi sospetti il terreno per la caduta del muro di Berlino (9 novembre 1989). Ovvero il prodromo di quello che è stato «…a partire dalla seconda metà del secolo scorso, il più grande avvenimento della Storia moderna: la fine della Guerra Fredda». E il cui artefice sul campo, emanazione diretta e un tutt’uno con il Santo Padre a Roma, è stato proprio il cardinale Colasuonno. Come pure dimostra l’incarico da lui ricevuto, appena 4 mesi dopo, di primo Nunzio Apostolico nell’allora URSS (15 marzo 1990).
Una notizia inaspettata e che fece subito sensazione quella di un «… pugliese primo Ambasciatore del Papa a Mosca». Un’altra rivoluzione, infatti, perché non solo segnava la rinascita della Chiesa Cattolica nei territori dell’Unione Sovietica, dopo la lunga persecuzione subita, ma oltre a consolidare i rapporti tra Cattolici e Ortodossi (basti pensare a Bari “Capitale Universale della Pace” nel nome di S. Nicola nel settembre del ’90) ha potuto permettere al Cardinale Colasuonno di creare Amministratori Apostolici nella Russia Europea (Siberia e Kazakistan) e di rafforzare significativamente i rapporti della Santa Sede con l’Ucraina e, naturalmente, con la patria del Papa, la Polonia.
Molti libri su di lui, e altri in preparazione, a questo punto noi ci fermiamo qui con il nostro racconto che – impossibile sintetizzare più di tanto una vita straordinaria come la sua – altro scopo non ha che di restituire al Cardinale Francesco Colasuonno la memoria che gli spetta, ricordando tutto quello che ha fatto per la Chiesa, per il Mondo e per la Pace come fedele servitore del suo mentore, il Papa e Santo Giovanni Paolo II. Una serie di convegni e seminari già nell’agenda della CROSAT (Centro Ricerche Opere Storiche e Architettoniche del Territorio) a guida dell’avv. Giuseppe Antonelli che ne promuove e tutela il ricordo «anche a evitare che la riservatezza sul suo mandato, la sua umiltà e modestia proverbiali possano condannare a un inesorabile oblio questo “Artifex Pacis” che da “Nunzio Itinerante” ha portato alto il nome di Grumo in ogni angolo del pianeta».
Così dall’ambone della splendida Chiesa Madre – Parrocchia di S. Maria Assunta di Grumo a chiusura della solenne Celebrazione Eucaristica nel ricordo di quel “don Ciccio” per come gli piaceva essere chiamato dai suoi vecchi parrocchiani pur quando divenne un altissimo prelato e «primo atto commemorativo per il Centenario della sua nascita» organizzato dalla locale CROSAT questo 2 u.s. Cinque officianti sull’altare, la Corale Parrocchiale di Santa Cecilia e, oltre a un portavoce delegato dei Cavalieri di San Nicola di Bari, persino un drappello in uniforme del distaccamento locale dei Cavalieri del Santo Sepolcro… è alla fine una piccola processione quella che, dopo il rito cristiano, si poi è spostata verso il sacello, con al centro l’elegante arca sepolcrale del Cardinale, per una lunga, accorata preghiera e benedizione.
Alla presenza dei familiari ed eredi del Cardinale e anche con la partecipazione del Consiglio Pastorale e dei fedeli che hanno sfidato l’inclemenza del tempo pur di esserci, no, non ha davvero tralasciato nulla il parroco Don Michele Delle Foglie per realizzare una cerimonia intensa come poche e degna della ricorrenza. Solo un’amara considerazione, vedendo la chiesa non stracolma di gente come ce l’aspettavamo e nell’assenza quasi totale di giovani che forse ignorano addirittura chi sia stato il loro concittadino e magari pure il Papa e Santo che hanno permesso ai loro genitori o nonni di sopravvivere per dare origine a nuove generazioni.
Cartina di tornasole dell’ignoranza dilagante e di un pensiero laico che sta soppiantando storia, tradizioni e il pensiero di Dio, ma sarebbe finita così se gli appena nominati avessero per esempio ricevuto un Nobel per la Pace? «…A egregie cose il forte animo accendono l’urne de’ forti» ma ci sarà poi un risarcimento per il Cardinale Colasuonno per aver pagato con una lunga malattia l’impegno senza soste per salvare il Mondo e magari pure volato in Cielo nella speranza di poter essere ancora utile alla Chiesa come esempio per i posteri? Queste le domande che ci hanno accompagnato nei giorni a seguire, e che forse una risposta ce l’hanno. Agli altri, adesso, trovarla.
Enrico Tedeschi
http://www.corrierenazionale.net