Arturo Issel – Fra le nebbie del passato
Un geologo e paleontologo (1842-1922) che ci scrive dal passato, e per fortuna dobbiamo dire, altrimenti la sua scienza sarebbe rimasta nei simposi accademici.
Una delle cose che mi piace, nello scandagliare i libri dell’Ottocento che sono online è che gli scienziati allora erano davvero divulgativi.
Forse in tal modo pensavano che le loro idee dopo un secolo trovassero persone, ovvero lettori interessati.
E per farlo dovevano usare un linguaggio non scientifico, accattivante. Vedrete dopo, lo stile è narrativo, fluente come la barba dello scienziato.
Issel fu un genovese che come un altro genovese ebbe la passione dei viaggi e della scoperta. Subito dopo la laurea s’interessò allo studio della Scienza della Terra ed esordi a 22 anni, nel 1864, come scrittore pubblicando un testo che rivelò le scoperte di una grotta ossifera trovata nella zona di Finale Ligure, che verrà poi chiamata la Caverna delle Arene Candide.
Gli speleologici sicuramente lo amano per questo.
Ma la sua vera passione fu l’Africa, difatti Issel partecipò a diverse spedizioni in Africa orientale, compresa quella guidata da Orazio Antinori e Odoardo Beccari nel 1870.
Fu nominato professore ordinario di Geologia e Mineralogia presso l’Università degli Studi di Genova nel 1866 e nel 1870 ne ottiene la l’incarico definitivo che manterrà fino al 1891.
Arturo Issel diede un forte impulso alla formazione scientifica dei viaggiatori: il suo obiettivo era quello di fornire una preparazione di base (un’infarinatura) a tutti coloro che, anche solo occasionalmente, potevano raccogliere campioni, esemplari, osservazioni in giro per il mondo e riportarli alle istituzioni competenti in Italia.
Questo è un po’ quello che troveremo anche nel libro di oggi. Ecco un assaggio.
I Precursori
Nel fitto di una densa foresta una famiglia di selvaggi nudi ed inermi fugge atterrita dinanzi alla bufera che imperversa colla massima violenza: le nubi occultano la luce del giorno, il vento sibila, schiantando le piante e travolgendo virgulti e fogliame, guizzano vivide saette con tuoni fragorosi e cade una pioggia diluviale, mista di grandine.
I miseri cercano rifugio nel cavo di una rupe, ma ecco d’un tratto comparire una iena famelica, che fiuta la preda.
Uno di loro, stimolato dalla paura, raccoglie una selce per farsene un’arme, e, per meglio conseguire l’intento, la rende tagliente scheggiandola con altra pietra. Munito di questa difesa, egli affronta la belva, la ferisce e la mette in fuga
Rinnovando il medesimo artifizio, quei tapini improvvisavano nuove armi affine di respingere ulteriori assalti.
Nel percuotere la selce, avvenne che si sprigionassero scintille e mettessero fuoco alle stoppie; così coloro che fabbricarono i primi rozzi manufatti, furono indotti a suscitare di proposito la fiamma che doveva servire a riscaldarli, ad allontanare non solamente le iene, ma ancora i leoni, i leopardi, i lupi che infestavano quel territorio.
Più tardi quel fuoco sarà adoperato alla cottura degli alimenti…. Costoro, che abbiamo veduti in preda alle intemperie e insidiati dalle fiere, sono uomini o non piuttosto bruti? …. Quante migliaia d’anni trascorsero sull’ala del tempo dopo gli episodi coi quali ho iniziato il mio racconto?
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