Rai, Sanremo e la corsa ai ripari
Tutti noi, non sprovveduti tele- utenti abbiamo visto in questo periodo, almeno dall’estate scorsa, una Rai pervasa da una sorta di nervosismo proporre continuamente un ricordo del festival di Sanremo.
In tutti i format televisivi. Anche se in parte legati alle celebrazioni dei 70 anni della Tv pubblica.
In un primo tempo abbiamo pensato che tutto fosse legato anche all’uscita di scena di Amadeus e del suo super mattatore Fiorello dal concorso canoro.
Una coppia che nell’ultimo festival ha raggiunto punte, nella serata finale di più di 14 milioni di telespettatori pari al 74% con punte, dopo la mezzanotte, del 84,3%. Un successo che difficilmente si potrà raggiungere con la prossima edizione affidata a Conti.
Per scorrere la classifica, degli ultimi anni, nei festival diretti da Conti, unico record è del 2020 con picchi del 54% in terza serata.
La Rai è preoccupata? Ebbene si, anche dopo il fulmine a ciel sereno della sentenza del Tar Liguria.
Salva l’edizione del 2025 resta in forse quella del 2026. Cosa dice il Tar?
Il Tribunale amministrativo della Liguria dichiara illegittimo l’affidamento diretto alla Rai, da parte del Comune di Sanremo, dell’organizzazione del Festival della canzone italiana, ma dal 2026 il Comune dovrà bandire una gara pubblica aperta a tutti gli operatori interessati. Dopo 70 anni la Rai non avrà più alcuna esclusiva.
Né i Festival né il marchio possono essere qualificati come beni culturali
Per il momento vincerebbe il ricorso del ricorso del presidente dei discografici italiani Sergio Cerruti che con la sua società, l’etichetta JE, contesta la concessione dell’uso in esclusiva del marchio «Festival della canzone italiana» alla Rai.
Nell’accogliere in parte la tesi del ricorrente i giudici del Tar smontano la tesi del legame indissolubile tra marchio e format televisivo.
I giudici ritengono che una gara pubblica consentirebbe di elevare ulteriormente il livello qualitativo del prodotto.
Infine, la sentenza del Tar smonta anche l’argomento del Festival «patrimonio culturale del Paese»: «Né i Festival né il marchio possono essere qualificati come beni culturali».
Ora la politica entra in fibrillazione, il PD chiede la convocazione della commissione di vigilanza, la Rai corre ai ripari fa ricorso al Consiglio di Stato, Fratelli d’Italia si schiera a difesa della Rai.
Il presidente Cerruti batte cassa sui 50 milioni di diritti televisivi non percepiti e con questo ricorso, che spingerebbe fino in Europa, ha stretto la Rai in una morsa da scacco matto. E le altre Tv, a partire dagli americani della Warner Bross che ora hanno Amadeus, gongolano.