Il doppio gioco della turchia

Il doppio gioco della turchia
Turkish flag over Bosphorus boats, mosques, and minarets of Istanbul, Turkey

di Raffaele Gaggioli

L’unico termine con cui si può definire la politica estera della Turchia è doppio gioco. Nelle crisi internazionali degli ultimi anni, Erdogan ha tentato infatti di stare diplomaticamente con tutti e con nessuno.

Il recente scambio di ostaggi tra Mosca e Washington, il più grande dai tempi della Guerra Fredda, è una buona dimostrazione della quasi contraddittoria e multilaterale politica estera della Turchia. Senza la mediazione di Ankara lo scambio dei 24 prigionieri sarebbe stato infatti molto più difficile.

Per certi versi, la Turchia si trova in una posizione diplomatica quasi unica. Nonostante la crescente inimicizia tra l’Occidente e la Russia, questo membro della NATO continua a mantenere ottimi rapporti diplomatici con entrambi gli schieramenti.

Questo è dovuto in non piccola parte alle ambizioni diplomatiche turche verso gli altri paesi mediorientali. Sotto la leadership del presidente Recep Tayyip Erdogan, la Turchia ha infatti adottato una politica estera particolarmente aggressiva, sostenendo diplomaticamente e militarmente regimi e organizzazioni a lei alleate.

Il sostegno ad Assad durante la Guerra Civile Siriana e ai successori di Gheddafi durante quella libica, ha inaspettatamente portato ad un riavvicinamento diplomatico tra Mosca ed Ankara. Nonostante secoli di conflitto, le due nazioni finirono ben presto con il collaborare militarmente e politicamente per difendere i loro interessi comuni in Medio Oriente.

È più che probabile che Putin si aspettasse un qualche tipo di supporto da parte di Ankara, quando nel 2022 ordinò l’invasione dell’Ucraina. A sorpresa, Erdogan decise di schierarsi al fianco della NATO e di sostenere militarmente Kiev attraverso il rifornimento di droni.

Erdogan fu ovviamente motivato dal bisogno di difendere gli interessi turchi. A differenza della Libia e della Siria, Ankara non aveva nulla da guadagnare da una vittoria russa in Ucraina. Al contrario, la guerra rendeva impossibile l’invio del grano ucraino in Turchia, e rischiava quindi di causare una carestia nel Paese mediorientale.

Nonostante il supporto turco per Kiev e la successiva chiusura del Bosforo e dei Dardanelli alle navi russe, i rapporti diplomatici tra Ankara e Mosca sono rimasti quasi inalterati. Più di un osservatore internazionale ha fatto notare che i funzionari governativi russi possono ancora recarsi in Turchia, ed Erdogan ha rifiutato di applicare sanzioni diplomatiche contro la Russia.

Questa neutralità armata non è però abbastanza per le ambizioni di Erdogan. Sin dall’inizio della guerra tra Kiev e Mosca, il leader turco si è presentato come l’unica figura politica in grado di mediare un cessate il fuoco tra i due paesi esteuropei.

Non a caso, la Turchia è l’unico stato membro della NATO in cui Putin si può ancora recare in visita diplomatica senza rischiare di essere arrestato. Il presidente russo ha già visitato Ankara a febbraio, e il suo portavoce ha annunciato che un nuovo viaggio diplomatico verrà organizzato nei prossimi mesi.

Dato il successo dello scambio di prigionieri, è possibile che Ankara si stia preparando a diventare un luogo di incontro neutrale dove i diplomatici occidentali e quelli russi possano concordare un cessate il fuoco.

Erdogan è coinvolto diplomaticamente anche nel conflitto tra Israele e il gruppo terroristico di Hamas, ma con meno successo rispetto a quello ucraino. In questo caso, le iniziative diplomatiche di Ankara sono anche influenzate dall’alleanza di Erdogan con i partiti religiosi conservatori turchi, e anche indirettamente con la Repubblica Islamica d’Iran.

Da un lato, i rapporti commerciali tra Israele e Turchia non sono cambiati. Lo sforzo bellico di Tel Aviv è ancora sostenuto dal petrolio e dall’acciaio di Ankara.

Dall’altro lato, la retorica di Erdogan contro Tel Aviv si sta facendo sempre più dura. Il capo di stato turco ha accusato Benjamin Netanyahu, la sua controparte israeliana, di genocidio, e minacciato di inviare i suoi soldati contro lo stato ebraico.

Da parte sua, Netanyahu ha accusato Erdogan di essere un alleato di Hamas. I suoi leder sono stati recentemente accolti con tutti gli onori ad Ankara, e la nazione ha proclamato un giorno di lutto nazionale per Isma’il Haniyeh, capo politico di Hamas recentemente ucciso da un drone israeliano.

Peggio ancora, Ankara ha anche bloccato Instagram in Turchia poiché la piattaforma informatica continuava a censurare qualsiasi messaggio di cordoglio per la morte del terrorista palestinese. Tuttavia, Erdogan non ha fatto alcuna mossa contro le basi NATO presenti nei suoi territori, ora messe all’erta a causa delle crescenti tensioni tra Tel Aviv e Teheran.

Erdogan sta partecipando ad un gioco pericoloso, ma crede chiaramente di poterne trarre molti vantaggi.

Raffaele Gaggioli

Redazione

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.