Dichiarazioni (non) a caso

Dichiarazioni (non) a caso
Fonte immagine: Getty Images

Giovedì 4 maggio, il ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin, ha criticato il governo italiano per la gestione dei migranti che arrivano via mare, accusandolo di essere “incapace” di trovare soluzioni nonostante in campagna elettorale i partiti di destra avessero insistito molto sull’immigrazione. Gli fa eco, qualche giorno dopo, il capo del partito del presidente Macron, Stéphane Séjourné, che ha definito “disumana” la politica migratoria del governo.

Anche dalla Spagna arrivano delle critiche all’esecutivo di Giorgia Meloni. Yolanda Díaz, vicepremier e ministro del Lavoro nel governo socialista di Pedro Sánchez, ha fortemente criticato le politiche del lavoro del governo italiano, citando il decreto del primo maggio e attaccando Vox.

Glissando sulla veridicità delle loro affermazioni – cosa che conta relativamente, almeno per gli osservatori più attenti e meno inclini alle polemiche – l’unica cosa che vale la pena chiedersi è il perché di questo fuoco incrociato da parte di due tra i Paesi più legati all’Italia da una profonda e lunga amicizia.

Nulla si fa per caso, nemmeno gli attacchi. È bene chiarirlo, così come è opportuno sottolineare come esistano delle forti differenze politiche tra gli esecutivi coinvolti. Tutto ciò vale come premessa.

Dietro agli attacchi potrebbero esserci innanzitutto motivi elettorali. Francesi e spagnoli “parlano a nuora perché suocera intenda”, cioè a Marine Le Pen e a Vox, le destre europee che seguono gli sviluppi italiani con interesse. Se oggi si votasse in Francia, vincerebbe la figlia di Jean Marie con un discreto distacco, se lo si facesse in Spagna, il PP potrebbe governare in solitaria grazie all’apporto dei 40 seggi di Vox – e in Spagna si voterà per le amministrative il prossimo 28 maggio e per le Politiche alla fine del 2023.

Se fino a ieri Macron e Sanchez hanno puntato molto sulla delegittimazione delle destre in campagna elettorale, ad oggi un governo di destra a capo di un grande Paese – e che riesce, nonostante tutto, a stare in piedi – sta cambiando le carte in tavola. Per cui quel tipo di destra che Meloni rappresenta, può essere sdoganata anche al governo. E la situazione “peggiorerà” – per loro, si intende – nel caso in cui i due partiti principali della maggioranza riusciranno in qualche modo ad entrare nella maggioranza europea dopo il 2024.

Inoltre, quel tipo di destra che fino ad oggi è stata dipinta come euroscettica e anti-democratica, si sta dimostrando tutto il contrario: è salita al potere democraticamente, ha accettato la collocazione dell’Italia nella zona euro, dialoga – a fatica, sia chiaro – con gli altri Paesi e collabora assiduamente con le istituzioni europee.

Tutto ciò toglie argomenti di dibattito a Macron e alla sinistra di Sanchez.

Con i francesi, poi, le linee d’attrito non mancano. Il Piano Mattei rivolto all’Africa disturba una politica estera francese in declino in quella parte del mondo e il continuo batti-e-ribatti sull’immigrazione, con una crisi diplomatica aperta lo scorso ottobre non appena il governo Meloni si insediò.

Infine, è molto probabile che l’attenzione dell’esecutivo italiano rivolta ai Paesi del gruppo di Visegrad – i cui leader dei partiti di governo sono alleati di Meloni – non piaccia ai socialisti europei (al PSE) e al partito di Macron, vicino a Renew Europe, soprattutto dopo che la leader di FdI si è recata a Praga per gettare la base di un’alleanza tra il suo gruppo – ECR – e il PPE per le Europee del prossimo anno.

Insomma, al di là dell’operato del governo Meloni su lavoro e immigrazione – e al di là della fondatezza dei dubbi espressi da Francia e Spagna – le dichiarazioni non vengono mai fatte per caso e quasi mai servono per esprimere un interesse o una qualche preoccupazione per la situazione interna di un Paese.

Nessuna dichiarazione è lasciata al caso, soprattutto in questi casi, inusuali, quando ci si rivolge all’estero per parlare alla propria opinione pubblica interna – e mandare qualche messaggio, magari, ad uditori fuori dai propri confini. La politica internazionale si basa anche su questo.

Redazione Radici

Donatello D'Andrea

Classe 1997, lucano doc (non di Lucca), ha conseguito la laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali e frequenta la magistrale in Sistemi di Governo alla Sapienza di Roma. Appassionato di storia, politica e attualità, scrive articoli e cura rubriche per alcune testate italiane e internazionali.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.