L’Egitto lungo il corso del Nilo: da Karnak ad Abu Simbel

L’Egitto lungo il corso del Nilo: da Karnak ad Abu Simbel

L’Egitto lungo il corso del Nilo: da Karnak ad Abu Simbel

di Adele  Quaranta

Il viaggio, iniziato al Cairo e proseguito con varie tappe fino a Dendera, è continuato nella sezione meridionale dell’Egitto (da Karnak ad Abu Simbel) – v. cartina allegata con l’itinerario complessivo –, in buona parte a bordo di un battello, lungo le rive del Grande Fiume, storicamente considerato il secondo corso d’acqua – scorre verso l’Africa nord-orientale e sfocia nel Mar Mediterraneo, contendendo il primato della lunghezza a Rio delle Amazzoni –, da sempre, principale via di comunicazione per tutto il Paese.

Dalle sorgenti alla foce, il Nilo attraversa foreste equatoriali, savane e deserti per oltre 6.671 chilometri e sette Paesi africani – Burundi, Ruanda, Tanzania, Uganda, Sudan del Sud, Sudan ed Egitto –, ma il suo bacino idrografico include, tuttavia, anche porzioni della Repubblica Democratica del Congo, Kenya, Etiopia ed Eritrea.

Oltre al progetto “Nuovo Nilo” – menzionato nel precedente articolo –, rivolto a rigenerare il suolo ed a rinverdire estesi segmenti del deserto , in via di realizzazione risulta il parco solare più grande del mondo (il “Benban Solar Park”), ricadente nel deserto del Sahara occidentale, ritenuto la sezione, per le sue caratteristiche climatiche (giornate soleggiate e molto calde, temperatura media superiore ai 50°C, rare precipitazioni e notti fresche), idonea ad ospitare un impianto fotovoltaico in grado sia di generare il 20% di energia pulita e di coprire il 90% di quella attualmente prodotta dalla diga di Assuan, sia di ridurre la dipendenza da gas e combustibile fossile.

Tra le soluzioni innovative ed economiche si annoverano anche i sistemi di pompaggio del prezioso liquido, alimentati con energia rinnovabile (solare) ed in grado di garantire costi decisamente più contenuti anche nel settore agricolo. L’altro segmento di applicazione delle nuove fonti rinnovabili è legato all’edilizia, con la costruzione di edifici autonomi dal punto di vista energetico.

In questa sezione del Paese, sono ubicati i grandi e straordinari santuari, come quello di KARNAK, composto da quattro parti principali, ma solo la più ampia è, attualmente, aperta al pubblico. Si tratta del più spettacolare esempio di architettura religiosa dell’Antico Egitto, che condensa, in modo mirabile, le caratteristiche principali dell’arte espressa da questa civiltà.

La costruzione del complesso iniziò con il regno di Senusret I (sul trono dal 1971 al 1926 a.C.) nel Medio Regno (anni 2000-1700 a.C. circa) e continuò nel periodo tolemaico (305-30 a.C.), sebbene la maggior parte degli edifici esistenti risalgano alle dinastie XVIII, XIX e XX (secondo la cronologia di Manetone, momento di massima espansione dell’influenza egizia). Circa trenta faraoni aggiunsero qualcosa al sito (edifici, colonne, intagli, divinità, mura di cinta murarie, obelischi, etc.),  che, nel tempo, acquisì dimensioni e complessità differenti.

Un maestoso viale lungo 76 metri, fiancheggiato da sfingi con teste umane, unisce Karnak a LUXOR (l’antica città di Tebe, inglobata all’interno del centro urbano moderno), probabilmente, considerati, il più vasto complesso archeologico a cielo aperto del mondo.

L’ascesa di Tebe iniziò con l’XI dinastia quando, stabilizzate le terre vicine e confinanti, divenne una fiorente città, accumulò notevoli ricchezze e diventò la capitale politico-religiosa e militare dell’Alto Egitto durante il Nuovo Regno, attirando Babilonesi, Mitanni, Ittiti dell’Anatolia (l’odierna Turchia), Fenici (di Biblo e Tiro), Cananei di Ugarit e Minoici (dell’isola di Creta). Nel Periodo Tardo, però, cedette il posto, a livello politico, nel corso degli anni, a diversi centri situati nella sezione settentrionale, tra cui Alessandria, Bubastis e Sais.

Tebe mantenne, tuttavia, il ruolo di capitale religiosa dell’Egitto fino al periodo greco e fu sito di spiritualità sino all’era cristiana, in quanto numerosi monaci dell’Impero Romano, fondarono monasteri tra i diversi monumenti antichi come quello di Hatshepsut, danneggiato dal punto di vista strutturale. Il bellissimo viale delle Sfingi immette nel tempio ed al pilone monumentale, che preannuncia i due grandiosi cortili colonnati, porta d’accesso al santuario vero e proprio, dominato dalla sala ipostila e dal sancta sanctorum.

Sempre sulla riva occidentale del Nilo, vicino alla Valle dei Re, nella piana di DEIR EL-BAHARI – luogo sacro alla dea Hathor (divinità cui è dedicata una cappella) – fra i templi funerari rupestri dell’Antico Egitto, notevole importanza riveste lo scenografico tempio fatto realizzare da Hatshepsut (seconda donna faraone), in parte scavato nel fianco della montagna e, nella restante zona, sviluppato all’esterno su più terrazze colonnate. Fu soprannominato “dimora divina della valle” dalla regina, la quale, inizialmente, regnò come reggente di Thutmose III, ma, in seguito, affermò il suo lignaggio in qualità di unica figlia di Thutmose I e della moglie principale Ahmose. Nelle incisioni, la sovrana si attribuisce il merito di aver domato un’invasione e liberato quella porzione di territorio egiziano, ribadendo legittimità e posizione di moglie di Dio di Amon.

Sulla riva occidentale del fiume sono presenti i COLOSSI DI MEMNONE, due statue monolitiche (alte più di 15 mt), sedute in trono, che fiancheggiavano il tempio e raffiguravano il re Amenofi III, personaggio della mitologia greca, re di Persia e d’Etiopia, dalla parte dei Troiani nell’ultimo anno della guerra di Troia, dove perì per mano di Achille. L’esercito etiope, rimasto senza un condottiero, si disperse.

Nei pressi è la VALLE DEI RE, una serie di tombe rupestri inserite in un paesaggio arido, tra pareti scoscese e rocciose, che ospitano i faraoni del Nuovo Regno, mentre alle consorti reali – tra cui, quella famosa di Nefertari – ed ai principi della casa regnante, era destinata un’altra area alquanto vicina: la cosiddetta VALLE DELLE REGINE. Entrambi i sepolcri, vigilati da sacerdoti funerari, i quali praticavano riti ed offrivano preghiere quotidianamente, spesso erano decorati splendidamente da pitture parietali, ancora oggi ben conservate.

Oltrepassando la chiusa di ESNA – consente di gestire il dislivello scaturito dalle antiche cascate –, si giunge navigando ad EDFU (sito archeologico tra i meglio conservati del Paese), dedicato ad Horus  e costruito in età greco-romana: straordinari risultano il grandioso pilone monumentale e le due splendide sale ipostile.

Costruito nel periodo tolemaico e romano (180-47 a.C.), il tempio di KOM OMBO è dedicato a due differenti divinità: Sobek (dalla testa di coccodrillo e corpo umano), creatore del mondo con Hathor – dea della bellezza e dell’amore, situata in una cappella dove si trovano alcune mummie di coccodrillo, molto ben conservate – e Haroeris. La visita è fra le più suggestive, perché, di solito, si arriva in questo sito al tramonto, quando il monumento è illuminato dalle luci notturne che creano un’atmosfera incantevole.

Esternamente piloni, statue e pareti presentano vari decori e numerosi personaggi tra cui  Horo (“che unisce le due Terre”), Dio guerriero dalla testa di falco (figlio di Iside ed Osiride), i suoi occhi raffiguravano il sole e la luna. Grazie al suo potere ed alla sua potenza incredibile, poteva volare nel cielo per lunghe distanze e molti chilometri senza stancarsi. Per questo motivo, rappresentava l’energia e la pioggia.

Con la costruzione della Grande Diga di Assuan ed il conseguente aumento del livello delle acque del Nilo, i monumenti della civiltà dell’Antico Egitto – tra cui, Abu Simbel ed i templi di FILE (fra i più belli e scenografici), situati nell’estrema sezione meridionale del Paese – rischiavano di essere sommersi dalle acque. Perciò, furono smontati e riassemblati, blocco dopo blocco, secondo l’orientamento e le disposizioni originari. Il secondo complesso collocato, nel 1977, sulla vicina isola di Agilkia, è accessibile dal fiume attraverso un doppio colonnato.

Annovera monumenti di varie epoche, ma il più importante è quello dedicato ad Iside. Costruito in epoca tolemaica, presenta l’intera facciata decorata con bassorilievi che rappresentano il sovrano nell’atto di sconfiggere ed uccidere i nemici catturati. Probabilmente, fu uno dei luoghi di sepoltura di Osiride (primo re civilizzatore del mondo, venerato come dio della morte e dell’oltretomba), perché raffigurato ovunque sulle pareti di questo edificio religioso.

Al di là dell’ingresso che immette nella corte principale, ricade il piccolo tempio di Hathor, eretto durante il regno di Tolomeo VII e costituito da un naos ed un vestibolo (aggiunto nel corso dell’Impero Romano). I bassorilievi, ben conservati, illustrano scene di divertimento (tra cui, musicanti dalle fattezze zoomorfe ed il dio nubiano Bes). Il complesso, altamente spettacolare, include anche altri monumenti, fra cui il tempietto di Nectanebo e l’elegante chiosco di Traiano, abbandonati con l’avvento della nuova fede (il Cristianesimo).

A soli 40 chilometri dal confine con il Sudan, ricade il complesso archeologico di ABU SIMBEL, raggiungibile superando posti di blocco e crocevia permalosamente controllati, percorrendo un nastro asfaltato che conduce al confine con il Sudan ed attraversando, in questa periferia estrema del Paese, zone desertiche, magici panorami lunari punteggiati da rovine affioranti dalla sabbia dorata in balia del vento, da piane spettacolari invase dalle dune, miraggi, tracce di uadi, scarsi ciuffi d’erba e qualche palma, forse tappa per la antiche carovane che, provenendo dal sud dell’Africa, sostavano nelle oasi alla ricerca di sorgenti o qanat (acquedotti sotterranei artificiali, in grado di raccogliere l’acqua dalle falde e dalle fratture delle rocce e di garantire, nel passato, la sopravvivenza a pastori e carovanieri). Oltre ai campi irrigati da bracci semoventi, con l’acqua emunta dal canale artificiale proveniente dal Lago Nasser, onde favorire la coltivazione di prodotti agricoli e consentire l’insediamento di nuovi villaggi

Miraggio di un laghetto nei pressi di Abu Simbel

Il sito, ubicato in pieno deserto, fu fortemente voluto da Rames II, sia per celebrare la vittoria contro gli Ittiti nella battaglia di Kadesh nel 1274 a.C., sia per evitare che i monumenti potessero essere distrutti dai futuri re. Fu edificato tra la prima e seconda cataratta del Nilo, nella Nubia egiziana (situata nella sezione meridionale del Paese, da Assuan a Khartoum in Sudan), attraverso cui transitavano oro, incenso, avorio, rame ed animali esotici dall’Africa tropicale. La regione ricca di testimonianze archeologiche, fu abitata, prima della realizzazione della Diga di Assuan, da circa 70.000 abitanti, i quali furono costretti a trasferirsi perdendo cultura e lingua proprie. In quest’area, erano presenti altri quattro templi rupestri, donati ai Paesi che parteciparono all’opera di salvataggio, quali Spagna, Italia, Olanda e Stati Uniti. Dal 1979, Abu Simbel ed i templi costruiti in questa zona. fanno parte del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO.

Al pari di File, anche questo spettacolare complesso fu smantellato dalla posizione originaria e trasportato, negli anni ’50 e 60’ del secolo scorso, in zone sicure (retrostanti di circa 200 metri), per evitare che venisse sommerso dalle acque del Lago Nasser (il bacino, lungo 500 chilometri e largo 35 nel punto di larghezza massima, occupa una superficie di 6.000 kmq ed ha una capacità di 164 miliardi di metri cubi di acqua).

Originariamente scavato nel fianco della montagna (XIII secolo a.C.), si attesta non solo come una delle attrazioni più celebri e spettacolari dell’Antico Egitto, ma altresì come risultante di una sfida compiuta dall’ingegneria archeologica nella storia, in quanto riproduce, in modo perfetto, il sito originario e consente la reiterazione anche di fenomeni astronomici. Il 22 febbraio ed il 22 ottobre i raggi del sole penetrano, infatti, in una camera situata nella parte posteriore del tempio (il Sacrario) ed illuminano le statue di Ra-Horakhty raffigurato come un falco con il disco solare, di Amon (dio del sole e padre degli dèi) e di Ramses II divinizzato a testimoniare il collegamento tra la terra e la divinità. Ptah (dio dell’arte e dell’artigianato) non viene, invece, colpito dai fasci luminosi, in quanto divinità delle tenebre e dei morti.

Il complesso si compone di due edifici sacri, eretti in onore di Ramses II e di Nefertari (rispettivamente, il Grande ed il Piccolo Tempio), la più amata tra le sue numerose mogli, a dimostrazione dell’importanza attribuita alla figura femminile nella civiltà dell’Antico Egitto. L’unico ingresso della primo è fiancheggiato da quattro colossali statue di 20 metri, mentre nella parte interna sono presenti alcune camere laterali (in parte, adibite a tesoreria e magazzini), la sala ipostila sostenuta da otto enormi pilastri, dove i bassorilievi raffigurano il dio faraone e quelli della fertilità e dell’agricoltura, l’Aldilà – non ha nulla di angosciante, ma appare affollato da persone giovani e belle che si abbracciano –, i morti, la risurrezione, la vita, la vegetazione, mentre sulle pareti si raccontano sia le vittorie o battaglie (la più famosa presenta il re sul carro mentre scaglia frecce contro i nemici in fuga o catturati), sia scene con sacerdoti che leggono formule magiche per superare le difficoltà del passaggio all’oltretomba, oltre ad offerte di ogni genere, donne, bambini, funzionari, animali, etc.

A 150 metri dal grandioso monumento, è situato il Piccolo Tempio, ornato, sulla facciata, da 6 statue alte 10 metri (3 poste ad ogni lato della porta d’ingresso), che raffigurano il faraone, la consorte e, in dimensioni minori, i figli (l’unico tempio egizio dove la regina ha la stessa importanza del marito). L’entrata conduce ad una sala contenente sei colonne alte 3,20 metri, sulla cui sommità vi sono le teste di Hathor, mentre, sui pilastri, sono presenti iscrizioni con frasi narranti la vita dei sovrani che offrono sacrifici agli dèi, geroglifici con il nome dei popoli nemici sconfitti, rilievi colorati con figure di regnanti e divinità, etc.

Il viaggio ha consentito, in definitiva, non solo di conoscere oltre ai celebri monumenti architettonici (sfingi, templi, piramidi, tombe, statue), anche usi e costumi di questo arcaico popolo, riti legati alla morte, corredi funerari e processi di mummificazione, ma, altresì, di ricostruire abitudini religiose, organizzazione in caste e specializzazione nelle discipline matematiche, grazie alla decifrazione, durata dieci anni di studi, dell’antica lingua dei faraoni attraverso la Pietra di Rosetta, alta 114 metri e larga 72 (l’originale si trova al British Museum di Londra e la copia nel Museo del Cairo).

Inoltre, questo itinerario ha permesso di interpretare anche i complessi significati evocativi e l’esasperato simbolismo, come quello, per esempio, dello Scarabeo, emblema dell’autocreazione, in quanto si rigenera  dalle palle di sterco atte a proteggere uova e larve. Per questo motivo, era associato alla stella solare che rinasce dopo la notte (dunque, alla luce e al calore che danno la vita) e collocato nelle tombe come simbolo di resurrezione, al pari del fiore di loto, perché nell’oscurità si chiude e affonda sott’acqua, mentre, all’alba, risale aprendosi nuovamente alla vita.

La barca sacra – trasportata in portantina (a spalle) dai sacerdoti era ricolma di una grande quantità di offerte (incenso, unguenti, mirra, stoffe, latte, etc.) –, necessaria al re defunto per navigare nell’Aldilà ed essere accolto dagli dèi nel mondo dei morti, era collegata, invece, alle paure individuali o a quelle che il sole non potesse più risorgere.

Il mito di Iside (spesso raffigurata in forma di donna alata) e Osiride (rappresentato con la pelle verde, il colore della rigenerazione) – formano la coppia divina più famosa, generata da Ra come fratelli assieme a Seth (divinità della guerra) e Nefti (dea dell’oltretomba) – è sicuramente fra i più conosciuti. Secondo la leggenda, Osiride, primo re civilizzatore del mondo, fu assassinato nel corso di un complotto organizzato da Seth. Malgrado lo smembramento del corpo, riacquista la vita grazie alle pratiche magiche delle sorelle Iside e Nefti, ma ritrovato dal fratello invidioso e cattivo, fu fatto a pezzi. Iside non si arrese, ricompose il cadavere e lo mummificò affinché potesse rinascere. In questo modo, divenne re dell’oltretomba e vi regnò assieme ad Iside per l’eternità. Una storia, dunque, in cui l’amore si mescola con l’odio, intrighi, vendette, lotta per il potere e processo di rinascita.

Sebbene l’emozione e l’incredulità spesso abbiano avuto il sopravvento davanti a panorami mozzafiato e complessi templari di straordinaria importanza, per una geografa, è stato molto difficile comprendere, a causa della vastità delle tematiche, le molteplici dinastie e la complessità non solo dei numerosi monumenti visitati, della scrittura geroglifica e dei riti funerari (svolti in onore dei faraoni a distanza anche di molti anni), ma anche dell’organizzazione socio-economica. Al pari dell’aspetto religioso, in quanto, per gli Egizi, l’individuo era un sistema complesso formato da un corpo materiale e da cinque elementi spirituali (ibkabaren e shut), che gli consentivano la sopravvivenza, dopo la morte, del corpo (lo spirito BA, in particolare, veniva spesso raffigurato in forma di uccello con testa di uomo).

Altresì, è stato complicato l’approccio con l’oscuro repertorio egiziano relativo ai legami con il  mondo animale e spirituale, così come lo vedeva l’antico popolo e, soprattutto, lo rappresentava simbolicamente, come si può evincere in parte dalle foto allegate. Per esempio, fra i simboli più comuni, nella variegata cultura egiziana, che continuano ad affascinare l’immaginario collettivo, la Croce Ank – conosciuta anche come “chiave della vita”, spesso portata, dagli dèi in mano, al gomito, oppure sul petto –, essenzialmente simboleggiava la vita, o poteva assumere diverse sfumature, in base al contesto in cui era inserita, come, ad esempio, l’unione mistica di due principi (il maschile ed il femminile), oppure il collegamento alle due divinità più importanti della religione (Iside e Osiride). Inoltre, l’Anello Shen, privo di principio e fine, divenne simbolo di eternità (la forma rotonda veniva associata al disco del Sole).

Il Coccodrillo, animale tra i più pericolosi e temuti nell’antichità, presente sulle rive del Nilo, divenne il dio Sobek ed anche simbolo della fertilità e generosità della piena del fiume. Il Gatto (sacro al Sole e ad Osiride) e la gatta (alla Luna e ad Iside) ricevevano, in particolare, dopo la morte, gli onori riservati ai Faraoni, venivano mummificati, posti in sarcofagi (della stessa forma dell’animale) e sepolti nelle specifiche necropoli dei Mau (come venivano chiamati nell’Antico Egitto), etc.

Per questo motivo, sono stati forniti brevi cenni sulla vita oltre la morte, sulla dipendenza esasperata dalle divinità (rappresentate con teste antropomorfe, umane o di animali), nonchè brevi riflessioni sulla natura, lotta tra bene e male, contesto storico-culturale da cui ebbero origine le grandi civiltà e correnti spirituali che hanno diffuso luce e saggezza a tutti i popoli sulla terra (prima gli Ebrei, poi il Cristianesimo e l’Islam), etc.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE. La scelta del viaggio era caduta sull’itinerario “L’Egitto lungo le rive del Nilo: dal Cairo ad Abu Simbel”, in quanto prevedeva la visita di numerose realtà minori, che, nella maggior parte dei casi, restano fuori dagli itinerari convenzionali limitati alla capitale, ad alcune  testimonianze archeologiche ed alla crociera sul Nilo (che termina ad Assuan), stranote al turismo internazionale. Certamente, perché meno impegnativi e non includono notevoli distanze e percorsi accidentati. Tuttavia, la conoscenza dei siti scavati nella roccia in luoghi impervi, gravosi per le notevoli distanze ed accidentati a causa della conformazione del territorio, si sono dimostrati di forte impatto ed assoluto spessore storico-artistico, consentendo di comprendere meglio sia una storia di oltre tremila anni, sia il ciclo eterno di vita, morte e rinascita di questa società, fortemente alfabetizzata e capillarmente burocratizzata, guidata da funzionari, i quali, ovunque, controllavano rigidamente l’operato dei sottoposti.

La documentazione fotografica personalmente realizzata con lo smartphone – spesso in condizioni estreme: da mezzi di trasporto in movimento (quali, motonave ed autobus) e da punti di vista non sempre idonei a rappresentare l’oggetto osservato –, con lo scopo di evidenziare la costruzione dei paesaggi, la bellezza dei siti archeologici e la qualità dei decori, ha favorito l’individuazione del rapporto uomo-ambiente ed i tipi di interventi (anche se a volte discutibili), pervenendo ad una lettura del territorio, anche se non esauriente a causa della lacunosità delle fonti e della complessità dei fenomeni strettamente legati fra loro (peraltro, oggetto di numerose discipline).

Le rovine monumentali che hanno ispirato l’immaginazione di viaggiatori e scrittori per millenni, nonché i continui ritrovamenti di palazzi, templi, tombe ed iscrizioni varie, sicuramente devono ancora restituire spaccati di vita di una delle più importanti e durature civiltà del passato. La sua storia misteriosa ed esoterica è, tuttavia, ancora oggi, oggetto di ipotesi e di studi, soprattutto dopo gli ultimi ritrovamenti nel sito di Amarna (in particolare, sepolture contenenti gioielli in oro), nei pressi dell’altopiano di El-Giza ed a Saqqara, dove pozzi funerari e tombe a fossa si trovano in ottimo stato di conservazione, grazie al clima caldo e asciutto del deserto, nonostante le forti escursioni termiche fra il giorno e la notte.

——-

* Per la disponibilità dimostrata ed il tempo profuso anche a distanza, si ringrazia la guida egiziana, signor Tarek Eldalil, il quale ha fornito numerose informazioni in merito all’organizzazione complessa della società egizia, tra cui il lavoro di migliaia di persone nella costruzione dei complessi templari, l’estrazione ed il trasporto fluviale di blocchi molto pesanti verso i luoghi prescelti e la complessità dei temi rappresentati: dalle scene di caccia, navigazione e pesca istoriate sulle pareti  alle commistioni animali/umani, dalle formule magiche alle iscrizioni e graffiti disegnati su pareti, colonne e soffitti, dalle scene astronomiche raffigurate attraverso costellazioni a noi sconosciute al dualismo simbolico uomo/animale, dal lavoro degli artigiani e contadini ai giocolieri, danzatori, scribi, musicisti, etc.

——-

YouTube player

… Viandante, non esiste il sentiero, il sentiero si fa camminando … Colpo dopo colpo, verso dopo verso … (Antonio Machado)

Adele Quaranta

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.