Attualità di un documento che oggi compie 60 anni: la Pacem in terris di Papa Giovanni XXIII

Attualità di un documento che oggi compie 60 anni: la Pacem in terris di Papa Giovanni XXIII

 

Markus Krienke

Particolare era la situazione geopolitica internazionale sessant’anni fa, quando Giovanni XXIII ha scritto un’enciclica rivoluzionaria “Pacem in terris” – tanto particolare che sembra avere il suo Sitz im Leben oggi, nel 2023. Sembra che le paure, le minacce ma anche le speranze che si stavano vivendo all’epoca e di cui ci eravamo quasi dimenticati, siano tornati: la paura di una guerra con l’utilizzo del nucleare (Crisi dei missili di Cuba, 1962), la minaccia delle superpotenze in un mondo che si sta dividendo in due blocchi (nel 1961 fu costruito il muro di Berlino), la speranza che l’annuncio della Chiesa lasci vecchi dogmatismi e diventi capace di incidere nel mondo, specialmente con un linguaggio dei diritti delle persone e dei popoli. Così non meraviglia affatto l’impressione che questa enciclica, promulgata l’11 aprile 1963, anticipa di fatto l’operato di Papa Francesco. Al posto di una lunga disamina, focalizziamo semplicemente su tre aspetti:

Innanzitutto, con questo documento, la Chiesa concretizza ciò che era già un’idea di Papa Benedetto XV (1914-1922) ossia quella di superare una dottrina bimillenaria, detta della “guerra giusta”: l’idea che ci possono essere “cause giuste” che rendono eticamente “pulita” una guerra. Nelle condizioni delle moderne armi di distruzione di massa, nonché nella difficoltà morale di poter ancora decidere quali sono “cause giuste”, questa dottrina – che ha comunque l’intenzione di “giustificare” le guerre – va completamente abbandonata. Con l’eccezione della legittima difesa, tutte le forze della politica internazionale devono essere indirizzate a creare una “pace giusta”, basata sul rispetto dei diritti umani, su un’organizzazione internazionale degli Stati (ONU) e su rapporti internazionali reciproci di fiducia. Di quanto queste condizioni siano precari, e di quanto la politica a livello mondiale deve (o dovrebbe) stare attenta alla loro cura, ci siamo tragicamente resi conto nell’occasione della guerra in Ucraina. Sulla base di questo ragionamento della Pacem in terris, tuttavia, Giovanni Paolo II ha negato al Presidente americano Bush la legittimazione della guerra in Iraq (2003), e Papa Francesco delegittima la guerra d’attacco di Putin. Specialmente se oggi si legge il capitolo sul disarmo, ci si rende immediatamente conto perché Papa Francesco denuncia con tanta insistenza che con la corsa agli armamenti il mondo sta andando in una direzione sbagliata…

Il secondo aspetto riguarda l’affermazione dei “diritti umani”. In tempi e secoli precedenti, la Chiesa li aveva addirittura rifiutati o perlomeno ostacolati, come espressione di uno spirito rivoluzionario o massonico, comunque anticattolico. È il merito di Giovanni XXIII a riconoscere l’importanza che tutte le forze politiche, religiose e morali collaborino per la loro difesa a livello mondiale. Ma nell’enciclica egli ricorda anche che ai diritti corrispondono sempre dei doveri: ad esempio al diritto di difendersi il dovere di cercare la pace, al diritto di opinione il dovere di contribuire alla verità (e non alla fake news), al diritto di autorealizzazione il dovere di sviluppare i propri talenti ecc. In altre parole, riusciamo a dare un ordine alla libertà non solo nei nostri rapporti ma anche a livello politico globale soltanto qualora consideriamo che ai diritti corrispondono sempre i doveri. Un’idea che del resto aveva evidenziato già un po’ di tempo prima Immanuel Kant…

E infine, questa enciclica formula l’inclusività come criterio della giustizia – e Papa Francesco denuncia, come si sa, la nostra economia e il nostro consumismo, di produrre «scarti», non solo materiali ma anche in forma di persone e di popolazioni che non riescono a partecipare al godimento dei beni naturali, economici e sociali. Pertanto, Giovanni XXIII reclama la piena uguaglianza tra uomo e donna, si esprime contro la discriminazione di razza, e ricorda che tutti «i popoli, a ragione, sono sensibilissimi in materia di dignità e di onore» (n. 50). Finché non si considera bene questo principio, le guerre non diminuiranno mai su questa terra, proprio perché l’umanità non smetterà di produrre sempre nuove ingiustizie. Proprio le dimensioni del recente crollo di Credit Suisse danno certamente molto da riflettere su come sono organizzati la distribuzione e i flussi del denaro il quale – di base – deve servire l’uomo e non diventare un imperativo assoluto per la politica e l’economia. Ci ricordiamo che otto anni orsono Papa Francesco ha pronunciato le parole «Questa economia uccide»…

Molti pensatori, filosofi e giuristi, politologi e teologi, hanno da sempre cercato di inquadrare positivamente in che cosa consiste la pace e come essa si costruisce. Certamente, non esiste una ricetta facile, e ci si è convinti che essa si realizza piuttosto nella misura in cui a tutti i livelli, da quelli personali attraverso quelli sociali, fino alla politica e alla dimensione internazionale, si creano rapporti e istituzioni che garantiscono la giustizia. Anche se non sarà mai perfetta, vale sempre la pena insistere e intraprendere tutti gli sforzi e le vie possibili. Per questo, nella sua enciclica Papa Giovanni ripete le parole di Pio XII: «Nulla è perduto con la pace. Tutto può essere perduto con la guerra» (n. 62).

Redazione

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