Come si costruisce una narrazione politica

Come si costruisce una narrazione politica
Fonte immagine: Parlamento UE

di Donatello D’Andrea

In questi giorni non si fa altro che discutere della recente votazione del Parlamento Europeo sulle automobili a benzina e diesel. Il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, prima con una diretta e poi con un post (nonché con interventi di ogni tipo) ha commentato la decisione etichettandola come “folle”, la quale potrebbe far perdere il posto di lavoro a circa 130mila italiani. Insomma, una tragedia immane che potrebbe avere serie ripercussioni sul mercato del lavoro interno. Ovviamente il centrodestra ha puntato il dito contro la sinistra, rappresentandola al completo – compresi Bonaccini e Schlein, che non c’entrano nulla – per aumentare la disaffezione e l’antipatia politica nei confronti di tutti gli avversari, a prescindere dal loro reale coinvolgimento. Sarà andata così? Più o meno.

Per rispondere alla domanda, bisognerebbe partire dal sito del Parlamento UE. Cosa c’è scritto? Dice che è stato approvato un accordo raggiunto con il Consiglio Europeo. Per essere chiari, il processo decisionale europeo non funziona proprio come quello italiano. La procedura per adottare il nuovo regolamento sull’automotive è quella ordinaria, l’ex codecisione. Affinché diventi “legge”, occorre che si mettano d’accordo il Parlamento e il Consiglio, quest’ultimo composto dai governi degli stati membri.

Di conseguenza, i deputati del Parlamento Europeo hanno confermato un’intesa già raggiunta a cui hanno preso parte i governi, e secondo il sito citato in precedenza, questa è stata conclusa lo scorso ottobre, quando il governo Meloni era entrato in carica. È pur vero che si era appena insediato e che le trattative erano iniziate prima, ma ci sono alcuni “ma” da chiarire. Il primo è che l’attuale ministro dell’Ambiente, Pichetto Fratin, era vice-ministro con delega all’automotive del precedente governo, tanto che ha rivendicato la continuità con l’esecutivo guidato dall’ex BCE Mario Draghi.

Al MISE, invece, c’era Giorgetti, attuale responsabile del dicastero dell’Economia, mentre alla Transizione energetica c’era Cingolani, attuale consigliere del governo. Insomma, al di là di qualunque amnesia politica, non si può certo negare che esista una continuità su questa decisione tra un governo e l’altro e che anche Meloni abbia partecipato al Consiglio che ha raggiunto l’accordo. Inoltre, il testo normativo è stato licenziato dal COREPER, il quale coordina e prepara i lavori per le riunioni del Consiglio, cercando di trovare al proprio livello un accordo, lo scorso novembre. Ora si attende soltanto l’approvazione definitiva del Consiglio dell’UE.

In base a tutto ciò, affermare che sia un atto solamente della sinistra è palese mistificazione della realtà. È chiaro che si tratti di pura e semplice propaganda, la quale tende ad addossare ad una sola parte politica tutte le responsabilità della vicenda. Invece questa andrebbe condivisa, o perlomeno spiegata agli elettori.

Si potrebbero fare una miriade di considerazioni, soprattutto politiche, sulla vicenda. Dall’incredibile poca conoscenza della materia da parte del ministro dei Trasporti – da come vengono adottate le decisioni nell’UE al documento di cui parla da diversi giorni – al fatto che è sempre possibile che nel corso degli anni che ci separano dal 2035 è ampiamente possibile che l’UE e i singoli stati spingano per cambiare alcuni parametri.

Su questo tema, poi, ci si dovrebbe anche interrogare circa l’opportunità di sostituire, in UE, lo strumento degli incentivi all’acquisto di un mezzo elettrico con il bando della produzione di veicoli endotermici (a benzina e diesel). Sia chiaro, l’Italia ha dimostrato più volte di digerire a fatica queste prescrizioni e le precedenti, cercando di ottenere misure per limitare i danni (come la clausola prima ribattezzata “Ferrari” e poi “Lamborghini”). Infine, un cambiamento di questo genere comporterebbe una modifica dell’intera filiera produttiva – dalle attrezzature alla formazione degli operai – con ovvio aumento dei costi dovuti alla più alta specializzazione necessaria per lavorare. E le riflessioni e gli interrogativi sul merito della questione non finiscono qui.

Sia chiaro, se da un lato la destra ha sfruttato la questione per fare mera propaganda populista, con risultati discutibili e mistificando la realtà, dall’altro l’UE ha offerto il fianco a questo tipo di polemica agendo di impulso e forse “ideologicamente”. Il passaggio a full electric è inevitabile, ma sarebbe stato senza dubbio più efficace lasciar evolvere il mercato continuando sulla strada degli incentivi e della sensibilizzazione. La conclusione sarebbe stata la stessa, ma con meno costi e meno problemi. E meno opportunità di propaganda politica, sempre deleteria per un’istituzione la cui percezione, negli ultimi tempi, ha subito una dura regressione.

Redazione Radici

Donatello D'Andrea

Classe 1997, lucano doc (non di Lucca), ha conseguito la laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali e frequenta la magistrale in Sistemi di Governo alla Sapienza di Roma. Appassionato di storia, politica e attualità, scrive articoli e cura rubriche per alcune testate italiane e internazionali.

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