Propositi per il 2023: che ne sarà dei Balcani?

Propositi per il 2023: che ne sarà dei Balcani?
Fonte immagine: Agenzia NOVA/Getty Images

di Donatello D’Andrea

Ogni anno, in corrispondenza degli ultimi giorni di dicembre, è buon uso tracciare un resoconto dell’anno appena trascorso e cercare di delineare speranze e obiettivi futuri per i successivi dodici mesi. Definiti “buoni propositi” e inseriti in una lista, tali aspirazioni finiranno al centro dell’ennesima riflessione alla fine del prossimo dicembre. Sulla scia di questa intramontabile tradizione, ho deciso di fare la stessa cosa ma utilizzando argomenti ricorrenti in politica, come l’ascesa della Cina, l’Unione Europea e il suo futuro, nonché l’annoso problema dei Balcani – che, negli ultimi giorni, è tornato alla ribalta a causa delle tensioni tra Serbia e Kosovo, anche se il gelo tra Ankara e Atene non è da sottovalutare – senza dimenticare quanto importante sia, per il futuro, quello che sta accadendo in Iran.

In questo secondo articolo, di una brevissima serie di scritti che ho appositamente denominato “Propositi per il 2023”, ho deciso di affrontare un argomento che, da almeno un paio di mesi, è all’ordine del giorno e potrebbe suscitare una miriade di preoccupazioni anche in Italia: le tensioni tra Serbia e Kosovo, inserite all’interno di un quadro più ampio quale quello dei Balcani e del loro futuro.

Le ultime notizie dal confine tra Serbia e Kosovo

Le tensioni tra Serbia e Kosovo si stanno facendo sempre più pericolose. Ieri il ministro della Difesa di Belgrado, Milos Vucevic, ha annunciato che lo stato di allerta delle forze armate è al livello più alto. Ciò significa che l’esercito serbo è a un passo dall’essere mobilitato “armi in mano”.

Nonostante le avvisaglie vadano avanti dalla scorsa estate, la vicenda balcanica è venuta alla luce soltanto poche settimane fa, dove sembrava che la mediazione dell’Unione Europea avesse escluso il peggio. In realtà, come ripotato in un precedente articolo, l’Alto Rappresentante Borrell aveva già chiarito che entrambe le parte non avessero alcuna intenzione di giungere ad una mediazione. Nei giorni successivi sembrava che il Kosovo avesse deciso di fare un passo indietro con la questione delle targhe ma le proteste vanno avanti e le barricate della minoranza serba nell’enclave di Mitrovica non sembrano voler cedere alle pressioni, anche diplomatiche, di UE e Nato che è presente con una missione – il cui contingente militare è a guida italiana – di diverse migliaia di uomini (Kfor).

La sera di Natale si è verificato uno scontro a fuoco in seguito al tentativo della polizia kosovara di rimuovere una di queste barricate erette dalla minoranza serba. Il Kosovo non tollera più la presenza di questi veri e propri blocchi stradali e sta pensando di rimuoverli con la forza, cosa che potrebbe provocare la reazione di Belgrado che ha proposto l’ingresso di un proprio contingente militare in difesa della minoranza serva ivi presente, in base alla risoluzione 1244 delle Nazioni Unite. Nel frattempo, il capo di stato maggiore serbo Mojsilovic, ha proposto il dispiegamento di truppe al confine dopo avere visto e sentito il presidente Vucic.

Sullo scontro a fuoco indaga la Kfor, mentre la tensione “si taglia con il coltello”. Manca davvero poco e la situazione potrebbe degenerare in un conflitto localizzato che sconquasserebbe comunque una zona delicatissima quali i Balcani. La Serbia è molto vicina alla Russia – Mosca n’è garante e ha già preso le parti di Belgrado – mentre il Kosovo ha al proprio interno due missioni, una militare della Nato, e una civile dell’UE.

Che ne sarà dei Balcani?

Appare chiaro che il 2023 potrebbe essere l’anno in cui la situazione nei Balcani potrebbe cambiare e, forse, l’anno in cui l’Italia potrebbe sviluppare una politica estera degna di questo nome nei confronti del suo estero vicino.

Al di là della situazione in Kosovo, i Balcani sono una regione importante anche nel confronto tra le varie potenze. La Cina sfrutta i suoi canali in Serbia, Grecia, Ungheria e Montenegro per infiltrarsi nell’Europa che conta, la Russia, a sua volta, sta perdendo il suo ascendente mentre la Turchia cerca di penetrare nella zona sfruttando il richiamo alla religione, mentre punzecchia una Grecia sempre più stufa delle provocazioni di Ankara.

La perdita di influenza di Mosca, che tiene soltanto a Belgrado, ha creato un vuoto di potere che molti Paesi stanno cercando di colmare. Anche l’Italia.

Si sa, i Balcani sono una zona altamente instabile. Ci sono nodi irrisolti, la questione etnica, l’instabilità politica e le antiche rivalità. Ma è anche terra di opportunità: dalla gestione della rotta migratoria alle potenzialità energetiche portate dal Turkish Stream, senza considerare la possibilità, per l’Italia soprattutto, di attenuare l’ascendente turco sul suo estero vicino e riacquistare centralità nella zona. Il via libera al percorso di adesione dell’UE per Albania e Macedonia del Nord sono opportunità da non sottovalutare per Roma.

In queste settimane il governo Meloni ha espresso più volte l’interessamento di Palazzo Chigi per le vicende balcaniche promuovendo incontri e prendendo parte al vertice di Tirana tra i leader dell’UE e dei Balcani occidentali, mentre Antonio Tajani, ministro degli Esteri, ha annunciato una conferenza ad hoc a Trieste sulla regione, e alla XV Conferenza degli Ambasciatori d’Italia ha definito quei Paesi “strategicamente fondamentali”.

Che ne sarà dei Balcani? Il 2023, forse, potrebbe darci una risposta.

Redazione Radici

Donatello D'Andrea

Classe 1997, lucano doc (non di Lucca), ha conseguito la laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali e frequenta la magistrale in Sistemi di Governo alla Sapienza di Roma. Appassionato di storia, politica e attualità, scrive articoli e cura rubriche per alcune testate italiane e internazionali.

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