In Iran si respira aria di rivoluzione

In Iran si respira aria di rivoluzione
Fonte immagine: Getty Images

di Donatello D’Andrea

Le proteste in Iran non sembrano volersi fermare. È notizia dell’ultim’ora che dei manifestanti abbiano deciso di dare fuoco alla casa natale dell’Ayatollah Khomeini, uno dei padri – se non proprio “il padre” – della Repubblica Islamica.

Un gesto importantissimo e dal valore simbolico enorme, simbolo del fatto che i dimostranti hanno messo in discussione l’intera architettura religiosa e istituzionale su cui si fonda il Paese.

A innescare questo incredibile ciclo di proteste, che preoccupa il regime iraniano, il quale seppur la dura repressione ad opera delle forze di polizia, non riesce a controllarlo,  è stata l’uccisione, lo scorso settembre, a Teheran di una ragazza di 22 anni, Mahsa Amini, mentre si trovava in custodia in una caserma della polizia morale che l’aveva arrestata perché indossava male il velo.

L’incredibile onda di sdegno che l’evento ha sollevato ha funzionato come un catalizzatore per l’ingiustizia quotidiana a cui tutti gli iraniani sono soggetti. Il celeberrimo casus belli che arriva dopo tanti soprusi e che scatena le rivoluzioni emotivamente più sentite e profonde. In varie città del paese le donne si sono tolte il velo o lo hanno bruciato in pubblico gridando “morte al dittatore” in riferimento alla guida suprema Ali Khamenei. Anche a Qom, centro spirituale sciita e baluardo dell’autorevolezza morale della Repubblica islamica, i video sui social mostrano scene mai viste prima: giovani donne a capo scoperto che cantano slogan contro l’Ayatollah definendolo “vergogna della nazione”.

In Italia si è parlato pochissimo – e male – di quanto sta accarendo in Iran. A parte casi sporadici, i politici e i giornalisti non hanno fatto molti riferimenti a quanto sta accadendo. Alcuni si sono limitati ad etichettarla come una rivolta puramente religiosa, ignorando il sostrato culturale e politico sotteso alla rivoluzione.

Bisogna comprendere che quanto sta accadendo in Iran non è una rivoluzione contro l’islam o la religione musulmana in generale, come – appunto – erroneamente riportano alcuni servizi televisivi di programmi dalla dubbia caratura giornalistica, bensì una ben più profonda rivolta contro una classe dirigente oppressiva e oscurantista che usa lo strumento religioso per legittimarsi. La ricerca continua di una libertà di espressione – di cui ci sono decine di esempi, tra foto, video e quant’altro – quella di vivere il proprio genere senza vergogna alcuna, la libertà di amare chiunque in pubblico, sono richieste chiare e inconfondibili che vanno in direzione di una maggiore democraticità. Insomma, una rivolta “pro-scelta” e non anti-musulmana.

La religione c’entra poco, se non nella misura in cui esiste un regime politico che usa l’integralismo come metodo e pratica di governo. Ma la caduta degli Ayatollah non implica la fine della religione islamica in Iran.

La domanda, dunque, sorge spontanea: esiste un Islam che possa garantire l’approccio alla vita rivendicato dai manifestanti? È possibile uno stato la cui visione politica si mantenga laica seppur a maggioranza musulmana?

Una domanda che necessariamente si collega a quella circa l’esito della rivoluzione. Secondo gli esperti, giunti a questo punto lo sviluppo della gigantesca rivolta potrebbe prendere due direzioni: una sanguinosa repressione stile Tienanmen o una vittoria totale dei dimostranti. La mediazione, per ora, è esclusa.

Gli esiti di una rivoluzione non sono mai scontati. Il “dopo” di qualcosa è sempre di difficile interpretazione.

La cosa certa è che in un Paese come l’Iran, dove potere e religione coincidono – e la polizia morale ne è soltanto uno degli esempi più lampanti – qualcuno ha messo in discussione questo strano connubio.

Redazione Radici

Donatello D'Andrea

Classe 1997, lucano doc (non di Lucca), ha conseguito la laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali e frequenta la magistrale in Sistemi di Governo alla Sapienza di Roma. Appassionato di storia, politica e attualità, scrive articoli e cura rubriche per alcune testate italiane e internazionali.

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