Erdogan fa sul serio con il gas russo

Erdogan fa sul serio con il gas russo
Fonte immagine: TRT

di Donatello D’Andrea

Mentre la guerra in Ucraina infuria e in Italia si cerca di formare un nuovo governo, c’è chi, a distanza di km, cerca di fare i “fatti”. Si tratta del duo Erdogan-Putin che, ad Astana, in Kazakistan, non hanno discusso solamente di “pace”, come vuol far credere il turco, ma anche e soprattutto di altro.

In Kazakistan si è discusso di gas. E nello specifico di un’offerta rivolta da Putin ad Erdogan.

Ci sono voluti due giorni per pronunciarsi in merito, ma alla fine, com’era ragionevolmente prevedibile, il turco ha detto sì. Ankara diventerà l’hub di sbarco del gas proveniente dai ricchi giacimenti russi nel Mediterraneo.

Entrambi i Paesi hanno avviato degli studi di fattibilità per comprendere da dove passeranno i gasdotti, ma l’intento dei due governi è chiaro: ridisegnare gli equilibri energetici e geopolitici tra Europa, Medio Oriente e Nord Africa.

I vantaggi che Putin ed Erdogan ne ricaverebbero sono evidenti. Anzi, forse il secondo ne guadagnerà più del primo, “realtà” alla mano.

Putin si legherebbe “mani e piedi” a un politico totalmente inaffidabile, membro della Nato ma che gioca a fare l’equilibrista in nome della sua posizione geografica. Il russo trova comunque un interlocutore, membro della Nato e in grado di ricattare l’Europa. Ma la relativa autonomia di Ankara, che le permette di giocare con la geopolitica, è limitata. Fino a quando Erdogan potrà continuare a muoversi con disinvoltura tra un fronte e l’altro? Probabilmente fino a quando la sua agenda geopolitica non colliderà con quella di chi ha contribuito a scriverla – chissà chi.

Erdogan ci guadagna tantissimo da questo accordo, comunque. Forse è colui che con questa guerra ci sta guadagnando di più.

Non si parla soltanto dei vantaggi di ottenere del gas a basso costo – comunque cosa importante di questi tempi – ma il fatto di essere diventata una rotta appetibile per il gas orientale, andando ad aumentare drasticamente l’importanza del suo Paese nei confronti dell’Europa. Ankara diventerebbe un gigantesco centro di smistamento di gas proveniente da più fonti: dall’Azerbaigian all’Iran, dal Turkmenistan all’Iraq, passando per la Libia e i giacimenti del Mediterraneo su cui sta cercando di allungare le mani (per ora senza successo).

Ora resta da chiedersi: la Turchia è pronta per assumersi questa responsabilità?

Geograficamente la risposta sarebbe più che positiva, ma tra il dire e il fare, in geopolitica, c’è la capacità di sfruttare la propria posizione geografica in modo ottimale, vagliando ogni opzione. La svolta potrebbe essere soltanto in “potenza”, dato che l’obiettivo ultimo sarebbe quello di sfruttare il gas nei confronti dell’Europa. Insomma, non basta avere il gas ma bisogna anche venderlo.

Non c’è soltanto la difficoltà di ultimare i nuovi gasdotti (due, si dice) in tempi accettabili, ma anche la difficoltà di trasportarlo in Europa. Ma quella che manca non è una difficoltà tecnica bensì una volonta politica, da parte di Bruxelles ovviamente.

Dopo essersi legata ad Erdogan sui migranti, difficilmente Bruxelles farebbe lo stesso errore appoggiandosi su una risorsa così importante per l’economia continentale come il gas.

Inoltre, l’UE avrebbe deciso di intraprendere altre strade per sopperire alle sue difficoltà energetiche. Dal GNL alle rinnovabili, passando per il nucleare. C’è pochissimo interesse a legarsi “mani e piedi” ai desiderata di Ankara.

Erdogan comunque, ci crede e ha già individuato nella Tracia la regione-ponte su cui far arrivare le nuove forniture russe da rispedire in Europa. Il suo obiettivo è costringere l’Europa a trattare insinuandosi dappertutto, dalle acque territoriali libiche a quelle cipriote, dove ENI e Total scoprono giacimenti sempre più importanti, passando per i Balcani, dove prosegue imperterrito il corteggiamento dei Paesi confinanti con la Grecia.

Dal canto suo, Putin, pur – forse – avendo compreso la difficoltà del suo piano, potrebbe comunque ricavare l’ennesima operazione di disturbo del “clima” all’interno della Nato. Il gioco del gas del Cremlino lo hanno, ormai, compreso quasi tutti e in molti credono che anche questa trovata dell’hub sia finalizzata a indebolire il fronte Nato ed Europeo.

Redazione Radici

Donatello D'Andrea

Classe 1997, lucano doc (non di Lucca), ha conseguito la laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali e frequenta la magistrale in Sistemi di Governo alla Sapienza di Roma. Appassionato di storia, politica e attualità, scrive articoli e cura rubriche per alcune testate italiane e internazionali.

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