La pace nel Nagorno-Karabakh è più vicina

La pace nel Nagorno-Karabakh è più vicina

Decisiva la mediazione del presidente turco, Erdogan, che ha annunciato un prossimo incontro tra ministri degli Esteri e delegazioni di Armenia e Azerbaigian

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha incontrato il premier armeno Nikol Pashinyan. Uno storico faccia a faccia, avvenuto “in un clima amichevole”, come dichiarato dallo stesso Erdogan, a Praga, dove i due leader hanno partecipato al summit della Comunità politica Europea.

“Credo sinceramente che possiamo raggiungere l’obiettivo di una piena normalizzazione a partire dalle basi delle relazioni di buon vicinato nella nostra regione. Vogliamo che le relazioni tra Turchia-Armenia e Azebaigian siano buone e i problemi siano risolti il prima possibile”, ha detto Erdogan a margine dell’incontro.

Il presidente turco ha annunciato un prossimo incontro tra ministri degli Esteri e delegazioni dei due Paesi e sottolineato che Ankara non pone precondizioni a una piena normalizzazione dei rapporti. Una affermazione vera soltanto a meta’, perché è essenziale per Erdogan e per la Turchia la fine del conflitto in Nagorno Karabakh e una pace stabile e duratura tra Armenia e Azerbaigian, alla luce del fatto che Ankara è lo storico alleato di Baku e i droni turchi sono stati decisivi nel conflitto riesploso nel Caucaso a fine 2019.

E la pace tra i due Paesi del Caucaso è da ieri un po’ più vicina. Erdogan è infatti riuscito a portare, sempre ieri, allo stesso tavolo Pashinyan e il presidente azero Ilham Aliyev. Al termine dell’incontro, informale ma comunque storico, Aliyev ha dichiarato che il processo di pace con l’Armenia “ha subito un’accelerazione”, rivelando che i lavori per un accordo condiviso da mettere nero su bianco vanno avanti da alcuni giorni.

Aliyev ha incontrato anche il presidente francese Emmanuel Macron, vicino all’Armenia, e il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel. “Durante questo summit sono stati discussi argomenti importanti e gli incontri di questi giorni sono sicuro ci aiuteranno a raggiungere un accordo di pace. Il negoziato procede, il processo ha subito un’accelerazione”, ha detto il leader azero alla stampa del proprio Paese.

Sia Aliyev che Pashinyan hanno confermato che un incontro tra i ministri degli Esteri dei due Paesi è in programma, il secondo in pochi mesi, impensabile solo un anno fa. Tuttavia rimangono dubbi e punti critici.

I nodi da sciogliere

L’accordo di pace di cui Erdogan e Aliyev parlano punta all’attribuzione formale dei territori del Nagorno Karabakh contesi all’Azerbaigian. Una condizione in linea con il diritto internazionale, quei territori appartengono formalmente a Baku, ma da sempre invisa alla popolazione armena, che considera quelle terre come armene perche’ storicamente abitate da armeni, ma attribuite all’Azerbaigian dall’Unione Sovietica.

Pashinyan sembra orientato ad accettare questa condizione, su cui anche Mosca preme, tuttavia sul premier armeno rimangono fortissime pressioni politiche interne. Pashinyan non ha una maggioranza stabile e si trova a fronteggiare un’opposizione sul piede di guerra e un’opinione pubblica che del Nagorno Karabakh ha fatto una questione di principio.

“Quando Armenia e Azerbaigian giungono a un accordo di pace non avremo alcun problema a normalizzare i nostri rapporti”, ha detto Erdogan, senza soffermarsi sulle criticità dell’intesa tra i due Paesi del Caucaso.

Proprio gli scontri in Nagorno Karabakh riesplosi a fine 2019 hanno portato a un’intervento di Ankara a sostegno dell’Azerbaigian risultato poi decisivo, ma sopratutto a una serie di accuse da parte turca rivolte agli armeni e riportato la tensione alle stelle.

Decisivo l’intervento della Russia, che ha mediato ponendo fine a sei settimane di scontri costati la vita a 6.600 persone, con un’intesa che ha riportato sotto il controllo azero larga parte dei territori contesi. Intesa firmata da Pashinyan, ma mai digerita da opposizione e opinione pubblica.

Nonostante le condizioni non proprio ideali nel 2021 Turchia e Armenia hanno nominato dei rappresentanti per porre le basi per un dialogo e a Gennaio 2022 hanno fatto ripartire un processo di normalizzazione fermo da 10 anni su cui all’inizio erano in pochi a scommettere, alla luce non solo delle tensioni con l’Azerbaigian, ma sopratutto della eterna disputa sul genocidio armeno compiuto dalle truppe ottomane nel 1915.

Erdogan ha negli ultimi anni ammesso “i tragici eventi”, ha dato via libera all’accesso degli archivi dell’epoca, invia ogni anno una lettera di condoglianze al patriarca armeno (con cui e’ in ottimi rapporti), ma come quasi tutti i turchi non vuole sentir parlare di genocidio.

I rapporti tra Ankara e Yerevan sono fermi dal 1990 e i tentativi compiuti nel 2009 sono naufragati al momento della ratifica. Lo scorso Marzo i ministri degli Esteri di Turchia e Armenia si sono incontrati ad Antalya, nel sud del Paese, il primo faccia a faccia dal 2009, definito “costruttivo e proficuo”.

Oggi sulla strada di una storica normalizzazione non sembra più esserci il riconoscimento delle stragi del 1915 come genocidio, ma la pace tra Armenia e Azerbaigian nel Caucaso.

AGI

 

 

Redazione Radici

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