Cosa sta succedendo ai gasdotti Nord Stream

Cosa sta succedendo ai gasdotti Nord Stream
Fonte immagine: Wikimedia Commons

di Donatello D’Andrea

Tra domenica e lunedì si sono verificate grosse perdite di gas dai gasdotti Nord Stream 1 e 2, quelli costruiti per portare il gas russo in Europa attraverso il Mar Balitico e la Germania.

Le perdite sono state identificate grazie ad alcuni cali di pressione, ma soltanto martedì sono diventate abbastanza evidenti grazie alle riprese effettuate nel Baltico. La causa delle perdite non è stata ancora chiarita. L’unica cosa certa è che in zona si sono verificate delle esplosioni.

Cosa sta succedendo ai gasdotti Nord Stream
La posizione dei danni alle condutture dei gasdotti Nord Stream 1 e 2 (fonte immagine: MP)

Nonostante non ci siano prove, l’Europa crede che la Russia abbia sabotato i gasdotti per continuare a fare pressione sui governi occidentali sempre più in difficoltà con il gas. Sul caso si è iniziato a indagare, mentre alcuni Paesi hanno rafforzato militarmente il controllo dei propri gasdotto (Italia compresa).

Quando si sono verificati gli attacchi, i due gasdotti non erano in funzione: il Nord Stream 1 era stato chiuso dall’azienda statale russa Gazprom dopo mesi in cui aveva funzionato a capacità contenuta, a causa delle tensioni tra Russia e UE per la guerra in Ucraina. Per le stesse ragioni il Nord Stream 2 non era mai entrato in funzione. Ma i due gasdotti erano comunque riempiti di gas, anche se, ovviamente, non veniva pompato. Da qui le perdite.

L’evento pone la pietra tombale sulle speranze che il flusso di gas dalla Russia verso l’Europa possa riprendere questo inverno. Prima le scuse, ora qualcosa di più “credibile”.

Circa le esplosioni, c’è quasi la certezza che gli incidenti siano dovuti ad attività sottomarina.

L’Europa sospetta che dietro ci sia la Russia per diversi motivi. Innanzitutto perché ne ha mezzi e capacità.

D’altronde il gas è stato ripetutamente usato come arma di ricatto nei confronti dell’UE. Poi, con il trucco delle “perdite”, Gazprom può interrompere le forniture in modo permanente senza incorrere in penali.

Ma c’è anche chi crede che non sia stata la Russia ad attentare alle tubature. A Putin converrebbe mantenere le linee integre per continuare ad esercitare il suo potenziale di ricatto. Poi, se si scoprisse che dietro al sabotaggio ci sia la Russia, si tratterebbe di un vero e proprio attacco a infrastrutture strategiche di Paesi Nato. Ciò potrebbe portare a un livello di escalation mai visto tra i due blocchi.

Infine, c’è un’ipotesi bizzarra ma verosimile. Stante la situazione, l’attuale leadership russa non avrebbe più potuto utilizzare i gasdotti Nord Stream 1 e 2 per vendere gas all’Europa. Questo per due motivi: per la degenerazione irreversibile dei rapporti diplomatici tra i Paesi europei e la Russia e per il peso sempre minore delle forniture di Mosca sul fabbisogno europeo.

E dunque? Per Mosca, in queste condizioni, sarebbe stato più semplice o conveniente sabotare i gasdotti? Forse, ma il punto non è questo.

Il sabotaggio, più che un’opportunità per Putin, rappresenterebbe, in realtà, un potenziale veicolo di scambio per un’opposizione interna: ripristino delle forniture a prezzi ante guerra, in cambio di un riconoscimento internazionale e di una ripresa dei commerci.

Di conseguenza, eliminare i gasdotti potrebbe non essere stato un attacco a Bruxelles ma un colpo a coloro che vogliono mettere fine alla leadership di Putin e che sono contrari alla guerra e alle sue conseguenze politiche ed economiche. Bruciare i ponti dietro per evitare tentazioni interne.

Si tratta comunque di un’ipotesi. Una delle tante che circola in merito. Tra queste ci sono anche quelle che riguardano gli americani, da sempre contrari ai Nord Stream e favorevoli a una definitiva rottura tra UE e Mosca. Agli americani, però, non converrebbe alzare ulteriormente la tensione internazionale, aprendo nuovi scenari in una guerra che sta distogliendo l’attenzione di Washington dal dossier a cui tiene di più, che si trova in Asia.

Da parte sua, la Russia he negato qualsiasi suo coinvolgimento e ha aperto all’ipotesi di un’indagine sovranazionale.

L’unica certezza che è possibile ricavare dall’accaduto, comunque, è che questa guerra si sta trasformando sempre più in un “conflitto ibrido”.

Redazione Radici

Donatello D'Andrea

Classe 1997, lucano doc (non di Lucca), ha conseguito la laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali e frequenta la magistrale in Sistemi di Governo alla Sapienza di Roma. Appassionato di storia, politica e attualità, scrive articoli e cura rubriche per alcune testate italiane e internazionali.

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