La tragedia dopo l’incubo: il killer degli indigeni si uccide

La tragedia dopo l’incubo: il killer degli indigeni si uccide
© LARS HAGBERG / AFP -

Myles Sanderson si era autoinflitto ferite che l’hanno portato alla morte subito prima di essere arrestato

L’incubo è finito, ma in tragedia. Myles Sanderson, 30 anni, autore con il fratello del massacro di dieci persone e il ferimento di diciotto nel Saskatchewan, in Canada, in gran parte indigeni, si è ucciso provocandosi ferite mortali.

Il killer, un uomo con 59 precedenti penali per aggressione, rapine e violenze, è stato arrestato dalla polizia canadese dopo una fuga durata settantadue ore, subito dopo l’arresto ha avuto la crisi finale ed è morto.

Domenica, assieme al fratello Damien, 31 anni, trovato morto lunedì mattina, aveva portato a termine un massacro, uccidendo a coltellate dieci persone e ferendone diciotto.

Tutte le vittime, tranne una, facevano parte della comunità rurale di indigeni della regione di Saskatchewan, che confina a sud con il Montana e il Nord Dakota.

Le vittime avevano tra i 23 e i 78 anni. Un ragazzino di 14 anni, che all’inizio era considerato tra i deceduti, è invece ferito e ricoverato in ospedale. Non è ancora chiaro il movente che ha portato al massacro, avvenuto alla vigilia della festa di Labor Day, la giornata che chiude simbolicamente il periodo delle vacanze estive.

I due fratelli erano entrati in azione intorno alle 5,40 di pomeriggio, colpendo in tredici posti diversi, in zone anche distanti una ventina di chilometri tra loro.

Alcune vittime, secondo la polizia, erano state prese volutamente di mira, altre sono capitate nel posto sbagliato.

Una famiglia di sei persone, trucidata dai due fratelli, potrebbe essere stata uno dei bersagli che hanno scatenato la furia omicida.

Solo una persona non faceva parte della comunità indigena ed è la vittima più anziana: Wesley Petterson, 78 anni, appassionato di natura, di uccellini, gestiva un bar nel villaggio di Weldon.

Quando la notizia dell’arresto del killer si è diffusa nel pomeriggio, centinaia di persone hanno festeggiato la fine dell’incubo.

“L’hanno preso, l’hanno preso”, hanno detto in molti. “C’è finalmente un senso di sollievo”, ha commentato Shania Peters, 22 anni, che nell’attacco ha persona la nonna, Gloria. “Molte persone – ha aggiunto – stanotte dormiranno meglio”.

Dei diciotto feriti, dieci restano in ospedale, tre sono in condizioni gravi. Fanno tutti parte della comunità della riserva di James Smith Cree Nation, un villaggio di poco più di duemila persone. Anche se non potrà riportare in vita i loro cari, la gente vuole sapere perché i due fratelli hanno massacrato la loro comunità.

AGI

Redazione Radici

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