All’Alta Velocità nel Mezzogiorno molte risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza

All’Alta Velocità nel Mezzogiorno molte risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza

Ma è lo choc dei prezzi a frenare il Sud.

Il vero grande timore, a dire degli esperti, è che l’incertezza politica e il rischio di un cattivo – o di un utilizzo solo parziale – dei fondi del Piano Nazionale di ripresa e resilienza possano ampliare ulteriormente la distanza tra Nord e Sud. Una forbice che, dopo la pandemia, ha ripreso purtroppo ad allargarsi. «Perché l’Ue ci dà 209 miliardi di euro? Perché l’Italia è il grande malato d’Europa, a Nord come a Sud».

Lo ha detto ieri senza troppi giri di parole Adriano Giannola, presidente della Svimez-Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, nel corso della presentazione alla Camera del Rapporto Svimez 2022 che come di consueto fotografa lo stato di salute del Meridione. «Se io sottraggo risorse al Sud, per esempio, attraverso l’autonomia differenziata, che è un modo per trattenere più soldi, vuol dire impoverire l’istruzione, la sanità, ma vuol dire anche per il Nord impoverire sé stesso, visto che il suo grande mercato è sempre stato il Sud», ha continuato Giannola. «O a livello nazionale si fa un ragionamento serio guardando quali sono le grandi opportunità dell’Italia e del Sud in particolare, per esempio con i porti e le nuove forme energetiche come la geotermia, oppure ci si condanna tutti alla povertà».

Dopo lo choc della pandemia (che ci tiene ancora tutti con il fiato sospeso) dunque, l’Italia ha conosciuto una ripresa pressoché uniforme tra macro-aree. Il rimbalzo del Pil 2021, guidato dal binomio di investimenti privati (in particolare nel settore delle costruzioni) ed export, si è diffuso in tutto il Paese, ma è stato più rapido nel Nord. Contrariamente alle passate crisi, il Meridione ha però partecipato alla ripartenza anche grazie alle politiche a sostegno dei redditi delle famiglie e della liquidità delle imprese. Il Pil del Mezzogiorno – calato dell’8% nel 2020 (-9% il calo a livello nazionale) – è cresciuto del 5,9% nel 2021 (a fronte di una crescita nazionale del +6,6%).

Tuttavia, il trauma della guerra ha cambiato il segno delle dinamiche in corso a livello globale: rallentamento della ripresa, aumento del costo dell’energia e delle materie prime e comparsa di nuove emergenze sociali. In un contesto di policy anch’esso in evoluzione per l’avvio della fase di rientro dalle politiche di bilancio e monetarie espansive. Nel 2022 stiamo assistendo ad una frenata soprattutto nei consumi delle famiglie italiane meno abbienti, sui cui bilanci incide maggiormente l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità. Un’asimmetria tra famiglie che si traduce in un’asimmetria territoriale sfavorevole al Sud, dove più di un terzo delle famiglie è in difficoltà, contro il 14,4% del Centro e meno del 13% nel Nord. Si riapre così la forbice tra Settentrione e Meridione, con una crescita del Pil al Sud, nel 2022, stimata dalla Svimez al 2,8%, contro il 3,6% del Centro- Nord e il 3,4% del Paese. Stesso trend previsto nel 2023: +1,7% nelle Regioni centrosettentrionali a fronte di un +0,9% in quelle del Sud. Per ciò che riguarda gli investimenti, crescono al Sud più che al Nord nel 2022: +12,2% contro il +10,1%.

Al Sud però spingono la crescita soprattutto quelli nel settore delle costruzioni, grazie allo stimolo pubblico (ecobonus 110% e interventi finanziati dal Pnrr); la crescita degli investimenti orientati all’ampliamento della capacità produttiva è invece inferiore di tre punti a quella del Centro-Nord (+7% contro +10%). E poi l’occupazione: al Sud cresce, ma peggiora la qualità del lavoro. Nel I trimestre del 2022 gli occupati del Mezzogiorno sono tornati a livelli del primo trimestre del 2020, con ancora 280mila posti di lavoro da recuperare rispetto al primo trimestre 2009. Il recupero dell’occupazione nel 2021 è però interamente dovuto al Sud a una crescita dei dipendenti a termine e tempo parziale involontario. Dalla crisi del 2008, il progressivo peggioramento della qualità del lavoro, con la diffusione di lavori precari ha portato a una forte crescita dei lavoratori a basso reddito, a rischio povertà. Le anticipazioni del Rapporto Svimez fotografano un Sud che da un lato ha partecipato alla ripresa economica del 2021 e 2022 in maniera significativa, e questo è un fatto nuovo. Quello che ci preoccupa invece è il futuro e quello che potrà accadere tra la fine del 2022 e il 2023, in particolare, per il nuovo quadro congiunturale.

I dati del rapporto evidenziano come il picco dell’inflazione si faccia sentire soprattutto nel Mezzogiorno. Questo impatta in particolare sulle famiglie a basso reddito, più diffuse al Sud, anche perché l’inflazione si esalta soprattutto purtroppo sui beni di prima necessità e sui consumi energetici. Ciò implicherà una riduzione della crescita; tra il 2023 e il 2024 si prevede una riapertura del divario tra Nord e Sud. Il Pnrr si conferma un elemento decisivo per la ripresa degli investimenti al Sud. Un grosso problema che il Pnrr dovrà affrontare è quello delle infrastrutture sociali, in particolare la scuola. Oltre il 60% degli alunni del Sud non ha né la mensa né la palestra e il tempo pieno è molto minore nel Mezzogiorno. Tutto questo si traduce in minore acquisizione di competenze e quindi minore sviluppo.

Bisognerebbe concentrarsi soprattutto nel riallineamento dell’offerta di servizi essenziali, vale per la Scuola ma anche per tutte le altre infrastrutture che in modo significativo incidono sullo sviluppo del nostro Paese e contribuiscono a non fargli perdere prestigio e appeal in Europa. I soldi ci sono, non spenderli, spenderli male e peggio ancora sperperarli tra mille ruberie bloccherebbe irrimediabilmente la crescita del nostro Paese.

Marcario Giacomo

Redazione

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