La politica italiana tra giochi di alleanze rancori e personalismi

La politica italiana tra giochi di alleanze rancori e personalismi

Di Daniela Piesco Co-Direttore Radici 

La prima pagina de La Stampa titola “Vergogna” alla notizia della caduta del governo Draghi, io piuttosto direi che la situazione attuale rientrerebbe alla perfezione nella terza legge fondamentale della stupidità umana, descritta dal compianto Carlo Cipolla: lo stato di crisi danneggerebbe chi lo subisce, ovverosia il Paese, ma anche chi lo provoca, dimostrando che non sa governare ma solo manovrare.

Non ci sono motivi strutturali ma sempre giochi di alleanze, rancori e personalismi.

Sinora ciascuno ha guardato oltre l’appello di responsabilità proveniente da più parti assecondando solo impeti di autoreferenzialità.

È la scelta del centrodestra di governo il «fatto nuovo» di Palazzo Madama. La «responsabilità» che Salvini e Berlusconi avevano annunciato di voler praticare è stata messa da parte, in modo anche imprevedibile, dalla prospettiva di una vittoria elettorale a una manciata di settimane dalla fine naturale della legislatura.

Una scelta che non nasce in poche ore e che prescinde anche dalle possibili conseguenze interne : Forza Italia ha visto già l’abbandono della ministra Gelmini ,di Brunetta e nelle ultime ore di Carfagna.

E credo che non tutti, tra i moderati della coalizione, seguiranno l’avventura a traino della destra-destra.

Ma chi sta all’opposizione,chi commenta non è poi tanto meglio. Forse è perfino peggio. E questo giudizio non deve essere inquadrato come mero populismo ma quasi un dato di fatto corroborato dalla consuetudine italiana.

L’eterna instabilità

All’Italia servirebbero governi più stabili? Parrebbe di  sì, se si considera che il nostro è il paese con più crisi di governo dal 1970 a oggi. Un primato mantenuto anche nella seconda repubblica.

Ed è così che le alchimie della politica italiana non sono facilmente decifrabili ne per gli italiani residenti in patria ,né per chi vive all’estero, spesso in Paesi retti da repubbliche presidenziali.

In Italia, infatti, i governi nascono e muoiono in Parlamento e non nella cabina elettorale; è per questo che in oltre  75 anni di Repubblica abbiamo già avuto più di  67 governi, una media non lontana da quella di uno all’anno.

Ad ogni caduta di governo chi urlava dagli spalti premendo per salire ai posti di governo non ha poi risolto nulla.

È una missione persa, una causa degli sconfitti, quella di trasformare la cosa pubblica, la politica in uno strumento al servizio del popolo e non del proprio ego.

E dovrebbe farci arrabbiare, a noi elettori, il fatto che un esecutivo non riesca mai a finire il suo mandato perché significa progetti lasciati a metà, riforme mai attuate, costi per indire nuove elezioni.

A pagare sempre e solo noi.

Ma aldilà delle opinioni personali cerchiamo di dare qualche notizia utile assolvendo al nostro compito fondamentale che è quello di informare .

Il Governo resta in carica, ecco cosa può fare nel ‘disbrigo degli affari correnti’

Nonostante le dimissioni del premier Draghi, l’esecutivo rimarrà fino alla formazione di un nuovo governo. Ecco cosa potrà fare e cosa e cosa no .

Questo perché il Paese non può restare senza un governo, pena la paralisi amministrativa.

Ma cosa significa ‘ disbrigo degli affari correnti’ ?

Nello specifico, il ‘disbrigo degli affari correnti’ prevede che l’esecutivo si limiti ad assicurare una continuità amministrativa adottando atti urgenti.

In particolare :

-potrà emanare decreti legge in quanto dettati da casi di necessità e urgenza ed esaminare i relativi disegni di conversione;

-potrà esaminare i disegni di legge di ratifica dei trattati, i ddl di delegazione europea e della legge europea se si tratta di atti dovuti, in quanto adempimento ad obblighi internazionali o derivanti dall’appartenenza all’Ue.

-il Governo non potrà esaminare nuovi disegni di legge, a meno che non siano imposti da obblighi internazionali;

-potrà approvare decreti legislativi solo se serve ad evitarne la scadenza dei termini;

-non potrà adottare nuovi regolamenti ministeriali o governativi, a meno che la legge o obblighi internazionali non impongano altrimenti, oppure che siano necessari per l’operatività della pubblica amministrazione o per l’attuazione di riforme già approvate dal Parlamento;

-non potrà procedere con nomine o designazioni che non siano vincolate nei tempi da leggi o regolamenti, o che comunque non siano procrastinabili fino all’entrata in carica del nuovo governo

Il governo potrà preparare la nuova finanziaria senza poterla approvare. Quest’ultima poi verrà vagliata e eventualmente approvata, dal nuovo Parlamento.

Ma veniamo ai tempi del voto e a quelli della manovra

Com’è noto, la Manovra deve essere approvata entro la fine dell’anno. Ma da questo punto di vista non ci dovrebbero essere rischi.

L’orientamento che sembra emergere nel Governo in carica per gli affari correnti è di andare a elezioni a settembre, tra il 18 e il 25 settembre. In tempo perché il nuovo esecutivo affronti la sessione di bilancio.

Si dovrebbe cambiare rotta perché l’Italia merita di avere un governo stabile che possa durare l’intera legislatura per essere valutato poi alla fine del percorso. L’eterna instabilità non premierà né i vinti e né i vincitori politici ma certamente colpirà il quadro sociale che negli anni si è fortemente indebolito, così come è stata demolita la capacità di impresa ed il diritto al lavoro.

Daniela Piesco Redazione Radici

Redazione Corriere Nazionale

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pH Micha Franke 

Redazione

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