Dl aiuti: M5s non vota la fiducia in senato, governo verso la crisi

Dl aiuti: M5s non vota la fiducia in senato, governo verso la crisi
Fonte immagine: Banca centrale europea/Flickr

(NoveColonneATG) Roma – La fine del governo Draghi sembra essere a un passo. Nella serata del 13 luglio, i pentastellati guidati dall’ex premier Giuseppe Conte hanno deciso di non votare la fiducia sul decreto Aiuti e di uscire dall’Aula il 14 luglio: una risoluzione, la loro, che potrebbe indurre Draghi a rassegnare le sue dimissioni. A far detonare, di fatto, la crisi di governo sono state le parole di Conte nella tarda serata del 13 luglio allorché, al termine di una giornata caratterizzata da una serie di lunghissime riunioni, ha affermato che il movimento non è disponibile “a concedere cambiali in bianco” in quanto “le dichiarazioni di intenti non bastano”. Il leader M5s ha quindi definito “insufficienti” le aperture del premier rivendicando però il merito di aver spinto il premier ad annunciare l’imminente arrivo di un nuovo decreto a sostegno del potere d’acquisto delle famiglie.

In aula al Senato il governo ha posto la questione di fiducia il 14 luglio: fallito il tentativo in extremis del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, di ritirare la questione di fiducia. Il ministro – secondo quanto riferito da fonti del governo –  ha avuto un confronto con il presidente del Consiglio Mario Draghi il quale ha indicato come unica via percorribile la richiesta di fiducia al Senato sul Dl aiuti. Nello specifico, la frattura che rischia di rivelarsi letale per l’esecutivo è stata provocata dal “no” dei 5 Stelle al termovalorizzatore di Roma: il dl Aiuti prevede infatti anche poteri speciali per il sindaco della capitale, che consentirebbero di costruire il nuovo impianto. La scelta di Conte è in ogni caso gravida di conseguenze. Al riguardo Draghi è stato infatti chiarissimo: “Se non votate la fiducia non sono disponibile ad andare avanti” aveva detto il presidente del Consiglio, così come nette sono le posizioni espresse da Matteo Salvini ed Enrico Letta.

Per il leader della Lega, il dietrofront dei pentastellati rende necessario l’immediato ritorno alle urne, mentre per il segretario del Pd, che si è detto pronto a chiedere una verifica sulla sussistenza di una maggioranza, ha affermato altresì che dare la parola agli elettori a questo punto potrebbe essere “nella logica delle cose”. In sostanza, Draghi potrebbe salire al Colle già il 14 luglio. Nel caso lo facesse, Mattarella potrebbe rinviare il governo alle Camere per costringere i partiti ad assumersi le proprie responsabilità. Ma questo si vedrà nelle prossime ore.

Redazione

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