Stelle cadenti: cosa succederà al M5S dopo l’addio di Di Maio?
Ieri sera Luigi Di Maio, Ministro degli Esteri e figura importante del Movimento Cinque Stelle, ha annunciato l’addio al suo partito.
La notizia arriva dopo la debacle delle amministrative, la quale ha rappresentato una seria battuta d’arresto per il Movimento. Negli ultimi giorni Di Maio aveva accusato indirettamente il Presidente del M5S di aver indebolito il partito, giudicandolo quindi responsabile della sconfitta alle ultime elezioni.
Il forfait di Di Maio non è comunque una sorpresa. Massimo sostenitore, assieme a Grillo, dell’ingresso del partito nel governo, ha sempre rappresentato l’ala più governista della formazione politica, preferendo mettere da parte i valori che hanno guidato i grillini per gestire le questioni politiche dall’interno delle stanze del potere. Ci si aspettava, in questi giorni, che Conte lo espellesse ma probabilmente per evitare una rottura radicale e mai più sanabile – i ritorni non si escludono mai, soprattutto in politica – si è preferito prendere una strada diversa, meno dura e più pulita.
Giuseppe Conte e Luigi Di Maio si sono scontrati spesso, anche nelle ultime ore sulla risoluzione discussa in Senato che ha richiesto una lunga mediazione proprio con il M5S contiano. In molti si ricorderanno anche dello scontro interno provocato dai giochi di potere legati alla rielezione di Mattarella e all’affondamento del nome di Elisabetta Belloni. All’epoca si parlò di un intervento nell’ombra proprio di Di Maio, che sabotò assieme ad altri il principio di accordo tra Salvini, Conte e Letta – che si sfilò subito per il timore di provocare una sollevazione interna nel PD guidata dagli ex renziani.
Detto ciò, l’uscita di scena di Di Maio scombussola un po’ tutta la politica italiana. Ora che l’ala governista si è fatta da parte – sono circa 60 i parlamentari che seguiranno il ministro nel suo gruppo “Insieme per il futuro” – cosa faranno Conte e il M5S? Facendo due calcoli, la maggioranza potrebbe reggersi anche senza il supporto grillino. Di conseguenza Conte potrebbe passare qualche mese all’opposizione per riguadagnare consenso.
Ciò comporterebbe un rimpasto di governo – dato che il M5S uscirebbe e Insieme per il futuro sarebbe sovra-rappresentato rispetto alla Lega che diventerebbe il primo gruppo parlamentare, e probabilmente comincerà a pretendere più peso rispetto al nuovo soggetto politico di Di Maio.
Per ora Conte ha escluso ogni tiro mancino e Draghi sembrerebbe poco intenzionato ai rimpasti, ma le cose potrebbero cambiare. D’altronde siamo vicini alla campagna elettorale per le prossime Politiche e ogni minimo spostamento del consenso potrebbe premiare o costare voti preziosi.
Resta da chiedersi anche se Di Maio abbia intenzione di formare un nuovo soggetto politico tutto suo, per presentarsi al voto autonomamente e quali alleanze abbia intenzione di stringere per superare lo scoglio della soglia del 3%. Alcuni parlano di un progetto di grande coalizione che comprenderebbe anche il sindaco di Milano Sala, i Verdi, l’ex Pizzarotti e Giovanni Toti.
Non vanno sottovalutate nemmeno le pulsioni interne ai grillini, che Conte sarà chiamato a governare per evitare altre scissioni nel momento di massima debolezza del partito.
Ma per Conte, quella che potrebbe rappresentare un’opportunità nell’immediato potrebbe diventare anche un rischio nel lungo termine. L’eventuale – e per ora esclusa – uscita dal governo e l’addio di Di Maio rischierebbero di compromettere l’operazione “campo largo” lanciata assieme ad Enrico Letta. Letta aveva immaginato una coalizione di centrosinistra che tenesse insieme il Movimento 5 Stelle, i partiti di sinistra e di centro. L’operazione era già molto complessa per l’ostilità tra il M5S, Italia Viva e Azione ma è altrettanto impensabile che Conte possa accettare di trovarsi allo stesso tavolo con Di Maio.
Redazione Radici