A che punto è il dibattito sul salario minimo

A che punto è il dibattito sul salario minimo

L’approvazione finale sulla direttiva a livello europeo è prevista per l’inizio della prossima settimana. L’obiettivo è quello di stabilire dei requisiti di base per garantire un reddito che permetta un livello di vita dignitoso per i lavoratori

È stata già calendarizzata una conferenza stampa per martedì mattina a Strasburgo in previsione dell’atteso accordo. La proposta del Parlamento europeo (approvata il 25 novembre 2021 con 443 voti a favore, 192 contro e 58 astensioni) mira a stabilire dei requisiti di base per garantire un reddito che permetta un livello di vita dignitoso per i lavoratori e le loro famiglie.

I deputati propongono due possibilità per raggiungere l’obbiettivo: un salario minimo legale (il livello salariale più basso consentito dalla legge) o la contrattazione collettiva fra i lavoratori e i loro datori di lavoro. Inoltre, il Parlamento vuole rafforzare ed estendere la copertura della contrattazione collettiva obbligando i Paesi Ue con meno dell’80% dei lavoratori coperti da questi accordi a prendere misure efficaci per promuovere questo strumento.

Il Consiglio aveva invece approvato la sua proposta di negoziazione il 6 dicembre scorso e punta in particolare sulla promozione della contrattazione collettiva. “Tendenzialmente, nei Paesi caratterizzati da un’elevata copertura della contrattazione collettiva la percentuale di lavoratori a basso salario è minore e le retribuzioni minime sono più elevate rispetto ai Paesi in cui tale copertura è più bassa. Per questo motivo i ministri hanno convenuto che i Paesi dovrebbero promuovere il rafforzamento della capacità delle parti sociali di partecipare alla contrattazione collettiva. Qualora la loro copertura della contrattazione collettiva sia inferiore al 70%, dovrebbero anche definire un piano d’azione per promuoverla”, affermano i ministri nella loro proposta.

Tuttavia, “al fine di promuovere l’adeguatezza dei salari minimi legali e garantire quindi condizioni di vita e di lavoro dignitose, gli Stati membri in cui sono previsti tali salari minimi legali hanno il compito di introdurre un quadro procedurale per fissarli e aggiornarli secondo una serie di criteri chiari e stabili”.

“I salari minimi legali – si legge – saranno aggiornati con regolarità e tempestività. Il loro importo può inoltre essere adeguato mediante meccanismi di indicizzazione automatica”. I ministri hanno inoltre convenuto una serie di misure per migliorare l’accesso effettivo alla tutela garantita dal salario minimo per i lavoratori che vi hanno diritto: controlli e ispezioni adeguati, informazioni facilmente accessibili sulla tutela garantita dal salario minimo, un richiamo alle norme vigenti in materia di appalti pubblici, il diritto di ricorso e sanzioni per i datori di lavoro inadempienti.

Le reazioni politiche

“Abbiamo posto la questione salariale come la grande questione nazionale oggi e questo per due motivi: il primo perché i salari in Italia sono rimasti fermi a come erano sostanzialmente 20 anni fa, è stato ovviamente un grande guaio di questi decenni; contestualmente l’inflazione per la prima volta dopo 30 anni a questa parte è ripartita e ha raggiunto quasi il 7%. Se mettiamo le due cose insieme l’effetto è terribile, quindi bisogna intervenire su entrambi gli aspetti”. Lo ha detto a Pescara il segretario del PD, Enrico Letta, a margine dell’inaugurazione della nuova sede PD Abruzzo.

“Bisogna – ha proseguito – che ci siano quei interventi del governo come quelli che sono stati fatti recentemente per contenere i costi dell’energia per far scendere l’inflazione. Contestualmente bisogna che ci sia un intervento sui salari. Come? L’intervento per noi sui salari vuol dire soprattutto concentrare le riduzioni fiscali sulle tasse sul lavoro. È insopportabile che l’Italia abbia incentivato tutti gli investimenti finanziari e gli investimenti sulla rendita e non le tasse sul lavoro che sono tra le piu’ alte d’Europa. Quindi ridurre le tasse sul lavoro per dare più soldi in busta paga ai lavoratori e per rendere anche piu’ agevole dare lavoro da parte dei datori di lavoro, da parte delle imprese, le piccole e medie imprese”.

“Poi il ragionamento sui giovani, non è possibile che oggi i primi lavori siano sempre stage o tirocini gratuiti: noi li vogliamo abolire, come il ministro Orlando ha già cominciato a fare, vogliamo che il primo lavoro per i giovani sia incentivato e che sia un lavoro solido e importante. Accanto a questo, l’altro tema fondamentale è quello di ridurre il tasso di precarietà, rivedere le tipologie di lavoro che oggi purtroppo tengono così alto il tasso di precarietà. Per noi la questione salariale è fondamentale, accanto a questo c’è ovviamente l’impegno ad arrivare al salario minimo, come fanno in Germania e come fanno in Australia, paesi che sono simili al nostro e che hanno fatto una scelta che anche noi dovremmo fare”, ha concluso Letta.

“Il salario minimo per legge non va bene, perché va contro la nostra storia di relazioni sindacali”. Lo ha detto il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, al Festival dell’economia di Trento. “I lavoratori si difendono con i contratti, con il welfare, con una buona pubblica amministarzione, una buona scuola“, ha aggiunto Brunetta secondo il quale “il salario deve rispondere alla produttività e per questo non può essere moderato”.

“Evitiamo di prendere a modello, a seconda delle circostanze, la Germania. La prenderei a modello sull’unire Nord e Sud e importerei il sistema della partecipazione, facendo contare di più i lavoratori nella gestione delle aziende”. Questa invece la posizione espressa dal segretario generale della Cisl Luigi Sbarra.

“In Germania non esistono contratti collettivi nazionali di lavoro salvo qualche settore, noi abbiamo un sistema diverso con il 90% di copertura contrattuale – ha poi aggiunto – ecco perché non serve un salario minimo per legge a 9 euro lordi, la soluzione potrebbe essere quella di rafforzare i minimi contrattuali di quelli sottoscritti dalle organizzazioni maggiormente rappresentative“.

Il salario minimo è fondamentale per coprire i lavori che non hanno contratti nazionali di riferimento, ma non basta perche’ i giovani hanno degli stipendi mediamente inferiori del 30% alla media nazionale. Per questo chiediamo di concentrare il taglio del cuneo fiscale e contributivo sulla fascia fino ai 30 anni: costa 5 mld di euro”. La proposta arriva da Carlo Calenda.

Per il leader di Azione serve anche una modifica del Reddito di cittadinanza. “Circa la metà dei percettori può lavorare. Su questa metà bisogna dare mandato alle agenzie private di lavoro di fare anche formazione. E se un’offerta viene rifiutata, quella prestazione va chiusa. Non è morale che il Reddito venga percepito se si rifiuta un lavoro”.

Redazione

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.