I ritardi della polizia nella strage della scuola elementare di Uvalde
Tutte le gravi mancanze delle forze dell’ordine durante la sparatoria in Texas dove, martedì scorso, un 18enne ha ucciso diciannove bambini e due insegnanti prima di essere ucciso
Ritardi e reticenze al comando. Due gravi mancanze da parte della polizia che hanno contribuito – ora si indaga sul quanto – alla strage della scuola elementare di Uvalde, in Texas, dove martedì un 18enne ha ucciso diciannove bambini e due insegnanti prima di essere abbattuto dagli agenti.
I ritardi
Alle 11.28 il giovane Salvador Ramos si schianta con il suo pickup Ford – che non sapeva guidare – in un fosso dietro la scuola elementare Robb. Aveva già sparato alla nonna qualche minuto prima. E i vicini avevano allertato la polizia.
Scende dal mezzo armato e con uno zaino in mano, aveva due fucili Ar-15. Lo avvistano due persone che in quel momento uscivano da un’agenzia di pompe funebri che si trova dall’altra parte della strada (di fronte alla scuola). Ramos spara nella loro direzione ma li manca e riescono a mettersi in salvo.
Alle 11.30 la prima chiamata al 911. La polizia viene allertata dell’incidente e della presenza dell’uomo armato. Alle 11.31 Ramos comincia a sparare contro la scuola. Due minuti dopo è già nelle aule 111 e 112, collegate tra loro da un bagno, dove spara oltre cento colpi e compie la strage.
Alle 11.35 tre agenti del distretto di polizia entrano nell’edificio seguendo il killer, due di loro vengono feriti. Non ci saranno più interventi fino alle 12.50 quando gli agenti dell’unità tattica della polizia di frontiera fanno irruzione nell’aula e uccidono Ramos.
Nel frattempo ci sono state numerose telefonate al 911 da parte dei bambini in ostaggio. E all’esterno della scuola si erano radunati decine di agenti, tra distretto di Uvalde, dello sceriffo della Contea e della Guardia di frontiera (questi sono arrivati alle 12.15, quaranta minuti dall’inizio dell’attacco).
AGI