Acrobazie turche
![Acrobazie turche](https://www.progetto-radici.it/roots/wp-content/uploads/2022/05/Acrobazie-turche-Erdogan.jpeg)
L’invasione russa dell’Ucraina ha spinto la Turchia in una posizione molto scomoda, sollevando nuovi dubbi sulla fedeltà di Erdogan al campo atlantico. La necessità di mantenere una sorta di ambiguità diplomatica in questa guerra è motivata soprattutto dalle relazioni costruite nel corso degli anni con entrambe le parti in conflitto: la Russia è il fornitore principale di gas e un partner commerciale importante, ma Ankara, al contempo, è l’argine principale al dilagare di Mosca in Asia Minore e Medio Oriente.
Di conseguenza, allo scoppio della guerra, Istanbul si è trovata nella scomoda posizione di essere schiacciata da interessi divergenti a livello diplomatico ed economico in una guerra in cui non legge alcun tornaconto personale. Inoltre, l’appartenenza all’Alleanza Atlantica è stata disturbata dai numerosi tiri mancini compiuti dai turchi nei confronti degli americani – come, ad esempio, l’acquisto di armi russe – e dalle sempre più evidenti affinità politiche nelle leadership di Putin ed Erdogan.
Tutto ciò rende ancor di più la posizione turca ambigua e precaria.
A livello di legami commerciali, la partnership russo-turca è cresciuta esponenzialmente negli ultimi decenni. Mosca è il terzo partner commerciale di Ankara. Un interscambio che vale quasi 40 miliardi di dollari.
Anche a livello “turistico” i legami sono molto forti. Su 20 milioni di turisti registrati nel 2021, circa 4 milioni erano russi. Un giro d’affari che vale almeno 25 miliardi di dollari.
I legami diventano più stretti, però, quando si parla di gas. La Russia rappresenta il primo partner energetico di Ankara, contribuendo al 33% del fabbisogno nazionale turco. Anche Erdogan sta trovando difficoltà nel diversificare gli approvvigionamenti ma l’apporto russo resta elevato, immediato e insostituibile. Almeno per ora.
È possibile leggere una certa affinità anche nelle leadership di Erdogan e di Putin. Entrambi uomini di estrazione autocratica, avversano i principi democratici sostenuti dai Paesi occidentali. L’affinità tra i due autocrati si è tradotta nello scambio di armamenti militari, il quale ha portato gli americani ad espellere Ankara dal programma Nato dello sviluppo degli F-35 in seguito all’acquisto dei sistemi S-400.
La distanza tra i due Paesi – ma anche con alcuni alleati occidentali come Italia e Francia – si sostanzia maggiormente nella ricerca di un’autonomia strategica da parte di Ankara nel Mediterraneo, in Africa e in Medio Oriente. In Libia, Erdogan e Putin sostengono due opposte fazioni, lo stesso discorso vale per la guerra nel Nagorno-Karabakh, dove la Russia sostiene l’Armenia e la Turchia parteggia per l’Azerbaijan.
È qui, forse, che è possibile rintracciare l’interesse turco per Kiev. Tenere lontani i russi dall’Ucraina impedisce a Putin di estendere la sua ingombrante influenza nella zona di interesse turca. Le aspirazioni regionaliste di Erdogan sono legate alla capacità di arginare i propositi geopolitici di Mosca, unica grande potenza di respiro globale (e non solo regionale) della zona.
Ciò non toglie che la Turchia abbia comunque assunto un atteggiamento diplomaticamente neutrale – pur supportando la resistenza armata ucraina con la vendita di droni. Ankara si è rifiutata di sanzionare Mosca, ha accolto gli yackt russi e si prepara a rimpolpare l’erario con la stagione estiva, dove probabilmente accoglierà più turisti russi del solito.
Contemporaneamente, Erdogan partecipa all’azione della Nato come più “ambiguamente” può, facendo valere, ad esempio, la Convenzione di Montreux del 1936 chiudendo gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli alle navi da guerra russe ed ucraine. Anche la proposta di tavoli della pace risponde alla doppia esigenza di tenersi buoni americani e russi. Infatti, in nome dei suoi buoni uffici con Mosca, Erdogan è riuscito a portare al tavolo i due ministri belligeranti. Per ora si tratta dell’unico vero incontro di alto livello tra i due Paesi in guerra.
La posizione turca va letta, dunque, nella sua volontà di preservare l’interesse nazionale cercando di non far danno a nessuna delle due fazioni in lotta. Una serie eccezionale di acrobazie che, almeno per ora, stanno tenendo perfettamente Erdogan sul filo del rasoio. L’attesa turca è tutta rivolta verso coloro che, a un certo punto del conflitto, gli faranno l’offerta migliore. Un po’ come sta accadendo sul veto all’ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia.
Redazione Radici