Il sogno

Il sogno

E’ un paese di tanti anni fa, quello che appare in sogno a Fernando (Hérnan) Grillo; sembra un paradiso terrestre, con montagne che all’alba si illuminano di mille colori. Un cumulo di ricordi, pene e nostalgie che l’autore vuole poter condividere con tutti noi. (testimonianza trasmessami da Pergamino il 18 marzo 2003).

‘Ancor oggi che mi sto avvicinando agli ottantotto anni, quando di notte chiudo gli occhi, mi vengono in mente le immagini di quel paese che abbandonai in Italia, molti anni fa […] Era un paese che assomigliava ad un paradiso terrestre, circondato da montagne che ogni mattina, con il sorgere del sole, si illuminavano di mille colori. Non posso neanche dimenticare quelle strette viuzze, così ripide che sembravano addirittura sentieri dipinti a mano da qualche pittore. E la cascina con il suo tetto di tegole rosse e le pareti bianche, di fronte ad un giardino, con i vasi appesi in qualche ingresso o in qualche balcone.
E come dimenticare le lunghe camminate con i miei amici e le loro case! Mi chiedo cosa ne sarà di Bruno e Domenico, due carissimi amici con i quali condivisi ore ed ore dell’infanzia, giocando e facendo mille peripezie… Di loro conservo solamente alcune foto e ogni volta che le rivedo mi vien da piangere.
Ancora oggi, dopo molti anni, mi sembra di vedere mia madre che ammassa il pane e prepara gli spaghetti e la crescia; ho il vivo ricordo di quelle domeniche quando andavamo a Messa, in quella piccola chiesa spersa nel bel mezzo della vallata, con le sue campane fortissime che facevano l’eco contro le rocce delle montagne. Ricordo ancora quei pranzi delle feste, quando tutta la famiglia si riuniva attorno alla tavola, per condividere un piatto di spaghetti, e quasi sempre era una specie di scusa per poter scambiare due chiacchiere ed essere felici.
Conservo ancora la ricetta che mi diede mio zio Vittorio per fare il vino casereccio.
Da quello che avrete capito, la nostalgia e i ricordi – ma anche la tristezza – sono sempre presenti nel mio cuore, ed ogni tanto i miei occhi si riempiono di lacrime.
Un giorno, nell’estate del 1920, io ero fra i pomodori e le piante di ulivo, quando all’improvviso vidi mio padre con gli occhi lucidi; era la prima volta che lo vedevo così e allora capii che si stava abbattendo, si stava lasciando andare. Lui era una persona forte, non esternava mai quello che gli succedeva, ma quella volta la frustrazione e l’inquietudine lo invasero e, a mano a mano che passarono gli anni, cominciai a capire meglio la situazione.
Mio padre, Rocco, era rimasto disoccupato, perché in Italia le cose non erano più le stesse, dopo l’atroce esperienza della prima guerra mondiale.
Tutto sembrava più debole e fragile e la precarietà lo condusse a prendere la decisione di partire per l’Argentina, che per lui era la terra promessa, luogo del quale tutti parlavano, per la ricchezza ed i miracoli che vi succedevano.
Fu così che riunimmo tutto quello che avevamo e che potevamo portare con noi; mio padre raccolse i suoi ultimi risparmi, tra cui dei pesos che gli aveva dato un vicino e qualche familiare, e comprò i biglietti per viaggiare su una vecchia nave.
Quasi come uno scherzo dell’ingrato destino, il giorno e l’ora della partenza arrivarono così in fretta da neanche rendercene conto; così partimmo una domenica verso questa lontana terra, lasciando tutto quello che avevamo al paese e portando con noi una valigia di sogni e speranze.
Un’immagine indimenticabile fu quella della nave che salpava dal porto, le montagne che si vedevano sempre più lontane e in quei momenti sentii una sensazione amara dentro me, come se fosse l’addio a questi luoghi natii e capii che non sarei tornato mai più.
All’arrivo a Buenos Aires, ci fermammo in un conventillo nel quartiere di San Telmo che aveva i piani di mattoni, un pozzo ed un rosaio.
Dopo un paio di mesi andammo a vivere in una città chiamata Salto; mio padre cominciò a lavorare nelle ferrovie, mia madre lavorava come domestica ad ore in una casa ed io cominciai la scuola.
Quando scendeva la sera e dopo cena, studiavamo la lingua spagnola alla luce della lampada a kerosene, dato che non sapevamo né leggerla né scriverla.
Con il passare degli anni, mio padre e mia madre morirono; oggi sono rimasto solamente io, con questo cumulo di ricordi, pene e nostalgie che voglio poter condividere con tutti voi.
Hernán Grillo’

 

Paola Cecchini

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