Un emigrante che ritorna è  un borgo che rinasce  

Un emigrante che ritorna è  un borgo che rinasce   
di Irene Savaris

“Maggio ha portato una novità positiva a Funes, piccola frazione del comune di Chies d’Alpago, paese che, nel corso degli anni, ha risentito del fenomeno dell’emigrazione”. Ne scrive Irene Savaris nell’ultimo numero di “Bellunesi nel mondo”¸ mensile dell’omonima associazione, diretto da Dino Bridda.

“Fenomeno, quello dello spopolamento”, afferma il sindaco Gianluca Dal Borgo, “che ha interessato molte valli della provincia di Belluno. La gente se ne è andata in cerca di lavoro, dove questo era disponibile, dove c’erano le grandi industrie, dove venivano offerti vari servizi. In più, nel caso specifico di Funes, la frana del Tessina, che incombe sull’abitato, ha accelerato l’esodo. Ora, però, si nota una tendenza al ritorno. Stanno arrivando degli imprenditori che investono nelle ristrutturazioni di case, casere e alberghi. Il nostro è un territorio genuino, rimasto preservato dall’inquinamento, adatto al turismo verde, garanzia anche in questo periodo di Covid. L’imprenditore Gilio Munaro fa parte di questa schiera di emigranti, rimasti attaccati al paese d’origine, ed il suo importante investimento speriamo possa fungere da esempio”.

Sì, perché Gilio Munaro non ha mai dimenticato le sue origini, ed è rientrato ogni anno, per un periodo, al paese. Ha rilevato l’intera casa di famiglia, ne ha acquistata una adiacente ed ha creato un edificio da adibire sia a residenza sia a uso turistico.
Gilio Munaro, figlio di un emigrante rimasto invalido, ha lasciato ben presto il suo paese. A dieci anni, grazie all’opera dei Padri Giuseppini del Murialdo, essendo figlio di un invalido, iniziava la sua vita in collegio, con la prospettiva di frequentare un istituto che gli offrisse una preparazione professionale. Fu così che, dopo un passaggio a Roma e a Viterbo, approdò a Torino, dove ottenne il diploma di meccanico. A 19 anni vinse un concorso per entrare in Fiat, e al Lingotto fece carriera, diventando funzionario dirigente di “tempi e metodi”; dal 1962 al ’72 fu a Torino, poi spostato alla Fiat di Cassino, quindi, dieci anni dopo, gli fu offerta una possibilità di carriera alla Cartiera Ermolli di Moggio Udinese.

Con la sua esperienza riportò la cartiera alla produttività, ma il desiderio di continuare la sua crescita personale lo portò, nel 1996, a fonda re una società propria, a Gorizia, assieme a due soci veneti. L’esperienza acquisita gli permise di inventare un nuovo tipo di imballaggio, e la sua azienda, la Metalpak, iniziò a produrre carta e film metallizzati venduti in tutta Europa. Nel 2002, avendo figli e nipoti scelto altre strade, cedette la sua azienda, che ancora oggi ha cinquanta dipendenti, rimanendone consigliere.

Non pago, dopo vari viaggi di specializzazione che lo portarono in Spagna e in Arizona, nel 2010 ritornò alla Cartiera Ermolli, diventandone presidente. Il suo impegno e la sua intraprendenza hanno fatto crescere la Cartiera e, riconoscente, nel 2019, il comune di Moggio Udinese gli conferì la cittadinanza onoraria. Da due mesi, a 79 anni, ha lasciato gli impegni di lavoro, per dedicarsi alla ristrutturazione di questo grande edificio, che si affaccia sulle colline dell’Alpago.

Quando è nato vi abitavano 37 persone, poi il numero è andato via via assottigliandosi, fino a rimanere deserto nel 2005. I parenti emigrati in giro per l’Italia, gli hanno ceduto le loro quote e così hanno fatto i vicini, e lui ha creato una struttura turistica. La zona è stupenda, il lago di Santa Croce e la foresta del Cansiglio sono sicuramente un grande richiamo, ma si tratta anche, probabilmente, della sua più grande sfida.

A rendere ulteriormente attraente la casa, ci ha pensato il fratello Vincenzo Munaro, valente e famoso artista, che opera tra Belluno e Gorizia. Vincenzo ha studiato la storia del suo paese e, sollecitato dal fratello, ha creato delle grandi formelle – delle grandissime piastrelle – che verranno posizionate all’interno di cornici in cemento per poi essere protette da uno schermo trasparente.

Tra i soggetti si incontrano i ritratti dei genitori e dei nonni, scorci del paese di Funes, scene di emigrazione e ricordi del paese. Biglietto da visita sarà la vecchia latteria, anch’essa restaurata dalla comunità, nella quale troveranno dimora altre variopinte piastrelle. Le opere di Vincenzo Munaro si inseriscono armonicamente in un paesaggio per certi versi da favola, rispecchiandone i colori, le luci e le atmosfere, preservando la storia di Funes”. 

Redazione Radici

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