Il complesso venne abbandonato nel XVII secolo, ma nel 1717 il Senato della Serenissima permise all’Abate Mechitar di Sebaste, fondatore nel 1700 della comunità monastica a Istanbul e già costretto a rifugiarsi a Modone, nella Morea Veneziana, dal 1702, di stabilirsi sull’isola con un gruppo di monaci armeni che erano fuggiti dalla persecuzione turca.
Mechitar ed i suoi diciassette monaci iniziarono in quel periodo il restauro dell’antica chiesa gotica trecentesca che versava in stato di abbandono, fondarono un monastero e bonificarono l’isola, che fu poi, successivamente ingrandita di tre volte, fino all’attuale estensione di tre ettari.
Poco a poco l’Abate fece costruire il chiostro e i locali per la Pinacoteca e la Biblioteca multidisciplinare, che, accresciutasi in tre secoli, conta oggi centocinquantamila volumi tra cui 4500 manoscritti armeni, alcuni di inestimabile valore storico e culturale, come l’Evangelario della Regina Mlkhe, dell’864.
Dopo la morte di Mechitar (1749), fu costruita una nuova ala nella quale fu installata la prestigiosa tipografia, che nel corso del XIX secolo pubblicò opere in trentasei lingue e dieci alfabeti diversi oltre alla stampa di opere scientifiche, letterarie e religiose, oltre a traduzioni in lingua armena di capolavori delle letterature europee. L’istituzione dei Padri Armeni Mechitaristi, beneficiò per lo sviluppo dei propri progetti dei lasciti di facoltosi armeni.
Il monastero sfuggì alle soppressioni napoleoniche in quanto Napoleone, con un apposito decreto, riconobbe la Congregazione dei Padri Armeni come accademia scientifico-letteraria. All’interno del monastero si trovano, oltre alla stamperia di fine ’700, una pinacoteca, un museo e molti manufatti arabi, indiani ed egiziani, raccolti dai monaci o ricevuti come doni da collezionisti, e la mummia egizia del sacerdote Nemenkhet Amon, dell’VIII scolo a.C., rivestita di una preziosa reticella di paste vitree policrome, originale. Nella biblioteca si possono ammirare molte opere d’arte di Palma il Giovane, Sebastiano Ricci, Jacopo da Bassano, Alessandro Varotari detto il Padovanino, Gian Battista Tiepolo, Ivan Konstantinovic Ajvazovskij.
“L’insegnamento di Mechitar – ha sottolineato Alberto Peratoner, docente di filosofia e teologia, che, insieme ad Eleonora Meneghini ha guidato i visitatori alla scoperta della storia armena – “assume il fatto che tutta la cultura, come espressione dell’umano, costituisca un valore. Per questo motivo venne incentivato, tra gli stessi padri della Congregazione, un lavoro di elaborazione e produzione culturale a carattere enciclopedico, insieme a un’opera di traduzione di testi di varie discipline e culture, in continuità con la storica letteratura di traduzione della cultura armena, da sempre aperta all’arricchimento di apporti esterni, e che permise sin dall’età medievale la trasmissione, attraverso le versioni armene, di testi classici che oggi sarebbero altrimenti irrimediabilmente perduti”.
L’Isola di San Lazzaro degli Armeni può essere visitata solo su prenotazione, generalmente in tre turni: 9.35; 13.25; 15.25. Contatti visite@mechitar.org. Tel 0415260104. (Linea 20 Actv da San Zaccaria). Il calendario di iniziative per ricordare il genocidio armeno continuerà fino al prossimo 11 maggio, con il coinvolgimento dell’Unione Armeni d’Italia, dall’Associazione Civica Lido Pellestrina. Hanno inoltre collaborato: Europe Direct di Venezia, Servizio Vez Rete Biblioteche cittadine, il Club Unesco di Venezia, il Circuito Cinema comunale, l’Associazione Voci di Carta e la Casa del Cinema-Videoteca Pasinetti.
(ITALPRESS).