In Sudafrica la tensione sociale è alle stelle, e il partito anti-apartheid all’angolo

In Sudafrica la tensione sociale è alle stelle, e il partito anti-apartheid all’angolo

Durante le celebrazioni del Primo Maggio il presidente Ramaphosa è stato “cacciato” sotto i fischi e non è riuscito a prendere la parola

© TONY KARUMBA / AFP – PHILL MAGAKOE / AFP

Il Sudafrica sta vivendo un momento drammatico sia dal punto di vista economico sia sociale. Ne è prova il fatto che il suo presidente, Cyril Ramaphosa, è stato “cacciato” dai festeggiamenti del Primo Maggio sotto i fischi. Il presidente, dopo questo episodio ha dovuto ammettere una generale “perdita di fiducia”, affermando di aver “ascoltato” le lamentele di una classe media che deve far fronte a una disoccupazione record nel paese.

Cantando “Cyril deve andarsene” allo stadio Royal Bafokeng di Rustenburg (nord) e chiedendo un aumento di stipendio, domenica scorsa, i minatori, inferociti, hanno letteralmente preso d’assalto il palco dove avrebbe dovuto parlare il presidente, durante le celebrazioni della festa dei lavoratori organizzata dal più grande centro sindacale del paese, il potente Cosatu.

Immediatamente, dalla polizia e dal suo servizio di sicurezza Ramaphosa è stato, in tutta fretta e temendo il peggio, condotto fuori dallo stadio. “Non sono stato in grado di parlare alla manifestazione perché i lavoratori avevano delle lamentele che hanno espresso in modo forte e chiaro”, ha scritto nella sua lettera settimanale, diramata oggi dopo la contestazione di domenica.

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© PHILL MAGAKOE / AFP

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“Sebbene la principale lamentela sembrasse riguardare le trattative salariali nelle miniere vicine, i lavoratori hanno dimostrato un livello più ampio di malcontento che riflette una perdita di fiducia nei sindacati, nelle loro federazioni e nei leader politici”, ha continuato Ramaphosa, sostenendo di comprendere “la loro frustrazione”.

Il Sudafrica è la principale potenza industriale del continente, ma la sua economia è stata duramente colpita dalla crisi del Covid. La pandemia ha provocato la perdita di oltre due milioni di posti di lavoro nell’arco di un anno e ha spinto il tasso di disoccupazione al 35%. Violente rivolte e inondazioni senza precedenti a fine aprile hanno anche scosso il paese, causando distruzioni diffuse.

Secondo la Banca Mondiale, metà della popolazione di quasi 60 milioni vive al di sotto della soglia di povertà. “La classe operaia e i poveri sono quelli che hanno sofferto di più”, ha detto Ramaphosa. “Siamo fermamente impegnati ad adottare le misure necessarie per migliorare la loro vita e le condizioni di lavoro”, ha promesso, senza fornire dettagli sulle misure previste.

Il sindacato Cosatu, vicino allo storico partito al governo, l’African National Congress (Anc), ha definito gli incidenti di domenica “deplorevoli e inaccettabili”, mentre spiega, in una nota, che “in una certa misura riflettono la crescente frustrazione dei lavoratori in Sudafrica”. L’Anc, inoltre, scesa per la prima volta sotto il 50% dei consensi, deve decidere entro dicembre se mantenere Ramaphosa come prossimo candidato alla presidenza nel 2024.

Il partito anti-apartheid si è avvitato “in una spirale discendente irreversibile e Ramaphosa è l’accompagnatore che scorta l’Anc alla tomba”, ha detto il politologo sudafricano Sandile Swana. Nel 2012, la polizia ha sparato sui minatori in sciopero a Marikana (nord-ovest), uccidendo 34 persone nella peggiore sparatoria dalla fine dell’apartheid. Cyril Ramaphosa, allora direttore non esecutivo della società Lonmin che gestiva la miniera di platino, aveva chiesto l’intervento della polizia, accusando i minatori di comportamento da “spregevole a criminale”.

Redazione Radici

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