Emigrazione

Emigrazione

Nel vocabolario della lingua italiana al termine “Emigrazione”si legge: “flusso di genti da un luogo a un altro”. Lo stesso temine può individuare, quindi, anche uno spostamento di cittadini all’interno del loro Paese.

Il fine, pertanto, resta una definizione che racchiude, oggi come ieri, aspetti da chiarire. Dati i tempi, preferiamo scrivere di Migrazioni. Distinguendo, solo se del caso, le “Emigrazioni” dalle “Immigrazioni”.

In quest’ultimo decennio, l’Italia è terra d’immigrazione. Il significato, tuttavia, si allontana dai termini che abbiamo presentato in apertura. L’Esodo è correlato alle guerre, ai genocidi al prevalere di una Fede su di un’altra e non più solo alla necessità di trovare un lavoro. Insomma, senza tanti preamboli, le differenze ci sono e l’Italia è il Paese più esposto agli accessi che, soprattutto, attraversi il Mediterraneo, interessano le coste della Penisola. Il flusso d’Ucraini dalla loro Patria devastata resta un caso “particolare”.

Ci sono, perciò, delle realtà che non è possibile ignorare e che, a ben riflettere, non dovrebbero essere confuse con certe posizioni che continuano a “svilupparsi” nel Bel Paese in materia. L’Asilo è un diritto che, però, ha da essere disciplinato da norme socio/umanitarie internazionali.

Soprattutto a livello UE. Il Parlamento Europeo è nelle condizioni per proporre una serie di leggi che permettano ai Migranti una sistemazione, temporanea o definitiva, nel Vecchio Continente. La nostra Penisola non ha i requisiti per essere porto finale per un’Umanità che ha bisogno di tutto e che, ora, si trova in un Paese che può offrire ben poco anche ai suoi cittadini. Solo l’UE potrà gestire una reale politica d’accoglienza. Soprattutto, ora, sotto il profilo umanitario.

Giorgio Brignola

Redazione Radici

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