La Pasqua in lockdown di un italiano a Shanghai

La Pasqua in lockdown di un italiano a Shanghai

Intervista a un 40enne che festeggerà chiuso in casa: “Mi sembra di vivere in un film di fantascienza”

“A tavola per il pranzo di Pasqua avremo sicuramente le uova sode e un po’ di prosciutto e melone. Per fortuna tempo fa avevo acquistato online del buon prosciutto di Parma. Il pane lo abbiamo cotto in casa. Niente colomba, ovviamente. Mangeremo i dolcetti che ha fatto mia moglie”.
È soltanto questo il piccolo lusso di Dario, 40 anni, italiano residente in Cina da sei anni, dove insegna inglese a Shanghai. Da un giorno all’altro il lockdown rigido imposto dal regime cinese nella megalopoli di 25 milioni di abitanti gli ha stravolto la vita e le abitudini. Nessuno può uscire, nemmeno per fare la spesa o due passi. L’unica uscita consentita è quella obbligatoria per andare a fare il test anti-Covid giornaliero.

Come in un film di fantascienza

“È tutto molto strano – racconta Dario all’AGI – mi sembra di vivere in un film di fantascienza. Ovviamente mai avrei immaginato di trovarmi in questa situazione. Per comprare il cibo non si può andare al supermercato, si ordina tutto online, ma spesso gli ordini vengono posticipati o cancellati. Bisogna stare attenti e organizzarsi bene, altrimenti si rischia di non mangiare”.

Il vero incubo però è il test anti-Covid che si è costretti a fare quasi ogni giorno. “Sotto i condomini arrivano questi astronauti, così li chiamo io, perché sono avvolti dalle tute bianche isolanti. Con i megafoni chiamano tutti gli abitanti, e noi dobbiamo uscire rapidamente da casa e metterci in fila. Nel quartiere dove abito io l’annuncio lo fanno solo in cinese, mi viene il magone a sentirli. Una volta in fila ci rechiamo sotto le tende mobili predisposte per i prelievi: dentro ci sono i volontari che prendono i tamponi, io solitamente devo presentare il passaporto. Poi ognuno ritorno alla sua palazzina”.

I controlli rigidi

E se qualcuno si trattiene? ” Ti concedono solo il tempo per fumare una sigaretta, o per fare un giro più lungo per rientrare a casa. Ma se tenti di fare il furbo ti sgamano subito”.
La situazione a Shanghai è precipitata in pochissimo tempo: “Soltanto un mese fa – ricorda Dario che in Italia ha vissuto tra Roma e l’Umbria – mi trovano a scuola, e si parlava di tre casi di Covid, praticamente zero, considerando la grandezza della città. Di lì a poco hanno chiuso la scuola e io ho iniziato a insegnare da casa. Poi sono partiti i controlli in alcuni quartieri ma pian piano hanno chiuso tutto”.

“Un senso di incertezza”

Come si svolge la quotidianità e che cosa è più difficile da accettare”? “Ci manca la normalità, ci manca la serenità e ho un senso di incertezza per come sarà il futuro”, ammette Dario che abita in un quartiere di Shanghai dove ci sono molti parchi. “Il verde per ora lo posso solo immaginare. Io vivo in 45 metri quadrati con mia moglie e ci manca lo spazio. Però rispetto ad altri mi ritengo fortunato perché ho possibilità di accedere a una piccola terrazza condominiale. Mi basta salire una piccola rampa di scale e posso prendere un po’ di aria. Ogni tanto salgono altri inquilini, ci scambiamo solo un saluto, io non parlo il cinese. Penso che ci sono tante persone anziane o con i figli piccoli e gli animali che stanno peggio di noi”.

La volontà di restare

Dario è al corrente delle recriminazioni e delle proteste, a volte anche violente, di molti abitanti di Shanghai“Sì, so che in molti si chiedono se era necessario chiudere tutto. Io non so come ritorneremo alla vita normale, temo che ci saranno molti più controlli”. Per ora, però, non pensa di tornare in Italia: “Mia moglie è cinese, e non finirò mai di ringraziarla perché in questa situazione mi sta aiutando tantissimo. E poi ho la mia famiglia che mi sostiene, anche se a distanza: alcuni vivono in Italia, altri sono sparsi per il mondo, ma abbiamo una chat con cui ci teniamo in contatto”.

AGI

Redazione Radici

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