Psaki lascia, la Casa Bianca perde la portavoce

Psaki lascia, la Casa Bianca perde la portavoce
© Nicholas Kamm / Afp - Jen Psak

È stato il volto sicuro, a volte sorridente, a volte acido, ma sempre gentile, dell’amministrazione Biden. Ha annunciato la sua uscita entro la primavera per intraprendere una carriera televisiva

Quando la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, fece il suo ingresso nella ‘briefing room’, il suo arrivo venne visto dai media come il ritorno a un rapporto normale con l’informazione.

Per quattro anni i portavoce di Donald Trump avevano utilizzato l’incontro quotidiano con i giornalisti come un appuntamento rovente per regolare i conti, lanciare minacce, risposte beffarde.

Con l’ultima della serie, Kayleigh McEnany, c’era stato lo svilimento del ruolo di portavoce, ridotto a una funzionaria capace solo di leggere le risposte già preparate dallo staff, senza mai andare a braccio sui temi.

McEnany, era l’opinione comune dei media americani, era lì solo come figurina, non conosceva nessun tema.

Con Jennifer Rene Psaki, per tutti Jen, 43 anni, da Stamford, Connecticut, sposata, due figli, giornalista di origine greche e polacche, la Casa Bianca è tornata alla grande tradizione dei portavoce.

Psaki, che ha annunciato la sua uscita entro la primavera per intraprendere una carriera televisiva alla Msnbc, è stato il volto sicuro, a volte sorridente, a volte acido, ma sempre gentile, dell’amministrazione Biden, quella capace di tenere testa a tutte le domande, a rispondere con puntiglio soprattutto davanti alle costanti domande provocatorie dei giornalisti delle reti della destra trumpiana.

Considerata dagli avversari aggressiva e sessista, ribattezzata “Piperita Patty” per via dei suoi capelli rossi diventati iconici, Psaki è sempre stata nella politica, fin dai tempi dell’high school, ma poi fece il grande passo quando – sotto la presidenza di Barack Obama – venne assunta come vice del portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs, per poi essere promossa alla vicedirezione delle comunicazioni.

Nel 2011 aveva lasciato l’incarico per diventare vicepresidente di Global Strategy Group, una delle società di pubbliche relazioni più importanti di Washington.

Ma l’anno dopo era tornata nella politica come portavoce della campagna elettorale di Obama, per il secondo mandato.

Sul lavoro è un carro armato. Sveglia ogni mattina alle 5,15, e primo atto da madre, non da portavoce: costruire i Lego per i figli piccoli.

Poi waffles, caffé, lettura delle notizie e via al lavoro, alle 7,15. L’incontro con il team, poi lo staff del presidente e, quando serve, direttamente con Joe Biden.

Psaki stacca dopo dodici ore, intorno alle 19,15. “Giusto in tempo per poter mettere a letto i bambini”, ha raccontato una volta.

Nel mezzo tutta la politica della Casa Bianca, che spesso coincide con quella mondiale.

Al suo attivo resteranno anche, specchio dei tempi, oltre a conferenze stampa di alto livello, le due volte in cui è risultata positiva al Covid, ma senza mai mettere a rischio il presidente.

 

AGI

Redazione Radici

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